Partiti e politici
Presidenziali: le ambiguità dei vescovi francesi e le divisioni dei cattolici
In un paese come la Francia che distingue con fermezza i confini tra la sfera civile e quella religiosa, appare abbastanza significativo che diverse organizzazioni religiose del paese abbiano ritenuto necessario schierarsi in favore di Emmanuel Macron e contro Marine Le Pen, e questo strappo alla norma dà l’idea dell’emergenza percepita. Mentre a sinistra e a destra molti leader sembrano più focalizzati sulle elezioni legislative di giugno e sfumano così le dichiarazioni pro Macron, c’è chi ha ben chiara la posta in gioco, sia pure con qualche differenza.
Tra i primi a schierarsi con Macron fin dalla sera del primo turno, ci sono comprensibilmente gli ebrei: se il gran rabbino di Francia, Haïm Korsia, era già vicino al leader di En Marche!, inequivoco è stato l’appello del Conseil représentatif des institutions juives de France (Crif), che si è accompagnato all’impegno dell’Union des étudiants juifs de France (Uejf), l’associazione giovanile ebraica nata dalla Resistenza. Posizioni prevedibili, visto il passato del Front National (Fn), rafforzate dagli ultimi scivoloni dell’estrema destra in materia. Anche i musulmani, spesso ingiuriosamente associati al terrorismo nei discorsi del Fn e per questo angosciati da una possibile presidenza intollerante e discriminante, hanno preso esplicita posizione per Macron: dalla grande moschea di Parigi ai Musulmans de France (ex Uoif), al Conseil français du culte musulman (Cfcm).
Più articolata è la risposta della terza componente della famiglia abramitica, quella cristiana. Netta la posizione della Fédération protestante de France (Fpf), sigla che tiene insieme diverse confessioni (dai luterani agli evangelici), che respinge chiaramente i messaggi del Fn.
Complessa la situazione nel mondo cattolico, in cui la Conférence des évêques de France (Cef) ha diramato una dichiarazione piuttosto vaga sulla necessità di discernimento in vista del secondo turno (anche se difficilmente piegabile in favore del Fn), di fronte alla quale molte associazioni cattoliche e numerosi esponenti del clero e dell’episcopato a titolo personale hanno espresso disappunto per la mancanza della stessa chiarezza mostrata nel 2002, all’epoca dello scontro Chirac-Le Pen; di fatto la Cef non ha mai rinnegato le ripetute dichiarazioni contro Le Pen degli anni passati, anche più recenti, ma stavolta non ha espresso una posizione netta e solenne. L’imbarazzo della Cef è dovuto alla tentazione quest’anno di una parte di cattolici, residenti soprattutto nelle aree rurali del paese, di votare Fn. Il problema dei cattolici francesi, come di quelli italiani del resto, è la presenza di visioni opposte della politica, dell’impegno civile e del rapporto tra coscienza e magistero, tra autorità ecclesiale e responsabilità laica, tra messaggio evangelico e mondo moderno, tra Chiesa e storia.
Le sfumature sono molteplici e ogni semplificazione non rende giustizia delle varie articolazioni, ma in generale possiamo collocare da un lato gli intransigenti che, identificando fede e politica, hanno una visione statica della società e della cultura, ponendosi di fatto in opposizione al mondo moderno; dall’altro ci sono coloro che, consapevoli della complessità del mondo contemporaneo, sostengono la necessità di operare nella politica e nella società attraverso un’opera di mediazione e di dialogo con le altre istanze culturali, anche quelle più lontane dalla sensibilità cattolica. Non è una mera riproposizione del clivage destra-sinistra, perché nel secondo gruppo rientrano anche quelle correnti di matrice cattolico-liberale che si collocano politicamente a destra.
Anche in Francia, dunque, ci sono realtà fortemente intransigenti, che hanno visto in alcuni cambiamenti sociali più recenti una minaccia per la loro identità: in particolare la legge Taubira sul matrimonio egualitario e la nuova sensibilità in materia di bioetica hanno rinvigorito componenti integriste del mondo cattolico che altrimenti sarebbero rimaste afasiche e non rappresentate. Restano posizioni minoritarie in seno alla Chiesa, per quanto fortemente organizzate e presenti nei mezzi di comunicazione, ma occupano uno spazio meno ristretto di quelle che si sono sempre riconosciute nel Fn, radicate a loro volta nella storia di miti come quelli del movimento controrivoluzionario vandeano, del movimento anti-dreyfusardo o dell’Action française. La gran parte dei cattolici (e dei cattolici integristi) ha scelto, al primo turno, François Fillon, più credibile di Marine Le Pen nella difesa dei “valori non negoziabili”, ma è prevedibile che molti di loro, come per esempio la maggior parte dei seguaci di Sens Commun, alla fine voteranno per l’estrema destra.
