Scuola

Consigli ai professori sulla valutazione (seconda parte)

9 Ottobre 2024

LA VALUTAZIONE SCOLASTICA: DEGLI ALUNNI O DEI PROFESSORI?
Riflessioni di un genitore su come dovrebbe cambiare la valutazione nella scuola italiana.

OTTO

Forse gli insegnanti italiani non sanno che in molti paesi anglosassoni e del Nord Europa vengono valutati anche loro, in quello che si chiama Teacher Performance Management. Credo che in generale i docenti lo aborrano, anche se molte delle variabili su cui sono valutati riguardano quelli che oggi vengono definiti soft skill, come per esempio: autocontrollo, buone maniere, senso dell’umorismo, entusiasmo per il lavoro, flessibilità, positività, capacità di rinforzare positivamente gli studenti, e così via.

Al processo di valutazione partecipano i colleghi, i dirigenti scolastici, gli ispettori, il personale non insegnante, qualche volta i genitori e addirittura gli stessi studenti. Probabilmente in Italia non si arriverà mai a nulla del genere, ma questo non toglie che gli insegnanti migliori (ritenuti tali dai loro alunni) siano in genere proprio quelli dotati dei soft skill che ho appena elencato.

Insomma, cari docenti, sappiate che in paesi con un PIL procapite ben più alto dell’Italia, siete valutati anche voi, con il risultato che la relazione tra docenti e studenti è un po’ più equilibrata, proprio in termini di potere. Faccio un esempio: quando mio figlio era alle scuole superiori di primo grado, aveva un professore che in classe perdeva la testa e urlava tantissimo. Lo si sentiva nei corridoi, ma le sue urla ormai non avevano più l’effetto di spaventare i ragazzi, che gli ridevano dietro e gli facevano il verso: “Taci, ragazzina!”, le sua urla preferite rivolte a una studentessa seduta al primo banco che pare chiacchierasse molto.

Ecco, gentili docenti, provate ogni tanto a immaginare che anche i vostri studenti possano darvi un voto. E cercate di prendere otto, anzi nove, anzi dieci! Perchè sono molto più stabili i sistemi fondati sul consenso, come ho già scritto, che non quelli in cui si governa con la forza. Lo stesso principio vale anche per la scuola: un insegnante seguito e rispettato dai suoi alunni avrà la vita più facile in classe, e sarà in grado di trasmettere meglio le sue conoscenze, portandosi dietro gli alunni come il pifferaio magico, senza mai neanche il bisogno di alzare la voce.

Ritorno ai paesi anglosassoni per spiegare come in fondo potremmo essere noi italiani a essere un’anomalia, perché valutiamo solo gli studenti, e non valutiamo le scuole e le abilità didattiche dei docenti. Farò un esempio per spiegare cosa intendo, basato sul sistema scolastico canadese, che fino a quando non è stato superato dall’Estonia, era sempre il primo paese occidentale nelle classifiche OCSE-PISA (1), che valutano lo stato degli apprendimenti degli studenti nei principali paesi industrializzati del mondo.

I buoni risultati delle scuole canadesi sono sempre stati un vanto per il paese, e Justin Trudeau, il primo ministro, è orgoglioso di essere laureato in Scienze dell’Educazione: insomma, Trudeau non pensa che una simile laurea sia di second’ordine. E quale sarebbe, allora, il segreto degli ottimi risultati delle scuole canadesi?

Bene, in Canada vengono somministrati a tutti gli studenti delle varie province del paese quelli che si chiamano “test nazionali”, ovvero dei test a crocette, simili ai nostri test INVALSI, che determinano il voto che lo studente riceverà nelle principali materie di studio, voto che sarà riportato identicamente in pagella. Naturalmente i test nazionali riguardano solo gli argomenti principali dell’insegnamento nell’unico corso di studio canadese, identico in tutto il paese.

Vi ricordo che in Canada esiste infatti un unico corso di studi, che si chiude con un solo tipo di scuola superiore, che si chiama Scuola Superiore e dura fino a 17/18 anni, alla fine della quale si riceve un diploma, il  Diploma, letto con l’accento inglese. Ma perché i canadesi sono così affezionati ai test nazionali? Perché li considerano più affidabili delle valutazioni che potrebbero essere espresse dai singoli docenti, anzi usano i risultati dei test non solo per determinare il voto finale che riceverà lo studente, ma anche per valutare l’andamento dei singoli istituti scolastici. Con il risultato, che se una scuola – o una classe – vanno male nei test nazionali, le autorità scolastiche provinciali fanno un’ispezione per capire cosa c’è che non va.

