Roma
Roma, un polo per integrare: i Rom e le attività all’ex Fienile
Prima i ragazzi e poi i bimbi più piccoli, emozionatissimi, si esibiscono cantando e ballando a ritmo di rap. Le madri riprendono tutto con i cellulari, mentre i padri orgogliosi fanno il tifo. Gli applausi scrosciano fino all’ultimo minuto; la gioia dei rapper in erba è palpabile. Alla fine della piccola performance, corrono ad abbracciare i genitori e poi si va tutti insieme a fare merenda con bibite gassate, acqua, pizzette e tramezzini. Siamo davanti a un normale spettacolo di fine anno scolastico. Quello che è speciale è il luogo in cui si svolge: il Polo ex Fienile, un centro dedicato prima di tutto alla formazione doposcuola di bambini e adolescenti rom e sinti, ma anche all’organizzazione di corsi ed eventi aperti a tutti.
Sorride Carlo Stasolla, presidente della 21 luglio, associazione capofila del gruppo che ha ottenuto in gestione il Polo, di cui fa parte anche l’Università di Tor Vergata: “Pensi che all’inizio dell’anno questi adolescenti non riuscivano neppure a stare fermi in cerchio, ora invece ballano e cantano insieme”.
Presidente, come è andato questo anno scolastico qui al Polo?
“Il bilancio è sicuramente positivo, ma vogliamo fare ancora meglio l’anno prossimo. Questo posto è importante per il quartiere (Tor Bella Monaca, periferia est di Roma; Ndr), che è fatto di tante realtà auto-ghettizzate. Il compito di questa struttura è unire e sviluppare potenzialità”.
Quanti bambini e ragazzi seguite?
“Circa 50 con progetti educativi mirati, ma ne vengono molti di più quando organizziamo eventi aperti a tutto il quartiere”.
In che rapporti siete con gli abitanti di Tor Bella Monaca?
“Siamo accettati, altrimenti ce ne saremmo accorti. Anzi è capitato che anche un movimento politico di ultradestra ci dicesse che riconosce il valore sociale di quello che facciamo. Gli unici assenti qui sono il Comune e il VI Municipio”.
Ma non è il Comune che vi ha dato in concessione l’edificio?
“Sì, ma non hanno fatto nient’altro. Ogni volta che organizziamo un evento pubblico, ad esempio, invitiamo le istituzioni locali con lettera formale, ma non abbiamo mai ottenuto nemmeno un riscontro”.
Quali sono i vostri progetti per l’anno scolastico 2019-2020?
“Vogliamo creare un asilo nido 0-3 anni, in modo che le mamme possano lasciare qui i bimbi e abbiamo in mente di coinvolgere anche altre associazioni per aumentare e migliorare la nostra offerta di attività. Questo quartiere si merita qualità”.
Proprio in questi giorni cade il secondo anniversario del Piano Rom della Giunta Raggi: che bilancio fa la vostra associazione?
“Avevamo previsto che sarebbe stato un disastro e sta andando esattamente così. D’altra parte, i Rom neppure sono stati consultati per elaborare il Piano”.
Si spieghi meglio.
“A Roma sono circa 6.900 le persone Rom che vivono in emergenza abitativa, lo 0,24% della popolazione romana, e sono divisi in 17 campi rom, di cui 6 insediamenti formali e 11 definiti “tollerati”, spesso rinchiusi in recinti e senza servizi minimi. L’obiettivo della Giunta era chiudere progressivamente i campi, ma non è stata data una reale alternativa a queste persone ghettizzate. Ad esempio, è stato offerto un contributo per l’affitto per un anno, ma quasi nessuno vuole affittare la propria casa a dei Rom e il Comune avrebbe dovuto immaginarlo. Ad oggi, anche se non hanno trovato dove andare, le 100 famiglia di Campig River, sono state sgomberate con la forza e ora si trovano in mezzo a una strada: prima almeno stavano nei container”.
Anche i bimbi ne hanno sofferto molto.
“Prima del Piano Rom contavamo 1995 minori iscritti a scuola, ora sono 920: un danno educativo gravissimo”.
Un altro problema che voi denunciate è l’approccio genericamente criminalizzante verso i Rom, senza distinguere tra brave persone e delinquenti reali.
“Sì, a molti Rom è stato tolto il permesso di soggiorno umanitario in base al decreto Sicurezza: ora saranno espulsi anche se vivevano qui da anni, ma la notizia di queste famiglie sradicate suscita scarso interesse. Inoltre, molti campi rom non ancora sgomberati sono stati militarizzati”.
Che futuro prevede per il Piano Rom e per le persone che coinvolge?
“Stiamo andando verso l’emergenza, ma il Comune rifiuta il confronto. È facile prevedere che il Piano fallirà e la colpa sarà dei Rom”.
(Nell’immagine di copertina: alcuni educatori dell’associazione 21 luglio ritratti nel giardino del Polo ex Fienile. Si ringrazia per la foto Andrea Tomassi)
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