Scuola

Due contratti per la scuola

30 Dicembre 2022

Bisogna prendere serenamente atto del fatto che abitano la scuola due tipi di insegnanti. Da un lato ci sono quelli che hanno scelto questo mestiere perché attratti dai benefit contestuali dello stesso (circa 170 giorni di lezione a scuola ogni anno più pochi altri di impegni collegiali e formativi, 18 ore settimanali rigide e il resto flessibile, permessi e garanzie esigibili, affidabilità e costanza dello stipendio), dall’altro ci sono quelli che non si rassegnano al declino del prestigio sociale di chi incarna questo ruolo e si batte per un suo riscatto basato sui fatti perché consapevole del fatto che le rivendicazioni retoriche non possono più impressionare nessuno. Contano i risultati percepiti ed esigibili dall’utenza.

Bisogna poi fare i conti con la realtà del paese e prendere atto del fatto che non è possibile pagare stipendi interessanti a tutto il comparto scuola e che molti sono più legati ai benefit di cui sopra, non disdegnando certamente eventuali aumenti, che ad un cambio di paradigma lavorativo. Molti insegnanti, quindi, se posti di fronte all’alternativa: mantenere lo status quo (con bassi stipendi e alte garanzie), oppure passare ad un orario di 36 ore settimanali a scuola con benefit stipendiale (anche d’estate, ferie escluse beninteso), tranquillamente sceglierebbero il primo per infiniti comprensibili motivi, il primo dei quali è che si tratta di persone che, spesso, “non hanno bisogno”. Non c’è giudizio di merito, ma è solo presa d’atto di un dato statistico. La società si è configurata in un certo modo e quando in famiglia ci sono due stipendi, non occorre che siano entrambi altissimi e conta molto la qualità della vita assicurata dai benefit sinteticamente richiamati, quand’anche, spesso, portati ad iperbole da invidie irrispettose. D’altro canto ci sono insegnanti che abitano in famiglie monoreddito e che faticano a mantenere un livello accettabile di dignità anche se la vera mancanza di dignità si trova nello stipendio orario di una donna delle pulizie che guadagna 6,80 euro lordi l’ora. E da questo siamo ben distanti.

Per fare funzionare la scuola occorre che il 30% degli insegnanti passi ad un diverso paradigma lavorativo. Stipendio maggiorato del 20/30% e orario lungo. 36 ore a settimana a scuola, sempre, ferie escluse. In queste ore ci stanno naturalmente quelle di insegnamento, ma anche supplenze per tappare i buchi, momentanei o di breve periodo, ci stanno quindi anche gli impegni per organizzare le attività pomeridiane, i recuperi e tutto quello che trasforma la scuola in istituzione attiva e attenta ai bisogni della propria utenza e del territorio dove è calata, facendosi carico di tutto quello che è necessario per includere ed elevare. Tutto quello che è necessario.

Questo 30% deve essere allocato in ciascuna delle scuole del paese. In altri termini, questo tipo di contratto deve essere legato alla scuola. Questo avrebbe effetti domino significativi. Il primo è il maggiore radicamento degli insegnanti presso la propria scuola. Cambiarla significherebbe perdere questo benefit. Ma se il 30% degli insegnanti che abitano la scuola, mattina e pomeriggio, sono stabilizzati e presenti, non è un problema se il resto scappa a casa al suono della campanella, come è sempre stato nella Repubblica Italiana. Un altro effetto è legato al fatto che docenti bravi e non valorizzati potrebbero trovare soddisfazione in altra scuola. In altri termini, ci sarebbe un effetto distributivo dei docenti più bravi perché dove questi mancano, sarebbero accolti a braccia aperte.

Perché tutto questo non resti un libro dei sogni, occorre ovviamente trovare dei finanziamenti adeguati e non mi sottraggo ad indicare la possibile fonte: dimezzare gli scatti di anzianità.

Gli scatti di anzianità sono una perversione che danneggia la scuola (i dirigenti, a titolo di esempio, non hanno scatti di anzianità). Abbiamo docenti anziani molto ben pagati, a prescindere dalla qualità del proprio lavoro, che proprio a causa di questo “doping stipendiale” tirano i remi in barca. Di fatto molto spesso rifiutano ogni possibile incarico, semplicemente disdegnandolo. Non è mai abbastanza retribuito, ed è pure vero, ma fa gola a precari e giovani che hanno lo stipendio di ingresso. Posso fare decine di esempi.

Chi debba decidere su come debba essere individuato questo 30% di docenti incaricati di dare un’anima alla scuola italiana lo lascio decidere a voi. La mia idea ce l’ho, ma è del tutto secondaria. Quello che conta è attivare riforme che producano una scuola strutturalmente funzionante. Da lustri, così non è. Cambiamo.

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