Insomma, in Canada non si può “nascondere la povere sotto il tappeto” e cambiare di nascosto il voto sul registro elettronico, com’è appena successo in una scuola in Calabria.  Lo racconta oggi il Corriere della Sera: “Lamezia Terme, preside e prof cambiavano di nascosto i voti sul registro elettronico: scandalo nel liceo migliore della Calabria“. Le autorità scolastiche canadesi vegliano invece sullo stato di salute delle loro scuole attraverso i risultati dei test nazionali: è questo il “segreto” del Canada.

In Canada è possibile consultare degli indici di performance delle scuole dove il numero dei ragazzi bocciati ai test nazionali concorre negativamente alla formazione del valore dell’indice (mentre in Italia una “buona” scuola è spesso quella che boccia di più). I canadesi sanno perfettamente che nelle zone di povertà educativa (esistono anche in Canada, of course) le scuole raggiungeranno punteggi più bassi, ma ritengono ugualmente necessario l’impiego di test standardizzati per avere il polso – seppur grossolano – della situazione non solo del singolo alunno, ma anche della didattica impiegata dagli stessi docenti, valutati indirettamente sulla base del risultato raggiunto dai loro scolari.

I canadesi misurano quindi anche il risultato di una scuola nel suo complesso, utilizzando il risultato dei test nazionali in forma aggregata. Quest’ultimo tipo di valutazione in Italia si chiama “Valutazione di sistema e delle scuole” ed è possibile trovare qualche informazione sulle metodologie da utilizzare sul sito del Sistema Nazionale di Valutazione del MIUR (2) e sul sito dell’INVALSI (3).

I parametri utilizzati (in teoria…) per effettuare le valutazioni di sistema sono di vario tipo e riguardano non solo il contesto socio-demografico-economico in cui sono inserite le scuole, ma anche i risultati ottenuti dagli studenti, nonché una qualche forma di valutazione degli insegnanti, definita sul sito del Ministero come “valorizzazione del merito dei docenti”. Peccato che questo tipo di valutazioni in Italia non le faccia nessuno, e sia impossibile per i genitori reperire informazioni, se non basate sul sentito dire, sulle scuole a cui iscriveranno i loro figli.

Ritorno sulla questione dei test a crocette: non è solo il Canada a usarli per valutare gli studenti, ma tutto il mondo anglosassone, oltre che il Nord Europa. In quei paesi a decidere il destino di un singolo studente non saranno le valutazioni degli insegnanti, ma le sue risposte in un test a crocette, considerate dalle istituzioni scolastiche centrali più affidabili delle “opinioni” degli insegnanti (i loro voti…), che possono essere appunto soggette a distorsioni valutative.

In Italia, per esempio, potremmo usare l’INVALSI come “base” per l’attribuzione dei voti (nelle pagelle e alla maturità) almeno negli anni in cui viene effettuato. Sarebbe il caso di mettere fine a un fenomeno che ormai è noto a tutti: quello della distanza “siderale”(in alcune regioni d’Italia) tra il voto degli insegnanti ai loro allievi e i risultati che questi ultimi ottengono nei test INVALSI, come recita un articolo del Sole 24 ore: ” Calabria prima per lodi e in coda per i test Invalsi. Emblematico il caso della Calabria dove i 100 e lode sono il 5,4% del totale a fronte di una media nazionale che arriva al 2,6 per cento”.

