Società
Rimini pensa a micro aree per i nomadi. La città si ‘scalda’
Rimini non è Gorino, la frazione del Ferrarese salita agli onori della cronaca – lo scorso ottobre – per aver innalzato barricate contro l’arrivo di 12 profughe provenienti dall’Africa. Eppure, in questi giorni, il tema dell’integrazione agita – e non poco – la quotidianità della città romagnola, il borgo felliniano di ‘Amarcord’ che, di anno in anno, s’è fatto una delle capitali del turismo. A lacerare la cittadinanza non è l’ingresso di profughi ma l’ipotesi, tratteggiata dall’Amministrazione riminese, di spostare in micro aree sul territorio comunale famiglie di nomadi sinti – italiani – così da chiudere il campo, fatiscente, che condividono, in una zona periferica lungo il fiume Marecchia, con nomadi di etnia rom.
Un’ipotesi che ha scatenato – in roventi assemblee pubbliche, in strada, e pure in consiglio comunale – la forte protesta di diversi comitati di zona, quelle in cui si dovrebbero spostare le famiglie sinti: undici nuclei familiari, 45 persone, che il Comune vorrebbe in altrettanti quartieri con sei persone al massimo in ognuno di questi. Trascinato in Riviera, le tivvù nazionali, con quelle trasmissioni in cui l’inviato col microfono è contornato da una folla più o meno furente . Fatto commentare leader politici come Giorgia Meloni. Prendere parte al dibattito la Diocesi e, ora, nascere un ‘Supercomitato’ – ribattezzato ‘ProRimini’ – a raggrupparli tutti, che oggi ha vissuto la sua prima giornata in piazza. Senza contare i commenti sulle pagine dei social network, copiosi e taglienti.
Un intreccio che rischia di finire sulla ribalta nazionale – il nodo territoriale di Mantova e Cremona della Rete antidiscriminazione ha scritto all’Amministrazione romagnola per stigmatizzare i passi del ‘Supercomitato’ – e accalorare la città. Perché quello dell’integrazione – ancor più ai tempi di una crisi che non molla la presa – è fronte infuocato. Ad ogni latitudine.
Tanto che annunciata dal Comune – nelle scorse settimane – l’intenzione di procedere allo spostamento dei nuclei familiari sinti, il dibattito è deflagrato subito. Con il ‘no’ deciso dei comitati alle microaree – condiviso dagli esponenti di Lega Nord e Fratelli d’Italia – e, in replica, l’invito al pragmatismo del sindaco, Andrea Gnassi che in una nota, ricordando come molte di queste famiglie vivano a Rimini da generazioni, si è spinto a dire che “se giudicate con la bizzarra logica della stretta territorialità, molto più riminesi di consiglieri che non sono nati, vissuti né abitano e vivono a Rimini”.
Parole, queste ultime, contestate dai comitati, fino a salire nei toni della protesta con lo svelamento, da parte di un consigliere comunale di Fdi, del ‘rendering’ di un progetto per le casette destinate alle famiglie nomadi e di un calcolo sui costi stimati, secondo lo stesso consigliere, in oltre un milione di euro (cifra smentita da un altro consigliere comunale di maggioranza) . Quanto è bastato per monopolizzare le schermaglie e far intervenire, sulla sua pagina Facebook, pure la guida nazionale di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. “Oltre un milione di euro di soldi pubblici per regalare a rom e sinti casette dai 45 ai 90 mq con veranda, giardino e posto auto – ha affidato il suo pensiero a un post – : è questa la brillante soluzione trovata dal Comune di Rimini guidato dal Pd al problema dei nomadi. Fratelli d’Italia si oppone a questa follia e chiede che questi soldi vengano spesi per dare servizi a quegli italiani che pagano le tasse e non vivono in baraccopoli illegali. Se il Pd ci tiene tanto a dare una casa a rom e sinti è libero di farlo ma a sue spese”.
E in questo clima, è intervenuto sul tema – in una lettera alla vigilia della Quaresima intitolata ‘L’altro è un dono’ – lo stesso Vescovo di Rimini, monsignor Francesco Lambiasi. “Da mesi – ha scritto – stiamo assistendo ad accese manifestazioni di protesta in relazione allo smantellamento del ‘Campo-Nomadi’ di via Islanda. Ci domandiamo: è umano e cristiano un atteggiamento oggettivamente discriminatorio, basato su pregiudizi secolari, su paure paralizzanti, su sospetti e velenose diffidenze? Diciamo basta a muri, recinti e steccati. Sì a ponti, legami e a buone relazioni”.
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