Scuola
Gramellini, hai mai fatto la transpolesana?
È la strada che porta da Verona a Rovigo, là dove gli studenti dell’istituto tecnico Marchesini hanno impallinato la professoressa Maria Luisa Finatti durante una lezione, sparandole dei proiettili di gomma con un fucile ad aria compressa. La professoressa ha appena denunciato tutta la classe per “difendere la sua dignità e quella dei colleghi”.
Ecco, caro Gramellini, che esprimi tutta la tua indignazione per la maleducazione dei bulli e delle loro famiglie (che non hanno chiesto scusa all’insegnante per le malefatte dei figli), vorrei chiederti se hai mai fatto la transpolesana, la strada che porta alla provincia più sfigata del Veneto, dove il reddito medio procapite è di 16.000 euro, e la fabbrica, o i campi, sono l’unico sbocco lavorativo dei polesani.
Una strada dove ogni tanto spunta sparuto uno dei capannoni dove finiranno i ragazzi iscritti agli istituti tecnici e professionali che li preparano al lavoro. Le scuole che piacciono tanto a Valditara, perché il Ministro dell’Istruzione cerca ragazzi da mandare in fabbrica, anche a sedici anni, dopo avergli dato uno dei diplomini che si appresta a sfornare per gli istituti tecnici.
Se sei nato in Polesine, hai il destino già scritto. Finisci in fabbrica, 1.200 euro al mese, per tutta la vita, con il contratto base dei metalmeccanici, perché il sindacato nelle aziende venete (medio-piccole) non è mai riuscito a entrare. Oppure impari a guidare un trattore e ti fai tutte le domeniche nei campi: l’agricoltura non va mai in vacanza.
Caro Gramellini, hai mai visto un povero felice che la sera legge Tacito al figlio mentre gli insegna a mangiare la frutta col coltello? No, se hai 16.000 euro di reddito all’anno non mandi tuo figlio al liceo classico, ma lo spedisci in una delle scuole della diseguaglianza – gli istituti tecnici e professionali, fatti per i futuri operai – dove troverà un paio di bulli in classe a cui non si saprà opporre.
Riderà anche lui quando un bullo sparerà pallottole di plastica alla professoressa e soccomberà al disastro di una scuola che non pretende di formare cittadini, ma apprendisti da mandare in fabbrica a sedici anni, con i PCTO che non danno neanche diritto al risarcimento dall’INAIL se un ragazzo muore sul lavoro, come nel caso di Giuliano De Seta.
Noi che abbiamo fatto il liceo e sogniamo un futuro decente per i nostri figli, non certamente in fabbrica, chiediamo indignati un po’ di buona educazione a chi guiderà un muletto nei capannoni. Ehi, tu che sarai un magazziniere, cerca di essere più educato!
Non scuso i bulli, per carità, ma so che se mio figlio facesse la transpolesana per andare a scuola, finirebbe in una classe piena di bulli. Al Berchet di Milano e al Tasso di Roma non ci sono ragazzi che sparano con i fucili ad aria compressa ai professori. Al massimo occupano la scuola e fanno un po’ di autogestione delle lezioni.
Facile indignarsi per la maleducazione degli altri, quando per i nostri figli così protetti sogniamo cultura, felicità ma soprattutto l’università. Disapproviamo i bulli da lontano, dalla tastiera del PC di una bella casa in città, invocando un po’ di severità: basta, non se ne può più, che schifo. Moralismo da salotto, facile da praticare, ma soprattutto alla portata di tutti: non costa nulla e nessuno ti può contestare.
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