Religione

Pintacuda, un prete di frontiera

4 Settembre 2019

Il 4 settembre del 2005 veniva, improvvisamente, a mancare padre Ennio Pintacuda, il gesuita che, per quasi trent’anni, ha rappresentato per Palermo, e non solo, un punto di riferimento per quanti donne e uomini di buona volontà aspiravano ad un rinnovamento della politica nel segno dei grandi valori espressi dalla cultura occidentale.

Pintacuda, uomo dotato di grande carisma, aveva infatti impegnato le sue forze culturali e morali per fare emergere una nuova generazione di giovani interessati alla politica con la P maiuscola, a spendersi sul campo, confidando in essi come futura risorsa per dare vita ad una classe dirigente capace di accoppiare alla necessaria competenza un grande senso di responsabilità nei confronti della comunità.

E, per raggiungere questo scopo, padre Ennio considerò fondamentale una robusta preparazione politica e sociale, promosse infatti luoghi di confronto plurale dove venissero offerti quegli strumenti di formazione necessari dei quali, da tempo, si sentiva allora, e ancor più oggi, una colpevole mancanza.

Non è un caso che a Pintacuda, al suo lavoro “nella vigna del signore”, si siano  intestate numerose e lodevoli iniziative, a cominciare dall’impulso dato al Centro di formazione Arrupe di Palermo e, poi,  agli stage di Filaga, La libera università della politica che hanno visto larghe partecipazioni di allievi motivati dallo spirito comunitario e dalle presenze di relatori e animatori fra i più noti nel panorama culturale e politico isolano e nazionale.

Da non dimenticare, inoltre, le sue battaglie per la legalità, qualche volta fraintese, di cui la lotta alla mafia è stato il pezzo forte. Quelle iniziative sono divenute parte importante della storia civile della Sicilia e di Palermo, in particolare.

E poi ancora come animatore di movimenti politici che hanno scosso gli equilibri del potere cittadino,  come Città per l’uomo, o addirittura nazionale come la Rete, di cui è stato cofondatore. Proprio Pintacuda è stato, infatti colui che, come consigliere spirituale e politico, ha aperto la strada al successo di  Leoluca Orlando, un pupillo che si rivelò in seguito così poco riconoscente.

Pintacuda è stato, in fondo, uomo contro, tanto poco gradito al potere del tempo da essere definito, dal presidente Francesco Cossiga, come “fanatico gesuita” e dal socialista Craxi come “padre Barracuda”.

Non piacevano certe sue esasperazioni giustizialiste che arrivavano a fargli far propria frase “il sospetto è l’anticamera della verità”. Pintacuda, in un certo qual modo è stato antesignano dell’antipolitica ma nel senso positivo del termine, e proprio per la onestà della sua posizione, fu inviso allo stesso antipotere di cui era intanto divenuto leader indiscusso proprio il suo pupillo Orlando.

Proprio con Orlando  maturò nei suoi confronti una drammatica rottura che non sarà mai sanata.

Pintacuda fu, infine, un uomo di sguardo lungo, lo dimostrò – con lucida preveggenza, negli ultimi anni della sua vita e nel tempo in cui ancora non era esplosa nella sua drammatica gravità il problema delle migrazioni – quando tentò di promuovere un ambizioso progetto di collaborazione euro mediterranea favorendo incontri e relazioni fra la Sicilia e le sponde nord dell’Africa.

Un uomo, dunque, che ha lasciato un segno,  e che i suoi estimatori e discepoli come chi scrive, ma anche l’architetto Michele Salamone, l’ingegnere Giacomo Greco, l’avvocato Pierluigi Matta e il prof. Maurizio Carta, non hanno dimenticato.

 

 

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