Partiti e politici

Tutti ne sparlano: ma qualcuno ha letto e capito le parole di Bertinotti su CL?

19 Aprile 2016

Bertinotti non è mai stato la mia tazza di tè. Anzi. Preferivo già “la destra della sinistra” a non ancora vent’anni, e cioè prima che operosamente e decisamente il Bertinotti si spendesse per far cadere il governo Prodi. Subito dopo nacque un governo D’Alema legittimo costituzionalmente ma fragilissimo politicamente, frutto di un accordo di palazzo artificialissimo e puntellato da Cossiga e Mastella. Mi piaceva la destra della sinistra, va bene, ma c’era un che di troppo. A monte. Di Bertinotti altre cose, più sostanziali, non mi piacevano e non mi convincevano. Il parlare con la cadenza della terrazza romana continuamente di un proletariato del quale conservava un ricordo mitologico risalente a lustri prima. La metafisica mistica di una sinistra immateriale incapace di incidere sui processi, e che anzi scappava con qualche pretesto quando incidere avrebbe potuto (vedi sopra). Il suo aver allevato una nidiata di allievi, cresciuti in adorazione di lui e della moglie Lella senza la benedizione della quale – si narra – nelle file comuniste, selezionate nel salotto dei coniugi, si faceva poca strada. Di questi allievi, il migliore, il più concreto, è stato Nichi Vendola, e facciamoci bastare questo per non andare a contare quanti son passati dal subcomandante Marcos a Marco Carrai nel giro di mezza legislatura.

La premessa è divagante dal cuore del tema, ma doverosa: Bertinotti e quel che rappresenta nella storia della politica italiana e della sinistra mi stanno cordialmente sulle palle, e avrei potuto annoiarvi più a lungo parlando di questioni più serie e noiose per appassionati pornografi della sinistra italiana. Secondo e ultimo disclaimer: non ho mai fatto parte di Comunione e Liberazione, ho amici e persone che stimo che sono radicati in quel movimento ma rivendico tutte le critiche pubbliche e private che ho mosso al movimento. Devo una parte importante della mia personalità al cattolicesimo, ma a quel cattolicesimo che aveva in Carlo Maria Martini il suo leader nautrale: l’acqua santa e il diavolo, e ognuno decida a chi dei due “contendenti” appiccicare quale etichetta.

Epperò. Stamattina leggendo la sua intervista al Corriere della Sera – furbamente intitolata “Il Movimento operaio è morto, solo la Chiesa sta cercando di reagire” e ancora più furbamente sottotitolata: “In CL ho ritrovato un popolo e Carron ci fa riflettere sulla natura del potere” – mi sono ritrovato a pensare che il vecchio Fausto qualche categoria politica ancora la conosce e, tutto sommato, la usa con buona proprietà. Al netto del narcisismo civettuolo che appartiene al personaggio quanto la r arrotata, infatti, è difficile non condividere quanto dice, anzitutto, a proposito della sinistra italiana. A cominciare dalla considerazione che la fine del movimento operaio ha disperso il patrimonio del rapporto col mondo cattolico. Traduzione: da quando la sinistra ha smesso di essere luogo in cui si esprimevano anzitutto le istanze delle masse di lavoratori ed è diventata sigla comoda per fighetti da salotto ha smesso di parlare con l’altra metà del cielo “popolare” italiano: cioè il mondo cattolico. Si potrebbe anche qui precisare e discutere, ma insomma, il concetto c’è.

Di lì in giù, Bertinotti dice alcune verità evidenti, e abbastanza ovvie. Finite le grandi ideologie e le tensioni di redenzioni totali (e totalitarie) che la politica del Novecento portava con sé, a percepire il rischio di un baratro è solo chi, quel baratro di distruzione, ce l’ha iscritto come nemico radicale nei fondamenti del suo credo, e cioè la Chiesa Cattolica. Ancora, a domande rispondendo, spiega com’è nato il suo rapporto con CL e con quel Carròn che in un legame inedito e diremmo organico con Papa Francesco, sta rivoltando il movimento come un calzino, dispiacendo a diversi. I ciellini lo hanno cercato e Fausto, abituato a ben altri palcoscenici, si è fatto trovare. Piano piano si è avvicinato. Li ha frequentati. Si è confrontato. Ha scoperto – ma pensa – che sono esseri umani, che molti sono semplici fedeli e solo una minoranza sono assetati affaristi. No, non si è convertito, e lo dice chiaramente.

Tutto bene? Oggi c’è stato un florilegio di sfottò – tendenzialmente da e di sinistra – al vecchio compagno di viaggio. Tutti hanno ripreso l’intervista, con l’ovvio scopo di fare click proprio sfruttando indignazione e pregiudizio. E nessuno o quasi che abbia sfottuto Bertinotti per l’unica frase che se lo meritava davvero. “Oggi il rischio di una catastrofe è avvertito solo dalle coscienze più radicali, sociali e religiose. La politica si è chiusa in una corazza di ovatta che le impedisce di vedere”.

Tutto bene Fausto, qui manca solo un passaggio: “E io mi batto il petto e chiedo scusa, se c’è uno che ha contribuito a questa oscena tendenza sono io, con l’aggravante di essere marxista”. Avesse detto anche questo, non ci sarebbe stato proprio niente da sfottere.

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