Religione
Un albero con le radici in cielo
E’ in libreria da qualche mese un poderoso volume dal titolo I BATTISTI una comunità mondiale, il Mulino.
Si tratta di un’opera collettiva curata da un numerosi specialisti di tutto il mondo coordinati da Erich Geldbach, professore di studi ecumenici alla Facoltà di teologia protestante a Bochum (Germania), dal 2020 membro della commissione sulla libertà religiosa dell’Alleanza mondiale battista.
Ne ha curato l’edizione italiana Massimo Rubboli (già docente di Storia dell’America del Nord e storia del cristianesimo all’Università di Genova) coordinando il lavoro della Commissione storica dell’Unione cristiana evangelica battista in Italia.
Quando mi capita di partecipare ad incontri con tante persone trovo sempre abbastanza divertente cominciare con “sono un pastore battista…”. Vedo lo stupore disegnarsi sul volto di tutti. Perché in Italia i battisti, una piccola minoranza, sono pressoché sconosciuti, pur essendo nel mondo una delle confessioni cristiane più numerose e importanti.
Il volume rappresenta un utile contributo alla conoscenza.
Nei miei incontri l’altra sorpresa che suscito è quella del racconto della vita delle chiese battiste nella loro assoluta diversità, senza un capo e rette da metodi democratici di uguaglianza. Spesso è prevalso il principio di separazione e distinzione (come lo chiama Geldbach) più importante della ricerca dell’unità, anche all’interno della stessa tradizione di fede.
Secoli di cattolicesimo in Italia hanno consolidato la convinzione che si può essere cristiani solo a patto di vivere da membri di un organismo monolitico, obbediente ad un meccanismo di autorità piramidale.
Anche per questo la lettura di questo è auspicabile.
Il lungo racconto del libro comprende una storia del battismo, gli insegnamenti e un vastissimo e documentato racconto della presenza battista in Europa e in tutti i cinque continenti. Ne emerge un quadro quanto mai variegato e multicolor.
Conoscendo questo quadro è anche possibile avere coscienza di una sfida entusiasmante che vivono oggi i battisti in Italia: la presenza di numerose chiese “etniche” che grazie all’immigrazione degli ultimi anni si sono consolidate nel nostro paese.
Resta la domanda importante circa il valore di libri come questo.
Rischiano forse di imprigionare il cristianesimo? Di consolidare l’impressione di attraversare un museo in cui ogni cosa deve restare al suo posto perché così si è fatto fin ora e così si fa oggi?
Io credo che la lettura di libri come questo debba invece insegnare a immaginare le sfide che ancora attendono i credenti. La storia non come prigione, ma come consapevole e maturo viaggio verso il futuro.
Per tutti i credenti di ogni tempo valgono le sferzanti parole dal carcere di Birmingham di Martin Luther King, premio nobel per la pace, il più conosciuto pastore battista americano,: «Mi trovo in una situazione unica: sono il figlio, il nipote e il pronipote di pastori. Sì, vedo la chiesa come il corpo di Cristo. Ma, ahimè, di quanti sfregi e cicatrici abbiamo coperto questo corpo, per negligenza verso la società e per la paura di apparire non conformisti! C’è stato un tempo in cui la chiesa era molto potente: il tempo in cui i primi cristiani si rallegravano per essere considerati degni di soffrire per quello in cui credevano. Allora la chiesa non era un semplice termometro che misurava le idee e i principi dell’opinione pubblica: era un termostato, che trasformava il costume della società. Quando i primi cristiani entravano in una città, le autorità si allarmavano e subito cercavano di imprigionare i cristiani perché “disturbavano l’ordine pubblico” ed erano “agitatori venuti da fuori”. Ma i cristiani non cedettero, convinti di essere “una colonia del cielo”, chiamati a obbedire a Dio e non agli uomini. Erano un piccolo numero, ma la loro dedizione era grande. Erano troppo inebriati di Dio per cedere a “intimidazioni spaventose”. Con il loro impegno e il loro esempio misero fine a mali antichi, come l’infanticidio e le lotte fra i gladiatori. Oggi la situazione è diversa. Troppo spesso la chiesa di oggi è una voce inefficace, debole, dal suono incerto. Troppo spesso è la prima a difendere lo status quo. Per lo più, la struttura di potere di una comunità non è affatto allarmata dalla presenza della chiesa, anzi è confortata dalla silenziosa – e spesso perfino stentorea – approvazione dello status quo da parte della chiesa stessa. Ma sulla chiesa incombe il giudizio di Dio, come non era mai accaduto prima. Se la chiesa di oggi non recupera lo spirito di sacrificio della comunità ecclesiale dei primi tempi, perderà la sua autenticità, renderà vana la fedeltà di milioni di aderenti, e sarà messa da parte come una associazione qualunque, priva di qualsiasi senso per il XX secolo. Tutti i giorni incontro dei giovani in cui la delusione nei confronti della chiesa si è trasformata in vera e propria avversione».
Provo a ridirlo con altre parole: «Utilizzando un’immagine platonica, Sant’Alberto Magno dice da qualche parte che il cristiano è un albero le cui radici stanno in cielo. Quest’immagine paradossale sottolinea un aspetto essenziale: se è vero che esiste un’identità propriamente cristiana, questa è radicata più nel futuro che nel passato. Le nostre radici, che ci nutrono e ci fanno crescere, sono la nostra destinazione, la condizione divina a cui Dio ci chiama»(Adrien Candiard).
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