Religione
Abbiamo davvero bisogno di Santa Madre Teresa?
Monica Besra è una donna indiana malata di cancro, viene da una tribù dell’India orientale. Nel 1998 in una spoglia stanza a Calcutta prega un santino raffigurante Madre Teresa. All’improvviso una luce inizia a promanarsi dalla figura, le suore dell’ordine iniziano a pregare intorno alla donna e il tumore a scomparire, per magia. Così Monica Besra sarebbe guarita, almeno secondo il suo racconto. Nel 2002 il Vaticano riconosce ufficialmente il miracolo e inizia così – con tutte le carte in regola – il processo di santificazione della suora che avrà luogo domenica 4 settembre.
La versione del marito della Besra e quella del suo medico però è diversa: il marito racconta che Monica assumeva medicinali da almeno nove mesi. I medici che la curavano sostengono che non si trattava di tumore, ma di una cisti maligna: la guarigione sarebbe avvenuta dopo diversi mesi di cura in un ospedale a Balurghat (qui la ricostruzione del Washington Post).
Le polemiche su Madre Teresa vanno ben al di là i miracoli e sono iniziate almeno nel 1995 con l’ormai famoso libro di Cristopher Hitchen La posizione della missionaria che, sebbene molto polemico nei confronti di una figura ormai incensata incondizionatamente da media e pubblico, ricevette un’accoglienza positiva: lo scrittore indiano Amit Chaudhuri loda il libro sulla «London Review of Books». Il «Sunday Times» parla di uno sporco lavoro che qualcuno doveva pur fare. È sì uno sporco lavoro perché attaccare un personaggio del genere non è cosa facile, e ancora più difficile convincere i suoi ammiratori che forse Madre Teresa proprio santa non lo era.
Lo dicono anche le neuroscienze: secondo il cyberteorico Manuel Castells le menti delle persone non sono dominate da discorsi logico-razionali, come i fondamenti del pensiero post-illuminista hanno tradizionalmente sostenuto, ma gran parte della nostra capacità di prendere decisioni è dipendente dalla risposta emotiva alle informazioni. Basti pensare alle conseguenze del Duelfer Report del 2004: anche dopo la prova concreta che non erano state trovate armi di distruzioni di massa in Iraq, la maggioranza degli Americana restavano convinti del fatto che la guerra in Iraq fosse giusta e che Saddam Hussein fosse in possesso di WMD.
Lo stesso destino è toccato a Madre Teresa di Calcutta: nonostante molti oramai abbiano cercato di proporne un diverso ritratto, lunedì in ogni caso ci sarà un nuovo santo su un calendario oramai troppo sovraffollato.
Cristopher Hitchen, nel suo libro, definisce Madre Teresa “una fondamentalista religiosa, un operatore politico, una predicatrice primitiva, una complice dei poteri mondiali secolari”. Riportando diverse testimonianze, Hitchen sostiene che grandi somme di denaro confluivano nei conti bancari dell’ordine dei Missionari della Carità, ma solamente una minima parte era utilizzata per aiutare i malati e i morenti. Allo stesso modo un reportage di Donal Macintyre pubblicato nel 2005 su «NewStatesman» sottolinea il cattivo stato in cui i bambini venivano curati, l’inettitudine e la non professionalità con cui le cure erano dispensate (a tal punto da rivelarsi, a conti fatti, pericolose). Al 2013 risale, invece, uno studio dell’Università di Montreal che ribalta il mito di generosità e altruismo che circonda l’aura di Madre Teresa, arrivando alla conclusione che l’immagine veneranda della suora sia il risultato di una agguerrita campagna mediatica da parte di una Chiesa sofferente e malandata. Se si pensa che Calcutta è comunemente descritta come l’Inferno in Terra, un luogo desolante e desolato e Madre Teresa l’unico raggio di luce venuto a portare salvezza, si dovrebbe capire che siamo di fronte a una mistificazione che ignora del tutto altri aspetti della città di Calcutta, città pullulante di attività, più prosperosa di Bombay e con un governo comunista (in carica dal 1977 al 2001, eletto democraticamente) che assicurava una serie di servizi sociali (e con ciò non si vuole negare la povertà e la miseria che pure c’erano, semplicemente suggerire che fra il bianco e il nero c’è una vasta scala di grigi).
Fra le varie questioni che emergono dallo studio su citato ci sono le dubbie modalità di cura dei malati, contatti politici questionabili, la gestione delle ingenti somme di denaro che riceveva in donazioni, la sua visione eccessivamente dogmatica su aborto, metodi contraccettivi e divorzio, il battesimo dato ai morenti senza autorizzazione, la difficoltà di ricevere cure mediche nonostante le 517 missioni in 100 diversi paesi. A tutto questo si aggiungono le misere condizioni dei sanatori – non per mancanza di fondi, sostengono gli autori dello studio, ma per una particolare concezione della sofferenza e della morte.
È questo il punto che mi interessa di più: non tanto le ambiguità – spesso irrisolvibili – sull’operato di Madre Teresa, ma il risvolto ideologico della sua operazione (e della sua santificazione). Krithika Varagur sull’Huffington Post America indaga i motivi “coloniali” che si nascondono dietro le missioni di Madre Teresa e la definisce una “martire”, martire non per i poveri dell’India, ma per il senso di colpa bianco e borghese.
Ne L’anima dell’uomo sotto il socialismo Oscar Wilde si prodiga in un’appassionata invettiva contro la carità, un mezzuccio per pulirsi la coscienza e conservare lo status quo (come nella famosa vignetta di Mafalda in cui per risolvere il problema della povertà si suggerisce semplicemente di nascondere i poveri). Da questo punto di vista, come suggerisce Slavoj Žižek in Che cos’è l’immaginario, il profilo ideologico della sua operazione è doppio: in quanto suggerisce al povero e al malato terminale che dovrebbero cercare la salvezza nella loro stessa sofferenza, Madre Teresa impedisce loro di trovare la cause della loro stessa condizione – impedisce loro di politicizzare la propria situazione; allo stesso tempo, essa offre ai ricchi occidentali la possibilità di una specie di «surrogato di redenzione» donando contributi finanziari alla sua attività caritatevole. Il messaggio di Madre Teresa ai derelitti è che la povertà deve essere accolta come via alla redenzione. Ma la vita non è un film di Frank Capra e la povertà non ha nulla di redentivo.
Il «The Guardian» riporta che Maria Teresa sarà il 640esimo santo canonizzato dal 1963, significa circa un santo al mese. Un numero altissimo se consideriamo che dal 1588 al 1963 solamente 218 sono state le santificazioni. Nel Medioevo molte città iniziarono a inventarsi santi e martiri per dare lustro ai propri centri. In questi anni di crisi della Chiesa Cattolica sembra che la tendenza sia di nuovo quella e il Vaticano stia cercando nuove narrazioni che diano fiducia ai suoi fedeli. Il problema che sta dietro alla narrazione (e santificazione) di Madre Teresa però è di tipo ideologico – ed è anche pericoloso. Significa: stai tranquillo uomo bianco occidentale, c’è e ci sarà sempre una santa a far rimanere le cose così come sono e a espiare i tuoi sensi di colpa. Madre Teresa sarà la santa delle persone benestanti perché i miserevoli sanno che la povertà fa schifo e non hanno bisogno di qualcuno che dica loro il contrario e insegni ad accettarla.
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