Scuola
Dal ’68 al bullismo sul prof di Lucca. Come è cambiato il ruolo della scuola
Ho visto come molti altri i video con gli studenti che si accaniscono sul professore di Italiano dell’Itc Carrara di Lucca. Stimolato dai ricordi del Maggio francese, mi è tornato in mente un episodio legato ai fatti di Nanterre, nei quali fu coinvolto un filosofo del calibro di Paul Ricoeur, che presenta alcune analogie con questo odierno.
A Nanterre nel 66-67 si avvia il dipartimento di filosofia animato da Ricoeur e i segni della contestazione partono proprio da lì: Cohn-Bendit fonda il movimento 22 marzo, prima cellula della rivolta che si sposterà davanti alla Sorbona nei fatidici giorni del Maggio ‘68. Ricoeur non si arrende e presenta proposte di riforma in una serie di articoli che pubblica su “Le Monde” (9-12 giugno ‘68) dal titolo “Rebâtir l’université”, ricostruire la università.
Il movimento in Sorbona rifluisce, mentre a Nanterre la fiammella rivoluzionaria rimane accesa nel corso del ‘69. L’università individua in Ricoeur il più accreditato per trattare con gli studenti con la nomina a decano. La tensione sale, la sua scrivania di viene assediata con insulti e molestie che si moltiplicano ma lui non abbandona il dialogo.
Si arriva all’episodio ‘clou’ del gennaio 1970, che la cronaca dell’epoca riprende con risalto: uno studente prende un cestino dell’immondizia e glielo rovescia addosso in segno di spregio. Ricoeur registra il suo fallimento, si dimette e abbandona la sede di insegnamento. Ora, anche in uno dei video girati, uno studente prende due cestini della immondizia e li getta sulla cattedra. L’atto ha delle affinità con quello di Nanterre, ma le differenze sono evidenti: un diverso clima culturale e politico, giovani adulti iscritti a un’università parigina a fronte di ragazzi di un istituto commerciale della provincia toscana; un grande filosofo con un carisma ben superiore a quello di un anonimo insegnante di lettere; la sedizione di una singola classe rispetto a un movimento collettivo che ha segnato una generazione.
Tuttavia segnare le differenze aiuta a capire le specificità di un fenomeno. A seguito dell’episodio di Lucca si sono attivati i giornalisti e intellettuali nostrani: si è parlato di sperequazioni socio-culturali, di responsabilità delle famiglie, talora colluse con il bullismo dei figli, di inadempienze delle autorità scolastiche, di crisi del sistema di autorità, di assenza della politica. Tutto giusto.
Ma, approfondendo il confronto, avverto qualche aspetto ulteriore. Nel ’68 e negli anni immediatamente successivi l’attenzione per le sorti della scuola da parte degli intellettuali e dei governi fu molto più vivo e operativo e lo sviluppo della scuola di massa ne fu un effetto; gli studenti, dal canto loro, chiedevano una cultura nuova, come nel murales riportato sulle pareti dell’Odeon di Parigi che suonava : “Professeurs, vous êtes aussi vieux que votre culture”(professori, siete vecchi come la vostra cultura). Ancor più decisivo il fatto che quei giovani del ’68 aspiravano – ne fossero coscienti o no – a un riconoscimento sociale, all’assunzione di posti e ruoli, che sentivano alla loro portata, una volta sfondato il fortino entro cui era asserragliata l’élite al potere.
Il futuro era di speranza e la possibilità di “integrarsi” accessibile. Tutt’altro per i ragazzi di Lucca: una rabbia che nasconde disperazione per un futuro che la scuola non assicurerà . Un futuro non di possibile integrazione, ma di assai probabile dis-integrazione sociale. Non andrebbero mai a scrivere sui muri della loro scuola slogan come quello apparso sui muri di Parigi 50 anni fa: “Je décrète l’état de bonheur permanent” (Io decreto lo stato di felicità permanente).
I tempi sono profondamente cambiati, la spazzatura sulla scrivania del professore esprime una penosa inferiorità socio-culturale mascherata da arroganza cialtronesca. Le condanne verbali e le punizioni sono necessarie, ma non bastano. Troppo facile liquidare il problema con la semplice bocciatura per chiudere il caso. Sarebbe opportuno partire da questo piccolo episodio, per ripensare più in grande i problemi e le difficoltà del “sistema paese”, sul piano scolastico, educativo, politico e sociale.
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