Religione
Tendenze in termini di comunicazione digitale: parola a Giovanni Scarangella
Recentemente a rubare il cuore degli uomini sono state donne immaginarie, non frutto della loro fantasia, bensì dell’intelligenza artificiale. Una notizia che fa certamente scalpore e desta non poche preoccupazioni generando una comune tendenza: la demonizzazione dell’AI. E se quest’ultima, utilizzata nel modo opportuno potesse, invece, essere un utile strumento di marketing e comunicazione? Certamente il suo utilizzo rientra fra i trend della comunicazione digitale 2024. Ci offre il suo punto di vista a riguardo, in questa intervista, Giovanni Scarangella, Marketer e docente presso Università ed enti di formazione.
In qualità di docente e formatore quanto ritieni che le nuove generazioni siano a conoscenza delle potenzialità dell’AI? Pensi che siano pronte a farne buon uso? Ci sono rischi a riguardo?
Come in qualsiasi azione dal web e social network, soprattutto quando i salti innovativi sono rilevanti, difronte all’AI si crea una certa paura e attenzione da parte di tutti ma di fatto le nuove generazioni hanno bisogno sicuramente di educazione in merito ai processi di lavoro legati le intelligenze artificiali. Questo intervento correlato all’educazione deve essere fornito dalle istituzioni perché è da lì che parte la dinamica formativa. Dico questo semplicemente perché l’intelligenza artificiale porta con sé dei rischi correlati ai cattivi utilizzi. Sono, infatti, sempre le modalità di utilizzo a generale le criticità. Di rischi, chiaramente, potenziali ce ne sono come per qualsiasi innovazione, per questo le nuove generazioni vanno educate all’utilizzo, un po’ attraverso campagne come quelle che negli anni sono state fatte in merito all’utilizzo dei social network. E’ qui che si gioca la partita: cioè rendere noto che l’intelligenza artificiale è uno strumento indispensabile per l’evoluzione delle nostre economie, dei nostri processi ma che ha delle necessità di utilizzo. Noi oggi, ad esempio, siamo in grado di poter prendere un video di una persona facendogli dire quello che noi vogliamo sollevando, però, problematica in merito a privacy, al rispetto del diritto. Quindi al momento ci sono chiaramente delle falle e si cerca di far sì che vengano vengano istituzionalmente coperte.
In che modo ci si può difendere dalle ‘false’ immagini prodotto dell’AI? Ci sono strumenti per identificarle o no?
Esistono tantissime piattaforme che ci aiutano a capire se l’immagine è generata con intelligenza artificiale, sono software molto utili tipo. Ce ne sono molti e possono essere utilizzati anche per identificare i video creati tramite AI. Per difendersi è sempre necessario confutare ciò che si vede un po’ come quando era all’Università ci viene spiegata la differenza tra comunicazione e informazione: comunicare è una prerogativa di tutti, informare è una prerogativa di coloro che vanno a confutare. A tutti i fruitori del web deve essere ben chiara una logica secondo cui tutto ciò che viene prodotto in rete può dar vita a fake news che proliferano proprio perché non c’è un’attenzione da parte del lettore nel confutare quello che sta leggendo. La stessa cosa avviene con l’ intelligenza artificiale e quindi è bene avvalersi degli strumenti utili alla verifica dell’origine di un’immagine o video.
Qual è la tua opinione in termini di nuova normativa a cui devono far riferimento gli influencer dopo il caso Ferragni?
Anche in questo caso è fondamentale un intervento delle normative. Nel caso della Ferragni è arrivato troppo tardi per evitare che l’indicazione fornita a chi ha donato fosse fuorviante. La mia opinione è che c’è sempre buco normativo e tutto viene lasciato nelle mani della deontologia professionale di ognuno di noi. Io credo che il tutto non sia voluto, ma sia sempre stata solouna dinamica dettata da noncuranza e, sicuramente, scarsa attenzione da parte dei consulenti e della protagonista. Tutto questo però non deve portare a pensare che in generale tutto l’influencer marketing segua prassi deontologiche illegali. Non bisogna fare di un’erba un fascio.
Quali devono essere le caratteristiche di un podcast affinchè sia seguito?
Come in qualsiasi processo comunicativo, tutto parte dallo studio degli elementi cardine, dai punti di forza dell’azienda cercando touchpoint, quindi punti di contatto, con il fruitore/lettore. Nel caso del podcast, la complessità è anche più ampia perché c’è la necessità di definire non solo il target, quelle che poi tecnicamente sono le buyer personas. Ma c’è bisogno anche di trovare un punto di incontro tra l’ascoltatore e il tuo prodotto o servizio. Quindi il narrare in modo allegro e scanzonato, come nel caso di un podcast che stiamo per lanciare, può essere una strategia vincente. La caratteristiche principale di un podcast efficace è sicuramente la capacità di raccontare in modo scanzonato determinate dinamiche a meno che non si è un’istituzione che richiede un tono serio.
Che progetti hai in cantiere al momento?
Un ultimo progetto che stiamo per lanciare è proprio un podcast per un’azienda che noleggia mezzi di elevazione per il mondo dell’edilizia. Quindi ci stiamo rivolgendo tecnicamente a un target che è molto propenso all’interazione dell’ascolto poiché utilizza i mezzi per spostarsi. Quindi, di conseguenza, stiamo raccontando in modo scanzonato, collegando l’aspetto del sollevare, perché sono mezzi di sollevamento, con il sollevare una brutta figura, come può essere quella di un regalo riciclato messo in evidenza da una bambina. Insomma in modo scanzonato raccontiamo questo.
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