Scuola
A Cinisello si farà propaganda politica nelle scuole
Con delibera di Giunta dell’8 aprile 2021 è stato siglato un protocollo d’intesa tra il Comune di Cinisello Balsamo e l’Unione degli Istriani, un’Associazione con sede a Trieste che pubblica un periodico il cui sottotitolo, dal malcelato tenore nostalgico, recita “Periodico della Libera Provincia dell’Istria in Esilio”. Nel testo viene detto che l’intesa si propone di promuovere la collaborazione tra il Comune e la citata Associazione “al fine di realizzare eventi dedicati alla diffusione e all’approfondimento storico delle vicende del Confine orientale, delle Foibe e dell’esodo degli italiani dall’Istria, Fiume e Dalmazia, nonché alla realizzazione di monumenti commemorativi e targhe in ricordo delle vicende summenzionate”.
Mentre ovunque in Italia si celebra la Festa della Liberazione, nella sua pagina facebook il 25 aprile, l’Unione degli Istriani pubblica un post in cui scrive: «La data, contrassegnata ogni anno da insanabili polemiche a livello nazionale e regionale, dalle parti del confine orientale d’Italia rappresenta il preludio dei lutti e delle violenze che si abbatterono dal 1° maggio 1945 su Trieste, Monfalcone e Gorizia, e su tutta l’area “liberata” – con l’unico scopo di essere occupata ed annessa alla Jugoslavia, come l’Istria, Fiume e Zara – dai partigiani slavo-comunisti di Tito». E aggiunge che «Le danze sono state aperte da una curiosa iniziativa promossa dal Comune di Usmate (Monza e Brianza): il progetto è rivolto a cinquanta ragazzi fra i 7 e i 12 anni e consiste nella distribuzione del “kit del nuovo partigiano” contenente giochi e gadget evocanti il tema della Resistenza partigiana».
Dunque, definiscono danze le iniziative condotte negli istituti scolastici di tutta Italia per ricordare la Resistenza e la Festa della Liberazione, elementi fondanti della nostra Repubblica democratica, e lamentano che tra il materiale fornito dalla Biblioteca vi siano il testo e lo spartito di Bella Ciao e note informative sul 25 Aprile e sulla Resistenza.
In diversi post trovano addirittura il modo di giustificare l’invasione militare in Jugoslavia da parte di Hitler e Mussolini in quanto la Jugoslavia tradì il patto con la Germania nazista, l’Italia fascista e il Giappone e in pratica dicono che i crimini commessi dalle truppe italiane in Jugoslavia sono il frutto di «vendicativi criminalizzatori dell’Esercito Italiano, impegnato nella difficile campagna dei Balcani».
Ma non basta. Cercano persino di dare una ragione logica alle rappresaglie contro i civili jugoslavi e, addirittura, spiegano i campi di concentramento italiani postando un articolo a firma Stefano Pilotto in cui, candidamente, si afferma: «i numerosi deceduti perirono fondamentalmente per malattie e denutrizione, come nella maggioranza dei campi di prigionia. Non vi fu alcuna camera a gas nei campi italiani il cui obiettivo fosse quello di attuare un genocidio a danno delle popolazioni jugoslave. Gli incendi dei villaggi ebbero luogo ma non per fare tabula rasa della presenza delle popolazioni jugoslave, bensì per contrastare coloro che davano albergo ai partigiani o che li nascondevano».
Ecco in breve spiegate le infinite stragi di civili, bambini compresi, e le deportazioni. Ecco spiegata la deportazione degli sloveni dalla provincia di Lubiana che doveva essere italianizzata. Basterebbe guardare la documentazione fotografica delle condizioni di vita in quei campi, dove si moriva come a Dachau, per capire quel che è stato. Secondo loro, i militari italiani erano perciò brava gente, dopotutto, perché non gasavano i deportati, ma li lasciavano soltanto morire di fame, di sete e di freddo e di malattie. Sarebbe curioso sapere come spiegherebbero costoro l’invasione della Libia, dell’Etiopia, della Grecia, dell’Albania, della Russia, l’iprite sulle popolazioni civili africane, le marce della morte in Cirenaica.
Secondo questa Associazione, per la quale criminali erano i partigiani e non i nazifascisti, la Resistenza sarebbe una pagina buia della storia del nostro Paese. E lo sarebbe anche la Liberazione. Dunque, è a questi signori che, stando alla delibera di Giunta, dovrebbe essere affidata la realizzazione di progetti formativi ed educativi, magari nelle scuole cittadine, sulle complesse vicende del Confine orientale? E per spiegare cosa esattamente, che noi, l’Italia fascista alleata di Hitler, eravamo i buoni e loro i cattivi?
