Scuola
Che la scuola ricominci. E buona scuola, davvero, a tutti!!!
Tutte le mattine passo davanti alla scuola di Sofia, la mia figlia maggiore. E ci ripasso anche la sera, quando rientro verso casa. E tutte le volte che ne incrocio con lo sguardo il profilo imponente della struttura, il giardino accogliente e il cancello di metallo, mi viene spontaneo dirle: “Ti voglio bene”. A lei, alla scuola. Ed anche a mia figlia, ed ovviamente a tutta la mia famiglia. Perché le due cose mi sembrano inscindibili. Pensare che durante tutto il periodo di queste vacanze estive, quando quei cancelli sono restati chiusi, le ho augurato anche ‘buon riposo’ alla sua scuola, quasi fosse un’amica o una persona vicina a cui raccomandare serenità e quiete. Fra pochi giorni quella scuola materna ed elementare, come tante altre scuole della mia città, riaprirà i battenti. E torneranno le cartelle, i grembiuli, le merendine, il suono della campanella, quella della voce delle maestre e dei maestri.
Ma soprattutto torneranno le voci dei bambini ed il loro libero e allegro scorrazzare della coscienza. Ho provato in questi mesi di vacanza ad immaginarmi la scuola che vorrei, al di là delle riforme e dei buoni propositi di ogni governo. Ho anche ripensato ad un’intervista che l’anno scorso feci ad Alex Corlazzoli, maestro e giornalista, in occasione dell’uscita di uno dei suoi ultimi libri sulla Buona Scuola. Devo ammettere, purtroppo, che non consola sapere che nel nostro paese la spesa per l’istruzione è scesa dai 1.308 euro per abitante del 2007 ai 1.026 euro del 2014. Se l’Italia volesse investire nella scuola quanto gli altri paesi europei, dovrebbe mettere a bilancio almeno 12 miliardi di euro. I tre miliardi che arrivano dalla Buona Scuola del governo Renzi sono un buon punto di partenza, ma sono solo una parte. Senza contare poi i problemi derivanti dalle disparità territoriali, a livello micro, tra zone urbane e zone rurali, e a livello macro tra nord, centro e sud Italia.
Ieri mattina alla radio ho sentito parlare per qualche minuto di Don Lorenzo Milani, il prete di Barbiana che effettivamente un nuovo modello di scuola se lo è inventato. Cominciando dal basso. Perché voleva evitare che i più poveri fossero privati dell’unico strumento di emancipazione sociale che esiste, l’istruzione, viatico necessario per la formazione di uomini che abbiano davvero la testa sulle spalle. E Don Milani sulla scuola aveva idee ben precise che nella sua Barbiana ha sperimentato e messo in pratica per più di un decennio. Sognava una scuola senza classi, quella che semplicisticamente qualcuno potrebbe definire una scuola modello 2.0, ma era una scuola che non aveva niente a che fare con il semplice abbattimento dei muri dovuto alla tecnologia. No, il segreto di quella scuola di Barbiana, che tanto clamore continua a suscitare ancora oggi, era la sua regola principale: chi sapeva di più aiutava e sosteneva chi sapeva di meno, 365 giorni all’anno.
Poi la denuncia della piccola scuola di Barbiana, arrivò a maturare nel famoso libro di Don Lorenzo Lettera a una professoressa (maggio 1967), in cui i ragazzi della scuola (insieme a Don Milani) denunciavano il sistema scolastico e il metodo didattico che favoriva l’istruzione delle classi più ricche (i cosiddetti “Pierini”), lasciando la piaga dell’analfabetismo in gran parte del paese. Perché l’istruzione deve essere davvero di tutti e non può essere appannaggio solo dei più benestanti. La nostra Costituzione recita all’art. 34: «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso». Ed in questo articolo c’è ne è abbastanza di cose da garantire tanto da riempirci cinque anni buoni di governo.
Don Milani ha tratteggiato un modello di scuola dal volto splendidamente umano. In cui i docenti non sono sovraordinati a nessuno, ma sono professori-amici, compagni di viaggio di tutti quei ragazzi a cui la sete della conoscenza nasce anche grazie allo stare vicino ad altri assetati di conoscenza. Un modello in cui i genitori dovrebbero dire forte e chiaro ‘I care’ di tutto quello che si muove attorno alla scuola dei loro figli, dagli insegnanti, alle lavagne. La sua rivoluzione Don Lorenzo l’ha portata avanti in poco più di dieci anni, dal 1956 al 1968. Il suo portato è stato talmente grande che 50 anni dopo se ne continua a parlare con nostalgia. Di quella esperienza fondativa abbiamo praticamente tutto, compresa una fondazione che di Don Milani promuove l’opera, la testimonianza e gli scritti. Se le nostre scuole facessero loro un po’ di quel messaggio i risultati sarebbero altrettanto epocali. Ed io continuo a passare tutti i giorni davanti alla scuola di mia figlia. E continuo tutti i giorni a salutarla, quasi fosse una persona in carne ed ossa, augurandole di poter diventare presto quello che potrebbe essere.
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