Ci sono centinaia di articoli su questo “fenomeno”, trattato come se fosse il miracolo del sangue di San Gennaro che si “scioglie” il 16 dicembre, fatto considerato di buon auspicio perchè si sciolse anche nel 1631, in occasione dell’eruzione del Vesuvio, quando il magma si fermò e non invase la città. In realtà, gli scienziati sostengono da sempre che nelle ampolle non sia conservato del sangue, ma altre sostanze chimiche che si sciolgono quando vengono “agitate”. Si potrebbe dire qualcosa del genere anche per gli studenti calabresi: il miracolo del 100 e lode si avvera solo perchè a dargli il voto è uno dei loro insegnanti, in modo del tutto indipendente dai risultati che i ragazzi ottengono nei test standardizzati, dai quali emerge invece la loro scarsa preparazione. (Scusate se uso la generalizzazione “studenti calabresi”, so benissimo che sto parlando in termini giornalistici di un fenomeno aggregato, che non riguarda certamente ogni singolo studente calabrese o ogni singolo istituto superiore calabrese)

Esistono paesi economicamente molto avanzati, con un PIL pro capite ben più alto di quello dell’Italia, che cercano di evitare “miracoli” di questo tipo. Le istituzioni scolastiche mettono in piedi un sistema di contrappesi alle valutazioni dei docenti – i test finali a crocetta, per l’appunto – che determinano quale sarà la valutazione finale dell’allievo. Dobbiamo augurarci che anche in Italia si arrivi prima o poi a una soluzione simile, in cui ai docenti venga tolta la possibilità di decidere il destino di uno studente, senza che vi siano prove scientifiche, “oggettive” come quella dei test a crocetta, a supportare la loro valutazione.

E se fosse questa la soluzione “tecnica” all’invettiva di don Milani contro lo strapotere dei docenti? Cito un brano di “Lettera a una professoressa”: “Ma finché (voi professori, n.d.r.) avrete il coltello dalla parte del manico, i genitori staranno zitti e allora o levarvi di mano ogni coltello (voti, pagelle, esami) o organizzare i genitori. Un bel sindacato di babbi e mamme capace di ricordarvi che vi paghiamo noi e vi paghiamo per servirci, non per buttarci fuori”. (4)

Faccio quindi il mio ultimo appello ai docenti affinché (già oggi, prima che anche l’Italia passi al modello Nord Europeo e anglosassone) esprimano valutazioni moderate, misurate, scevre il più possibile del cosiddetto fattore umano, perché è probabile che in futuro si vada verso l’adozione di una soluzione come quella canadese (già in voga per l’appunto in molti paesi del Nord Europa, tra cui la Svezia). Il nostro vecchio sistema: “Taci ragazzina!” e: “Se non taci ti metto due!” potrebbe andare in soffitta. I tempi cambiano, così come cambiano i ministri dell’istruzione, e non possiamo escludere che la nostra scuola vada verso una direzione come quella che ho appena descritto.

Perché allora non allungare di un paio d’ore settimanali l’orario di lavoro degli insegnanti, dietro naturalmente una maggiore compenso dei loro sforzi, per dedicare uno spazio pomeridiano solo ai colloqui con gli studenti, così da mettere in atto un progetto cooperativo di valutazione condivisa? È molto più efficace spiegare a un ragazzo cosa non va nel suo compito di matematica, magari proponendogli di rifare insieme l’esercizio, che non limitarsi, come succedeva con una delle insegnanti di matematica di mio figlio, ad assegnare un punteggio a ciascuno degli esercizi del compito in classe, così che il voto finale (dato dalla somma dei punti per ogni esercizio svolto correttamente) fosse “oggettivo” e quindi incontestabile. Grazie a questo “sistema” andava male tutta la classe, visto che all’insegnante in questione piaceva umiliare gli studenti, e gli esercizi dei compiti in classe erano difficilissimi, sempre diversi da quelli assegnati a casa.

Non esistono “voti oggettivi” dispensati dai docenti, ma ragazzi fatti di ansia, rabbia, paura, e ciò non di meno capaci di grandi slanci affettivi che vorrebbero poter indirizzare verso gli insegnanti, se questi dimostrassero maggiore empatia e vicinanza nei loro confronti. Non sarebbe meraviglioso se i nostri figli trovassero nei docenti dei modelli da imitare, dei maestri di vita, scusate la banalità dell’espressione, invece di dispensatori (a volte neanche così brillanti…) di un sapere che in realtà si trova già tutto su Internet, aggregato in maniera sintetica ed elegante dai motori di ricerca equipaggiati con l’Intelligenza Artificiale?