Il sindaco Ghilardi da una parte celebra il 25 Aprile, presenzia alla deposizione delle Pietre d’Inciampo che ricordano i nostri deportati, promuove un libro in cui si parla di Dina Cereda, staffetta partigiana delle comuniste Brigate Garibaldi, iscritta all’ANPI fino all’anno della sua morte; dall’altra sigla intese con un’Associazione che considera infausta questa data, rinnega la Festa della Liberazione e addirittura giustifica la guerra nazifascista alla Jugoslavia. Noi pensiamo che sui valori fondanti della nostra Repubblica non si possa stare a metà del guado, non possano sussistere ambiguità e tentennamenti; gli stessi che probabilmente impediscono al nostro sindaco, in ogni discorso commemorativo della Festa della Liberazione, come in altre circostanze, di citare la parola “fascismo”.
Non sappiamo quanto sia stata consapevole e documentata la scelta che ha condotto la Giunta Ghilardi a sottoscrivere un protocollo d’intesa con questa Associazione, che approfitta del Giorno del Ricordo per reiterare una vetusta e anacronistica propaganda neoirredentista, tipica dell’estrema destra, oltremodo paradossale nell’Europa unita che ha abbattuto i suoi confini interni, nell’Europa delle pluralità culturali che auspichiamo. Quel che sappiamo è che in questo modo si capovolge la Storia, narrandola allo scopo di riproporre il mito degli Italiani brava gente. Tantomeno si fa Memoria, bensì si fa selezione tra cosa ricordare e cosa dimenticare. Dimenticare, cioè, che una delle cause fondamentali che portò a quelle tragedie fu la barbarie compiuta dal nazifascismo. Dimenticare che fu l’Italia fascista a invadere la Jugoslavia, e non solo la Jugoslavia, spartendosela e devastandola e provocando orrende stragi di civili. E siccome, fortunatamente per i destini del mondo, l’operazione non riuscì, grazie anche alle varie Resistenze europee, l’Italia, come la Germania nazista, dovette pagarne le conseguenze anche con la perdita di territorio. Ci chiediamo perciò, e lo chiediamo al sindaco, se siamo di fronte a un’operazione politica, tanto strumentale quanto mistificatoria. Un’operazione che accarezza nuove pulsioni revansciste, offrendo intorno al Giorno del Ricordo una memoria intossicata da vetero-nazionalismo e dalla riproposizione di improbabili e insensate rivendicazioni territoriali. Tutto ciò riapre, invece di sanare, le ferite del passato. Quando non si consegnano Storia e Memoria nelle mani di storici riconosciuti ma ad associazioni di fatto politiche, si mortifica il Giorno del Ricordo riducendolo a strumento per operazioni propagandistiche, si distorce la verità storica e in definitiva si finisce col mentire alle stesse vittime dell’esodo istriano-dalmata, che pagarono due volte, prima il prezzo delle mire espansionistiche del fascismo e poi le vendette slave.
I nazionalismi producono nazionalismi contrapposti e quindi guerre e, con esse, tante atrocità, che purtroppo spesso si trascinano anche dopo la fine dei conflitti. Perché le guerre scatenano odi e rivalità tali che possono rimanere anche a lungo e di cui sono sempre vittime i civili di ogni nazione. Oggi, a distanza di 76 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, nell’Europa unita che vogliamo rafforzare non c’è più spazio per riproporre vecchi antagonismi di confine. Multiculturalità, riconoscimento reciproco, rispetto delle minoranze, sono questi i valori che devono accomunare i nostri popoli e non narrazioni che servono soltanto a riavvelenare il clima. Come ha detto il presidente nazionale dell’ANPI, Gianfranco Pagliarulo, il Giorno del Ricordo deve servire a ricordare «senza alcuna reticenza l’orrore delle foibe e le sue vittime e, assieme, il dramma dell’esodo di tanti italiani (…). Ma perdura l’assordante silenzio verso la più complessa vicenda del Confine orientale. Stigmatizziamo il silenzio verso l’aggressione dell’Italia fascista nei confronti della Jugoslavia (…) di cui quest’anno ricorre l’80° anniversario, gli innumerevoli efferati massacri che ne seguirono, le impunite responsabilità dei criminali di guerra italiani (…). Stigmatizziamo il silenzio verso le violenze, gli incendi e gli omicidi del fascismo di confine in Venezia Giulia dal 1920 in poi, che colpì le minoranze slovene e croate e gli oppositori politici italiani (…). A 17 anni dall’approvazione della legge prevale una memoria vera e drammatica, ma che è parte di una memoria molto più grande, volutamente e colpevolmente rimossa. Così operando si sollecita soltanto un nuovo nazionalismo che ci riporta al ‘900 e non sanerà mai le ferite del passato».
(Dal comunicato ANPI Cinisello – sezione di Cinisello Balsamo giugno 2021)
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