Scuola

Sarò la tua memoria di Mario Calabresi dovrebbe essere letto nelle scuole

30 Marzo 2023

La retorica celebrativa e vittimaria dei morti ha stufato, non dice più niente ed è del tutto inutile. Bisogna celebrare i valori della vita, dell’umanità, e della resistenza, che continua. Ridurre il Giorno della memoria a cerimonia di lutto, (senza che questo ricordo – Zakhor corrisponda a un impegno perché non accada più) significa non aver compreso il suo vero senso memoriale (Alessandro Paris) 

Il Giorno della memoria, introdotto dalla legge del 20 luglio 2000 n. 211, per unanime parere di tanti osservatori del mondo scolastico è ormai sempre più vissuto come una liturgia stanca e annoiata. Io stesso ho assistito in classi di scuola superiore alla proiezione dello scontatissimo “La vita è bella” persino senza una successiva discussione. Una ricorrenza sopportata, il cui esito per eterogenesi dei fini riesce ad essere controproducente.

Una rivitalizzazione auspicabile potrebbe offrirla ora la pubblicazione del bel libro per ragazzi di Mario Calabresi, “Sarò la tua memoria”. Per ragioni che riguardano la biografia dell’autore, si avverte in questo libro una profonda sintonia con le storie in cui l’eredità emotiva di traumi e sofferenze diventano vicende di passaggi generazionali in una famiglia.

Il punto di vista narrativo è originale: l’esplorazione della difficilissima storia dell’Olocausto da parte di un ragazzo che non l’ha vissuta fino a portarlo a diventarne un testimone. Per questo, penso che proprio questo libro meriti una sua valorizzazione nelle nostre scuole.

Belle e importanti le testimonianze dal vivo e la lettura della memoria dei sopravvissuti. Ora si può fare un passo avanti per provare a pensare di rivivere quest’oscura pagina della storia europea con un altro sguardo, più vicino all’esperienza dei nostri studenti.

Ad un certo punto della storia il protagonista confessa di aver sperimentato la forza della memoria vivendo accanto alla nonna (una dei pochissimi bambini e bambine sopravvissuti di Auschwitz) nel suo impegno di racconto della sua terribile esperienza nella classi della sua scuola.

Ma poi la storia vive un progresso straordinario perché il protagonista, uno studente americano, immagina di dover rispondere, responsabilmente e in prima persona, alla domanda: chi sarà la memoria di questa storia quando non ci saranno più coloro che l’hanno vissuta?

Accetta creativamente di rispondere alla richiesta dei suoi insegnanti a raccontare una bella e forte esperienza vissuta in prima persona. Chiede di vivere una settimana nelle stesse condizioni in cui la nonna viveva nel campo di concentramento, per capire cosa potesse aver provato una bambina tanto piccola in una situazione così orribile, privata di ogni dignità, lontana dalla propria casa, dai suoi genitori, affamata. Dorme al freddo chiuso nel garage di casa, da solo, affamato, lavorando nell’orto della sua casa e nel giardino dei vicini, rinunciando a cellulare, tv e videogiochi.

Così, il libro riesce pienamente nel rappresentare l’esperienza di un dramma nei sentimenti e nei pensieri di chi non l’ha vissuto ma desidera parteciparvi almeno in parte, visto che del tutto non è possibile. Riflessioni che è vitale oggi introdurre nelle nostre scuole per avvicinare dolori e sofferenze a partire da quelle immagini televisive e dei social che raggiungono i nostri ragazzi anche per altri drammi come quello della guerra e dell’immigrazione. Sono molti i ragazzi presenti nelle nostre scuole che sono stati toccati personalmente da queste tragedie.

La lettura del libro di Calabresi potrebbe aiutarli a raccontare qualcosa delle loro vite travagliate, avvicinandoli agli altri compagni per vivere momenti di autentica intimità, accoglienza e solidarietà. Là dove è successo, il gruppo classe ha compiuto un vero e proprio esame di maturità che ha permesso lo sviluppo di un “noi” così essenziale per il ben vivere e il ben essere dell’esperienza scolastica comunitaria. Per non parlare dell’apprendimento che nei suoi processi di comprensione, attenzione e memoria ha una strategica connessione con il benessere emotivo.

La Giornata della memoria nelle nostre scuole è un potenziale ancora non espresso?

Probabilmente sì.

Un libro come questo di Mario Calabresi potrebbe aiutare a compiere un passo avanti.

«Metà delle ragazze e dei ragazzi conoscevano la storia dei campi di sterminio della deportazione degli ebrei, ma rimasero stupiti dalla capacità di Joshua di portarli dentro quell’esperienza tragica. “La mia storia – racconta oggi orgoglioso- non serviva soltanto a raccontare la storia della nonna, ma a dare la sensazione che potesse essere una cosa presente, che li riguardava. La mia esperienza aveva catturato l’attenzione di tutti e molti si erano messi a piangere» (p. 110-111).

P.S: Non ho nulla contro il film di Benigni, anzi. Per altro il libro di Calabresi ha due intensissime pagine che aiutano a comprendere la tanto criticata forza di trasfigurazione immaginativa del film per cui il campo di concentramento è raccontato come l’avventura di un gioco.

La nonna del protagonista racconta ad un certo punto che giocava con la sorella nel campo accanto alla pila dei cadaveri in attesa di essere bruciati: «non le vedevamo come pile di morti, ma come rocce o alberi intorni ai quali fare il girotondo» (p. 48).

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