Religione
Quando la religione è senza Dio
«Nessuna anima è mai stata salvata dall’odio. Nessuna verità è mai stata dimostrata con la violenza. Nessuna redenzione è mai stata portata dalla guerra santa. Nessuna religione ha conquistato l’ammirazione del mondo per la sua capacità di infliggere sofferenze ai suoi nemici. Malgrado il fatto che queste cose siano state sottoscritte al loro tempo da sinceri credenti religiosi, esse sono un travestimento della fede, e finché non lo impariamo la religione resterà una delle grandi minacce alla pace nel mondo» (J. Sacks).
Il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan ha riproposto in questi giorni l’antico e sempre attuale dibattito sul nesso religioni/violenza.
Un mondo senza religioni sarebbe un mondo più bello e meno violento?
Perché è pur vero che la violenza religiosa ha soprattutto il volto dell’Islam oggi, ma nessuna religione può dirsene immune in modo totale.
Un filippino che si fa crocifiggere il Venerdì santo, un musulmano che si imbottisce di tritolo in nome di Allah, un cattolico americano che uccide un medico che pratica aborti sono la stessa cosa? Evidentemente no.
Eppure una certa parentela lega tutti questi credenti.
Per comprendere cosa può essere questo legame io trovo utile farci guidare dalle pertinenti riflessioni del padre domenicano Adrien Candiard.
Risiede al Cairo dove è membro dell’Istituto domenicano di studi orientali e pubblica apprezzati saggi di teologia e spiritualità.
La sua originale analisi fa riferimento alla teologia.
E ha inizio con l’affermazione di un paradosso: “La vivacità dei fanatismi ci insegna che il fanatismo ha la sua logica; non quella di un eccesso di Dio ma la traccia della sua drammatica assenza…il fanatismo è una messa al bando di Dio, quasi un ateismo, un devoto ateismo, un ateismo di religiosi – un ateismo che non cessa di parlare di Dio, ma che in realtà sa farne a meno molto bene”.
Dio è uscito dall’orizzonte di pensiero dei fanatici lasciandoli soli con l’idolatria delle loro regole.
Candiard riconosce all’illuminismo il merito di aver identificato il fanatismo sotto le mentite spoglie di tutte le religioni.
Ma quei filosofi hanno visto in questa malattia una follia legata all’eccesso di religione, che andrebbe dunque curata con il ricorso alla ragione e con la presa di distanza dalla religione. Ma la conclusione di Candiard è netta: “questa è una terapia che ha fallito. Dopo due secoli e mezzo possiamo constatarlo senza più alcun dubbio: il diffondersi dell’istruzione e la secolarizzazione non hanno affatto avuto ragione del fenomeno. Bisognerebbe essere ciechi per immaginare che i nostri fanatismi contemporanei siano solo una coda di cometa, una battaglia di retroguardia disperata che precede l’imminente trionfo della ragione. La vivacità dei fanatismi ci insegna che, lungi dall’essere una demenza, il fanatismo ha le sue ragioni, la sua logica, la sua coerenza; e che questa coerenza non è quella di un eccesso di Dio ma, al contrario, la traccia della sua drammatica assenza proprio in seno a un discorso pio e religioso”.
La soluzione di problemi religiosi dev’essere religiosa.
La chiusura fanatica è un rifiuto della spiritualità, della relazione con Dio, dell’amore personale di Dio.
Più teologia e più spiritualità, non meno.
“E’ proprio l’esclusione della teologia, cioè di un discorso ragionato e critico sulla fede e su Dio, che favorisce il fanatismo”.
Cammini di ricerca di Dio “perché non è offrendo acqua tiepida che distoglieremo dal fanatismo coloro che sono tentati dalla sua radicalità fasulla, ma proponendo la vitalità di un’acqua viva, che zampilla per la vita eterna”.
Adrien Candiard, Fanatismo! Quando la religione è senza Dio, EMI
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