Religione
Urbano, quel Papa borghese del basso medioevo
Il 27 marzo 1378 calava nella tomba papa Gregorio XI, il papa che era riuscito l’anno precedente a riportare, dopo la cosiddetta “cattività avignonese”, la sede apostolica a Roma e, subito dopo la sua sepoltura nel transetto di destra della basilica di Santa Francesca Romana che all’epoca era conosciuta come “chiesa di Santa Maria Nuova”, si pose il problema della sua successione.
Problema, perché i timori che la corte pontificia potesse tornare ad Avignone erano molto forti, non era un caso infatti che la grande maggioranza dei cardinali in conclave fossero francesi e che, quindi, si presumeva che subissero l’influenza del re di Francia.
Ma era anche chiaro che il popolo romano su questo non transigeva e che era pronto a far valere, anche con la forza, il diritto della città eterna ad essere sede della cattedra di Pietro.
Ma andiamo ai fatti e alla successiva sorpresa.
La scena si svolge nel palazzo apostolico.
A comporre il collegio sono appena sedici cardinali, come si è detto, quasi tutti francesi, è questo costituisce un problema enorme. Dovevano evitare di essere fatti a pezzi dai romani, contrari a qualunque papa che non fosse “romano o almanco italiano”.
Mentre i più scalmanati già prendono a colpi d’ascia le porte del conclave (e vengono in mente certe pressioni della stampa oggi…) in alcuni all’interno balena l’idea: fingiamo di avere eletto l’unico romano tra noi e diamolo in pasto ai suoi concittadini. La messinscena sacrilega funziona solo perché il poveretto è vecchio, pieno di acciacchi e del tutto incapace di opporsi.
Ma non dura. Il giorno dopo i romani riassaltano il palazzo più inviperiti di prima.
A questo punto non ci sono più margini di scelta, e in tutta fretta, non tenendo conto di titoli o di nascita la scelta dei cardinali cade quindi su un semplice arcivescovo, napoletano di nascita e per di più borghese, essendo egli figlio di un agiato mercante.
Bartolomeo Prignano, questo è il nome del prescelto, è un grande giurista, noto per la mitezza del carattere e per le sue poche simpatie filofrancesi, prende il nome di Urbano VI, e già questa scelta bastava a mettere in allarme gli elettori d’oltralpe.
L’Urbano che l’aveva preceduto aveva infatti cercato, senza successo, di svincolarsi dalla tutela del re di Francia.
Ma la sorpresa vera venne di lì a poco.
Tra i piedi i cardinali si ritrovano, infatti, un papa per nulla acquiescente, a tal punto diverso da come l’avevano immaginato, da sentirsi in diritto di deporlo ed eleggerne un altro.
Dove fosse finito lo Spirito Santo e chi fosse il vero Vicario di Cristo nessuno sapeva dirlo. Tranne una donnicciola appena trentenne, analfabeta, figlia di un tintore.
Costei osa l’inosabile: apostrofa i cardinali «matti», perché con l’elezione di Urbano hanno dato al mondo la «verità» mentre per sé stessi vogliono «gustare la menzogna».
Arriva a definirli «adoratori del membro del diavolo», convinta com’è che lo Spirito Santo soffiasse dove vuole, perfino quando sembrava costretto nelle circostanze di un conclave drammatico e violento come quello che ha eletto Urbano.
Quella donna è santa Caterina da Siena.
Ma torniamo alle vicende che riguardano Urbano.
Accortisi dell’errore i cardinali francesi ne dichiarano illegittima la elezione dicendo, con un manifesto alla cristianità, che la nomina era avvenuta dietro le pressioni esercitate dai romani e nel contempo affermavano che Urbano VI non era adatto all’alta carica della Chiesa.
In conseguenza di ciò i prelati si riuniscono dunque a Fondi ed eleggono un nuovo papa che prende il nome di Clemente VII.
La cristianità si divide, una parte è per Urbano e una parte è per Clemente.
E’ lo scisma !
Una fase dolorosa per la storia della Chiesa che, tuttavia, vede il papa borghese portare indefessamente avanti tutta una serie di riforme atte a moralizzare la curia e il papato resistendo, nonostante i tentativi di delegittimazione fino alla sua morte avvenuta, senza che vedesse la composizione dello scisma, il 15 ottobre del 1389 all’età di 71 anni.
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