Religione
Quando l’incomprensibile diventa fondamentale
Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità
Quello che nella vita sembra incomprensibile, molte volte si rivela fondamentale. Ci sono passaggi della vita di cui non ci rendiamo conto, passaggi che sono segnati dalla sorpresa o anche dalla sofferenza. L’incomprensione diventa talvolta talmente pesante e oscura che desideriamo farla finita. Ci sembra impossibile continuare, andare avanti.
È anche la storia di Elia, raccontata nel Cap. 19 del Primo libro dei Re. Elia è un uomo appassionato per la verità, tenace, infaticabile cercatore di giustizia. Ma tutto questo gli costa. Si ritrova isolato, solo, giudicato.
Quando ti sembra che intorno a te tutti la pensino diversamente, quando sei convinto che gli altri stiano sbagliando, quando avresti la possibilità di indicare anche la direzione corretta, non sempre hai le energie e il coraggio di esporti. Non ci vogliamo compromettere, ci tiriamo indietro, pensiamo che non ne valga la pena.
Elia invece ci prova. Vorrebbe convincere gli israeliti a decidersi, a non vacillare, a non farsi schiavi di divinità che non rispondono. I profeti di Baal (che significa proprio padrone) si dissanguano senza ottenere alcun risultato. Somigliano tanto a noi in questo tempo. Continuiamo a chiedere laddove non otteniamo risposta, eppure continuiamo a buttare il nostro sangue.
Elia si ritrova perseguitato dalla regina Gezabele: i potenti usano quelle divinità per esercitare il loro potere sulla gente semplice. Ma arriva un momento in cui anche Elia decide di gettare la spugna. Anche per lui giunge la paura e la stanchezza. E allora Elia fugge dalle sue responsabilità. Si inoltra nel deserto, nell’ignoto, nella solitudine. Vuole spegnersi sotto una ginestra. Però la vita deve continuare. E se guardi bene, il cibo per andare avanti non manca.
C’è un desiderio di vita che non si spegne, è il desiderio di Dio per ogni uomo. Dio ci vuole vivi. E vuole nutrire soprattutto chi, come Elia, non ce la fa più. I Giudei mormorano come Israele nel deserto. Quando hai fame, sei fissato sul tuo stomaco e ti sembra impossibile che Dio possa occuparsi di te.
Per nutrirci Dio sceglie infatti una via paradossale, ma è l’unica possibile: sceglie di diventare vulnerabile come l’uomo. Il pane disceso dal cielo è la sua carne. Nell’antropologia biblica, la carne è proprio il costituente fragile dell’essere umano, quella parte dell’uomo che sperimenta l’indigenza e la morte. Il Verbo infatti si è fatto carne, perché solo nella condivisione della vulnerabilità dell’altro è possibile nutrire la sua vita. Solo se hai conosciuto la fame dell’altro, puoi diventare pane per lui.
I Giudei mormorano perché si scandalizzano davanti alla rivelazione di un Dio vulnerabile. Ma è il solo Dio che salva. Un Dio che non è vulnerabile, sarebbe baal, padrone, una divinità che tiene schiavi e che non ascolta.
Gesù è il figlio di Giuseppe, un uomo vulnerabile. Proprio per questo, paradossalmente, Gesù può capire la nostra fame e nutrirci.
Ed è così che scopriamo anche il senso della nostra vita: nutrire la vita di un altro.
La nostra vita è pane e trova senso solo quando quel pane viene mangiato da qualcuno, solo quando serve a nutrire la fame di qualcuno.
In Gesù, Dio ci chiede di continuare il cammino per diventare pane per qualcun altro.
E allora così l’incomprensibile diventa fondamentale, perché la tua vulnerabilità come le tue ferite non sono più inutili, ma sono il motivo per cui ti accorgi che anche qualcun altro è stanco, non ce la fa più, ha bisogno di ripartire, e forse tu puoi essere il pane che gli permette di ricominciare.
C’è sempre una ginestra sotto cui qualcuno aspetta di morire, non esitare allora a offrirgli quella focaccia che gli permette di ricominciare.
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Leggersi dentro
1. Dove puoi trovare il cibo per andare avanti in questo tempo della tua vita?
2. Come puoi diventare pane per nutrire qualcun altro?
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