Religione

Vincitori e perdenti

1 Luglio 2019

“Noi ti chiediamo e ti esortiamo, in quanto fratello nel nome, nel potere, nella Parola, nello Spirito e nella salvezza che provengono ad ogni cristiano da Gesù Cristo, nostro Maestro e Salvatore, di cercare ardentemente di predicare soltanto la Parola di Dio senza indietreggiare, di stabilire e difendere soltanto pratiche divine, di considerare buono e giusto solo quanto può essere trovato in modo chiaro nelle Scritture, e di rigettare, odiare e maledire tutte le disposizioni, le parole, le pratiche e le opinioni umane, anche le nostre”  (Lettera di Grebel a Thomas Muntzer)

 

La storia, si sa, la scrivono sempre i vincitori.

Lo scorso anno, in seconda media, mia figlia ha studiato la Riforma protestante.

Una decina di pagine del libro di storia dedicate a Lutero e ai suoi successori.

Agli anabattisti tre righe.

Il più grande studioso di storia anabattista in Italia, Ugo Gastaldi, in esergo ai due volumi che ne riportano le vicende, così annota: “a quanti credono che l’ora viene sempre in cui la verità rende giustizia ai suoi testimoni, anche se la storia ha dato loro torto”.

Pochi conoscono e pochi raccontano gli anabattisti perché hanno perso. Sterminati da un’unione feroce, i protestanti della riforma cosiddetta magisteriale (Lutero, Zwingli, Calvino e i loro epigoni) da un lato e l’Inquisizione cattolica dall’altro. I primi che avevano in odio il battesimo degli adulti che gli anabattisti praticavano come esclusivo considerando nullo il battesimo ricevuto da piccoli, affogavano gli anabattisti in laghi e fiumi. I secondi procedevano con la loro condanna a morte più diffusa: il rogo.

Una lotta senza quartiere che ha cancellato dalla storia europea del 500 un altro cristianesimo, un’altra spiritualità, un altro modo di intendere il rapporto tra i credenti, e del cristianesimo con il potere politico e civile.

E’ uscito da poco un libro molto bello che ha il grande merito di ripresentare questa vicenda e di renderla nota al pubblico italiano.

Per il quale fin ora l’unica possibilità, al di fuori di qualche studio specialistico, di conoscere questa storia era rappresentato dal romanzo intitolato “Q” del collettivo Luther Blisset (oggi sono divenuti Wu Ming).

Il libro è opera di un pastore battista che vive e opera a Firenze e appartiene all’Unione cristiana evangelica battista d’Italia di cui è stato in passato presidente.

Il libro contiene lunghe e proficue citazioni dei testi originali dei padri dell’anabattismo, praticamente introvabili in Italia.

Ed essendo opera di un pastore non intende semplicemente assolvere a compiti di cronaca.

Vuole offrire, come lui stesso annota, in un tempo in cui c’è un forte bisogno di spiritualità un modello praticabile di questa.

Vuole mettere a disposizione un confronto con uno stile di vita lontano certo nel tempo a noi uomini e donne del terzo millennio.

Ma assai proficuo per chi vuole cercare “di formare, abilitare e rendere matura la persona spirituale a partire dall’esempio delle e dei testimoni anabattisti” (p.9).

All’inizio del libro ho trovato un’immagine suggestiva.

Dice l’autore che questa storia può essere udita perché questo libro la restituisce“come un vecchio grammofono [ed è la] la voce degli ammutoliti” (p. 7).

C’è una curiosità che può muoverci a leggere queste pagine insolite.

Io credo che presto questa curiosità divenga in chi le accosta, pagina dopo pagina, impegno e passione a cercare una propria e personale via originale di pratica del vangelo per il nostro tempo e per i suoi problemi.

Raffaele Volpe, Manuale di spiritualità anabattista. Giungere fino alla radice, GBU

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