Scuola
Cosa fare della Scuola Pubblica?
La crisi sanitaria derivata dall’epidemia di Covid-19 ha portato all’attenzione del dibattito pubblico la mancanza di investimenti pubblici nel settore della Sanità negli ultimi anni. Tuttavia, poco si sta parlando, in termini di tagli e investimenti mancati, di un altro settore che in questa crisi si sta rivelando centrale e, al tempo stesso, sta mostrando una certa inadeguatezza, nella gestione del presente e in ottica futura, quello della Scuola Pubblica.
Nella consapevolezza delle enormi differenze tra i due settori, e senza voler portare avanti alcun tipo di paragone, però, entrambi si stanno reggendo su ciò che i lavoratori stanno mettendo in campo in termini di impegno individuale, all’interno di una cornice strutturale spesso fortemente mortificata da tagli, precariato, privatizzazioni, mancanza, appunto, di investimenti e di progettualità a medio e lungo termine. Tuttavia, se al personale sanitario, almeno in questa fase, viene riconosciuta, giustamente, l’importanza che esso merita, i lavoratori della Scuola, ed i docenti in primis, devono scontare spesso le narrazioni tossiche che hanno riguardato la categoria in tutti questi anni. Da docente mi sento di chiarire una cosa: la sospensione di un diritto costituzionale garantito, quale quello all’istruzione, rappresenta una enorme tragedia, forse inevitabile in questa fase, nella Storia dell’Italia repubblicana, ma i Lavoratori della Scuola, dai Dirigenti Scolastici ai Docenti al Personale tutto, non hanno smesso mai, dal primo giorno dell’emergenza, con ogni mezzo e non senza difficoltà, di provare a far sì che quel diritto fosse, in ogni modo, tutelato.
Nella Vita di Galileo, Bertold Brecht fa dire al suo protagonista “Sventurata è la terra che ha bisogno di eroi”, denunciando l’oscurantismo che lo stava costringendo all’abiura. In queste settimane, tante volte abbiamo sentito e letto la parola “eroe” riferita all’enorme lavoro di medici ed infermieri, settori nei quali, purtroppo, si stanno contando anche decine di vittime, tuttavia credo che ognuno di quei lavoratori stia condividendo il desiderio di poter affrontare un’emergenza del genere senza doversi sentire un eroe, anzi, credo che ognuno di quei lavoratori scambierebbe volentieri questo appellativo con una migliore qualità del lavoro, maggiori tutele, maggiore sicurezza, più mezzi, migliori strumentazioni; credo che nessuno di quei lavoratori avrebbe dubbi se potesse scegliere tra il continuare a sentirsi un eroe o avere maggiori investimenti economici nel proprio ambito di competenza.
Ribadendo di non voler stabilire alcun tipo di paragone, anche se i lavoratori della scuola in tutti questi anni di tagli e riforme si sono dovuti spesso sentire “supereroi” per affrontare ogni singola giornata lavorativa nelle condizioni nelle quali spesso si trova la Scuola pubblica, davvero si pensa di poter fronteggiare, a settembre, una riapertura senza investimenti importanti? C’è un problema di cui si parla da anni: è quello delle cosiddette “classi-pollaio”; si sono succedute promesse su promesse ma mai nulla di sostanziale s’è fatto per rimediare a questo enorme disagio, spesso si è costretti a lavorare in classi di 30 alunni, se non di più, quando un numero ottimale non dovrebbe prevederne più di 15, con evidenti ripercussioni sulla qualità della didattica e sulla sicurezza. Come faremo a rispettare le misure di distanziamento in una situazione del genere? Mi chiedo, inoltre, ci voleva un virus per porsi in modo critico una questione così importante (nella speranza che ce la si ponga)? Si può risolvere il problema del sovraffollamento?
Altri ambiti nei quali sta emergendo una inadeguatezza delle risorse messe a disposizione della Scuola negli anni sono quelli relativi alle strumentazioni didattiche, alla digitalizzazione, alla formazione del personale, alle aule, spesso obsolete, non attrezzate con tutto ciò di cui necessiterebbero, agli edifici, ancora troppo spesso fatiscenti, insalubri, non sicuri, alle migliaia di precari che lavorano da anni con contratti a termine, senza certezze per l’anno successivo, con evidenti ripercussioni sulla gestione minima di una vita serena e della continuità didattica. L’emergenza da Coronavirus ci ha regalato improvvisamente un’istantanea impietosa di un settore che negli anni i vari governanti hanno ricoperto non d’oro, ma di retorica neoliberista, ci hanno fatto il lavaggio del cervello con parole quali “merito”, “competenze”, “alternanza”, “Invalsi”, “autonomia”, “bonus”, per poi scoprire, tra le altre cose, che tanti docenti sono stati costretti per la prima volta, nello scorso marzo, a cimentarsi con un account su una piattaforma informatica, che tantissimi studenti non possiedono un misero tablet con cui collegarsi per seguire una videolezione e che probabilmente in questi anni la Scuola, per molte fasce di popolazione, è venuta meno al mandato di ridurre le disuguaglianze economiche e sociali impietosamente presenti nella nostra società, spesso ratificandole.
All’ex-ministro Fioramonti, al netto delle critiche che gli si possono muovere, va dato sicuramente atto di aver provato ad imporre all’attenzione pubblica la questione, cruciale, degli investimenti nella Scuola. A settembre vorremmo tornare in sicurezza, in edifici salubri, in aule non affollate, con a disposizione tutti gli strumenti di cui dovremmo disporre per una Scuola all’altezza di un paese civile. C’è voluto un virus per metterci di fronte ad un giro di boa non più rimandabile. Che vogliamo fare?
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