Scuola
I rischi dell’homeschooling
La pratica dell’homeschooling, o scuola parentale – istruire i propri figli a casa, rifiutando l’istituzione scolastica – si sta rapidamente diffondendo anche in Italia, benché non sia facile ottenere numeri sulla esatta entità del fenomeno. L’impressione è che si tratti di un realtà che coinvolge ancora poche famiglie ma che si sta rapidamente espandendo. Le ragioni sono piuttosto facili da individuare: la crescente insoddisfazione verso la scuola pubblica da un lato, l’esigenza di vivere nel modo più pieno possibile la genitorialità dall’altro. Homeschooling di Erika Di Martino, pubblicato in proprio lo scorso anno, ne è il manifesto nel nostro paese. L’autrice ha lasciato l’insegnamento per dedicarsi all’istruzione dei figli ed ha creato il network www.educazioneparentale.org ed il blog www.controscuola.it, che sono diventati punti di riferimento per le famiglie che decidono di seguire questa via. Nel suo libro presenta l’esperienza scolastica come una violenza cui si sottopongono i bambini, sradicandoli dall’ambiente familiare e dalle relazioni con i genitori e i fratelli per inserirli in un ambiente freddo ed artificiale, nel quale vivono emozioni negative e stress che avranno effetti devastanti sulla loro vita adulta. Per Di Martino la scuola pubblica, non più elitaria dopo il ’68, è una scuola di massa che educa essenzialmente al consumo ed all’accettazione del sistema socio-economico in cui siamo (“l’agenzia pubblicitaria che ti fa credere di aver bisogno della società così com’è”, per dirla con l’Ivan Illich in Descolarizzare la società). Ricorrere, per dimostrare la tesi, ad una affermazione del ministro Baccelli datata 1894 (“Non devono pensare, altrimenti sono guai”: affermazione che si riferiva in verità solo all’istruzione femminile, non all’istruzione in generale) non è granché come argomento, così come è ingenuo sostenere che lo Stato “ieri come oggi, ha bisogno di una popolazione docile e ignorante da manovrare a proprio piacimento”. Una popolazione ignorante è tutto fuori che facilmente governabile. Proprio perché chi è ignorante può essere facilmente manovrato, indottrinato, plagiato, dove c’è ignoranza attecchiscono facilmente fenomeni preoccupanti per la stabilità dello Stato: il fanatismo, il fondamentalismo religioso, l’antipolitica rozza, il fascismo. Piuttosto, è vero che la scuola rende canonica ed ufficiale un certo tipo di cultura, che è quella delle classi dominanti, e così facendo giustifica e rafforza le differenze di classe: una osservazione che dev’essere attentamente rimeditata, in tempi di cultura di massa e di crisi della classe media, ma che mi pare che abbia ancora una qualche validità.
Ci sono molte buone ragioni per criticare la scuola pubblica, ma è lecito dubitare che l’homeschooling sia la soluzione. Provo a spiegare per quali ragioni.
Uno. Per dedicarsi a tempo pieno all’istruzione dei propri figli occorre avere molto tempo. Può farlo chi vive di rendita o, come appunto Erika Di Martino, ha rinunciato al proprio lavoro per questa missione. Ma c’è il rischio evidente che si finisca per attribuire nuovamente alla donna il compito di badare alle faccende domestiche, aggiungendo il ruolo di maestra a quelli di moglie e madre, mentre l’uomo si occupa di portare il pane a casa (il male breadwinner della tradizione). Nulla, si dirà, impedisce che i ruoli si inventano, e sia il padre a fare da maestro, ma non mi pare che questa inversione sia molto diffusa nel nostro paese. In ogni caso, uno dei due coniugi deve sacrificare la propria vita lavorativa per la missione domestica ed educativa.
Due. In questo voler trattenere con sé i propri figli c’è una concezione totalizzante della genitorialità che può essere pericolosa. E’ cosa buona e giusta che molti genitori vogliano vivere in modo più intenso il proprio essere genitori. E’ cosa meno buona, se vogliono sostituirsi a qualsiasi altra figura, negando a chiunque il diritto di contribuire all’educazione dei loro figli. Marcello Bernardi parlava, in Educazione e libertà, del pericolo rappresentato da quelle madri che vogliono essere Madri con la maiuscola.