Poi ci sono gli altri cattolici, quelli che hanno posizioni più articolate sui temi “eticamente sensibili” (come nel caso del mariage pour tous) o che, pur rimanendo personalmente contrari ad alcune pratiche oggi consentite, riconoscono l’esigenza della libertà di scelta e del confronto con culture non religiosamente ispirate (nel caso della difesa della vita nascente e della ricerca scientifica). Per questi cattolici, che si assumono la responsabilità di partecipare al dibattito e alla vita politica in un continuo dialogo con le altre culture, non per mera accettazione di un ruolo che li vede ormai in minoranza ma per convinta adesione a un evoluto modello di società plurale, la difesa dei valori su cui si basa la convivenza della comunità nazionale non occupa una posizione secondaria nelle riflessioni sul loro impegno civile.
Così, sfidando i dilemmi e i silenzi dei vescovi francesi, l’appello delle organizzazioni cattoliche che operano nel campo sociale (dalla Caritas agli Apprentis d’Auteuil, da Terre Solidaire all’Ordine di Malta e una trentina di altri soggetti) a difendere i valori oggi minacciati dal Fn, nel nome della dottrina sociale della Chiesa e dei principi di solidarietà e fratellanza, rafforza la presa di posizione del quotidiano «La Croix» e anche dei gesuiti di «Études» e del Centre de Recherche et d’action sociales (Ceras): questi ultimi hanno sottolineato la necessità di costruire una società in cui prevalgano «l’apertura, il dialogo e la partecipazione», in difesa dei valori cattolici oggi richiamati con insistenza da papa Francesco, con un invito a sostenere Macron. Questi, che condivide con la Chiesa lo sguardo ottimista verso l’apertura all’altro, la solidarietà, il tema della libertà religiosa e perfino la critica del colonialismo francese – un fatto inedito per un candidato così vicino alla presidenza, per questo fatto oggetto di pesanti strali da Le Pen, ancorata come il padre all’inquietante mito dell’«Algeria francese» –, ha posizioni più distanti da quelle del mondo cattolico su temi come il matrimonio egualitario e la libertà di scelta sull’aborto, ma suscita qualche interrogativo anche per le sue posizioni liberali in economia (fattore che però non ha impedito un massiccio voto cattolico per il thatcheriano Fillon). Così, alcuni cattolici nutrono la speranza che una presidenza Le Pen possa abrogare la legge Taubira, o apportare restrizioni alle norme sull’aborto (anche se la candidata all’Eliseo non sembra personalmente orientata in questo senso), nell’illusione che al contempo la chiusura della Francia al mondo prospettata da Le Pen possa diventare la premessa a una nuova cristianizzazione dell’Esagono. Speranza fondata però su un modello di Chiesa che non tiene conto del messaggio cristiano nel suo complesso, dell’eredità del Concilio, del magistero dell’attuale pontefice, della storia dello stesso cattolicesimo francese, che ha prodotto nel secolo scorso alcune tra le più alte figure di teologi e filosofi cattolici che hanno contribuito a plasmare il rinnovato rapporto della Chiesa con il mondo.
Le altre principali comunità religiose (quella ebraica e quella musulmana), pur divise e plurali al loro interno, hanno individuato le priorità e hanno saputo alzare le barriere del “fronte repubblicano” in vista della minaccia rappresentata da Le Pen, senza equilibrismi rispetto alle posizioni dei singoli ebrei e musulmani che per varie ragioni personali voteranno per il Fn. Alla fine di questo processo elettorale, il mondo cattolico francese dovrà invece aprire una riflessione sull’incapacità delle sue componenti apicali di fugare i dubbi sul posto dei cattolici, se dentro o fuori il perimetro di quel terreno democratico e repubblicano francese che hanno finora condiviso, e soprattutto di dire parole chiare e definitive sulla discutibile contiguità tra alcuni gruppi di cattolici e il movimento lepenista.
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