Cosa resta agli insegnanti se non la costruzione di un rapporto empatico con i loro allievi per spingerli a discutere insieme a loro sulle materie di studio, così da accompagnarli verso l’età adulta, e cioè l’età delle opinioni ma anche dei dubbi? Solo il rispetto per i nostri studenti li farà diventare dei cittadini e degli uomini liberi, senza che il loro carattere sia poi “costretto a manifestarsi come il comportamento di uno schiavo liberato d’epoca romana: il carattere di un uomo libero è tutta un’altra cosa”, come scriveva Maria Montessori (5).

Deve cadere una volta per tutte il paradigma della scuola statalista, nato con Giovanni Gentile, ma che piace molto anche alla sinistra italiana, in cui ai docenti vengono attribuiti poteri infiniti, in accordo con una visione dello stato come entità suprema che governa incontestata la vita dei cittadini. La pretesa di uno stato iperpotente (che piace tanto anche alla destra) deve lasciare il posto alla richiesta di equità – sempre più frustrata – che proviene da settori ampi della società. Non solo, sono sempre di più i docenti interessati a valutare i loro studenti in modo intelligibile ed equo, comprensibile e persino “democratico”.

Esiste un recente filone di studi sul concetto di valutazione democratica, applicato in genere a ambiti diversi da quello della valutazione scolastica, ma che potrebbe adattarsi perfettamente al nostro caso. La valutazione democratica riguarda generalmente le istituzioni, i partiti politici, persino le aziende ed è un concetto inventato da un sociologo inglese negli anni Settanta, Barry MacDonald (6), seguito tuttora anche da un gruppo di valutatori italiani riuniti in un sito – Laboratorio di valutazione democratica (7) – che propongono di coinvolgere il maggior numero di soggetti possibile nel processo valutativo. Cito la professoressa Nicoletta Stame, ordinario di Politica Sociale della Sapienza, oggi in pensione, che in una sua lezione (8) definisce la valutazione democratica come: “Una valutazione al servizio della comunità, in grado di mediare tra un pluralismo di valori diversi. Le sue caratteristiche principali sono l’essere inclusiva, in grado di stimolare il dialogo tra le parti e la partecipazione dei cittadini, il fornire aiuto al processo decisionale, nonché il combattere la cieca ideologia”.

Potremmo pensare di riscrivere questa definizione, adattandola alla valutazione scolastica, che deve essere al servizio della scuola, ovvero deve saper stimolare il maggior numero di studenti a raggiungere dei buoni risultati. La valutazione deve essere condivisa tra docenti e discenti, nel senso che si deve formare un accordo tra entrambe le parti sugli esiti e le finalità del processo valutativo. La valutazione democratica deve infine combattere la “cieca ideologia” del punire, redarguire e poi bocciare chi non è ritenuto degno di frequentare la scuola. Nella “cieca ideologia” metterei anche le tante parole di disprezzo pronunciate dal Ministro dell’Istruzione nei confronti dei genitori, che sarebbe meglio persuadere e sedurre (dal latino seducere, ovvero portare con sé), invece di buttarli a calci fuori dalla scuola, con un DASPO, come prescrivono le leggi recentemente approvate. Mala tempora currunt, lo so, per molti docenti la loro professione sta diventando sempre più difficile e faticosa, ma è nella parola democrazia che spero possano trovare conforto.

 

(1)  OCSE-PISA

(2)  Sistema Nazionale di Valutazione, https://snv.pubblica.istruzione.it/snv-portale-web/.

(3)  INVALSI, ValSiS – Valutazione di Sistema e delle Scuole, https://www.invalsi.it/valsis/.

(4) Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria editrice Fiorentina, Firenze, maggio1967.

(5)  Lettera di Maria Montessori a Luigia Tincani, 29 luglio 1949, in Fulvio De Giorgi (a cura di), Maria Montessori. Dio e il bambino e altri scritti inediti, La Scuola, ottobre 2013.

(6)  Mac Donald, B., A political classification of evaluation studies, in Hamilton, D., Jenkins, D., King, C., MacDonald, B. and Parlett, M. (eds.), Beyond the Numbers Game. A Reader in Educational Evaluation, London, 1977, Macmillan Education.

(7)  Laboratorio di Valutazione Democratica, http://valutazionedemocratica.com/

(8)  Nicoletta Stame, Valutazione pluralista, Franco Angeli Editore, Milano, 2016 e poi in una sua lezione alla Sapienza: https://www.radiosapienza.net/cose-la-valutazione-pluralista-democratica/

 

 

 

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