Tre. Di Martino ritiene che la socializzazione di massa della scuola si accordi pienamente con le esigenze dell’economia neoliberista. L’argomento di può rovesciare: negare alla scuola ed alla comunità il diritto di educare, riconoscendo questo diritto solo alla famiglia, significa opporsi all’idea stessa di un legame sociale, e concepire la società come un insieme di atomi familiari. Il pubblico ed il politico cedono al privato: ma non è proprio questo che vuole l’economia liberista? Non escludo che vi siano, tra le famiglie che praticano homeschooling o ne sono affascinate, anche famiglie sinceramente anticapitaliste: famiglie senza televisore, ad esempio, o alla ricerca di stili di vita alternativi. Famiglie che temono, per dire, che i loro figli nella scuola pubblica imparino a desiderare i giocattoli pubblicizzati dalla televisione. E’ un timore condivisibile. Ma sottrarsi allo spazio pubblico non è la soluzione. La soluzione è rivendicare uno spazio pubblico che sia critico: esigere una scuola che ragioni sui consumi ed educhi fin da piccoli a riconoscere i bisogni necessari da quelli indotti.
Quattro. Gandhi non mandò a scuola i suoi figli: si assunse il compito di educarli da sé. Ma lo fece malissimo, ed uno dei suoi figli lo rimproverò per tutta la vita di non avergli dato un’istruzione. I docenti possono essere preparatissimi ed avere sensibilità educativa o avere una cultura passabile ed una sensibilità educativa pessima: ma sono sottoposti ad una selezione ed a più valutazioni, non ultima quella dei genitori. I quali, se proprio trovano inaccettabili i metodi del maestro o dei maestri, possono chiedere di cambiare classe o scuola. Un bambino che abbia dei genitori-maestri incapaci non può cambiare famiglia.
Cinque. La scuola, come ho detto, è uno spazio pubblico. La porta dell’aula non è mai davvero chiusa. Di quello che accade in aula gli studenti parlano con i genitori: un errore, una uscita infelice, una osservazione politicamente scorretta diventano motivo di discussione tra i genitori, quando non facile pretesto per miserabili campagne politico-giornalistiche. La strumentalizzazione è un male, il controllo è un bene. Un errore educativo può essere corretto, una persona inadeguata allontanata. Non si può dire lo stesso di una famiglia. Quello che vi accade è chiuso allo sguardo pubblico.
Sei. Uno dei non pochi gruppi Facebook dedicati in Italia all’homeschooling si chiama Homeschooling Famiglie Cristiane. In uno degli ultimi post si legge: “In questo periodo difficile è certamente l’unione che fa la forza. E se si alza la voce (e non solo) per idee malate che vogliono propinarci come giuste e buone per i nostri Figli, noi non dobbiamo mai abbassare la guardia e rinunciare ai valori grandi e nobili, da cui passa anche l’educazione culturale”. In occasione di Halloween scrivono: “Questo è il giorno in cui il male trova “pieno sfogo”, il giorno più pericoloso dell’anno. Ma non gli si da importanza o non ci si crede o solo ci si girà di là . Come se tutto quello che succede, riguardasse solo i cristiani. Anche nelle scuole, così come per il gender e tante altre cose, non c’è possibilità di scelta. Questo è uno dei tantissimi motivi, per cui abbiamo scelto l’educazione familiare”.
Quello che si rivendica, qui, è il diritto ed educare i propri figli all’omofobia, al dogmatismo, al rifiuto dell’altro. Cosa che, sia chiaro, avviene in moltissime famiglie, cristiane e non cristiane; ma almeno con la possibilità, per i bambini, di ascoltare un punto di vista diverso, di incontrare una persona portatrice di una diversità, di confrontarsi.
La scuola non sta simpatica a molti; spesso nemmeno a quelli che la fanno. E’ affetta da una insopportabile arroganza: nonostante i suoi evidenti, disperanti insuccessi, è sinceramente convinta di essere una istituzione salvifica. Extra Scholam nulla salus. C’è una vera e propria religione della scuola, con i suoi dogmi ed i suoi rituali. Una religione che, come tutte le religioni, va demistificata. Ma non è una buona idea sostituirla con la religione della famiglia.
L’immagine è ripresa da http://www.catholicallyear.com.
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