Religione

Per te Natale finisce qui! Consolazione per chi non si lascia sorprendere da Dio

9 Dicembre 2016

La teologia non è propriamente discorso dell’uomo su Dio,
ma un dialogo fra gli uomini sul modo più corretto per parlare di Dio.
Abelardo

La realtà è superiore all’idea, scriveva papa Francesco nell’Evangelii Gaudium.

Ce lo dice per svegliarci dalle false immagini che ci facciamo di noi stessi e del mondo, e ancor più frequentemente per le costruzioni mentali che ci facciamo dell’immagine di Dio.

Per fortuna però prima o poi la realtà bussa drammaticamente alla nostra porta e manda in frantumi le impalcature mentali che ci siamo costruiti. Le ideologie nascono quando non vogliamo più ascoltare la realtà, quando pretendiamo cioè che sia la realtà a obbedire alle nostre attese.

Quest’opera di manipolazione coinvolge anche Dio: spesso ci facciamo la nostra immagine di lui e non sempre siamo disposti a rivederla e a metterla in discussione. Eppure, diceva sant’Agostino se lo comprendi non è Dio. Le nostre immagini di Dio, quelle che gelosamente custodiamo e che vogliamo persino imporre agli altri, non sono mai Dio.

L’immagine è un idolo e come tutti gli idoli prima o poi ci rende schiavi. L’idolo inizialmente ci soddisfa, sembra una risposta gradevole alle nostre speranze, ma poi non riusciamo più a liberarcene e ci costringe a vedere le cose sempre dalla sua prospettiva. L’idolo ci tiene schiavi perché ci impedisce di cercare ancora.

Un giorno il re di Persia bandì un concorso. Bisognava ritrarre il volto del Re. Vennero artisti da tutte le parti del mondo: gli Egiziani con splendidi blocchi di marmo, gli Indù con incredibili colori, gli Armeni con una misteriosa creta, infine una popolazione sconosciuta venne armata solo di stracci e acqua.

Ciascun popolo si chiuse in una stanza e si mise a lavoro. Dopo due settimane, il Re passò per vedere chi aveva ritratto meglio il suo volto.

Il re ammirò le splendide pitture degli Indù, i modelli degli armeni, le statue degli egiziani, poi entrò nella sala del popolo sconosciuto e, apparentemente, sembrava che questi non avessero fatto niente, si erano limitati a lucidare con gli stracci e l’acqua le pareti della sala. Così quando il re si avvicinò poté vedere il suo volto splendidamente riflesso.

Il popolo dal nome sconosciuto vinse il concorso, perché aveva capito che solo il re può rappresentare il re.

Anche Giovanni Battista si era costruito una propria immagine di Dio, ma la sua beatitudine consiste proprio nella capacità di metterla in discussione.

Dio che viene nella storia ci chiede di lasciarci sorprendere.

Solo quando avvertiamo questo urto tra quello che pensavamo di Dio e come invece Dio si rivela nella nostra vita, allora comincia davvero la ricerca autentica di Dio.

Se Giovanni Battista fosse rimasto alla visione di Dio che aveva espresso nel capitolo 3 del Vangelo di Matteo, non avrebbe mai incontrato Dio, ma solo l’immagine che se ne era fatta. Un’immagine che rischiava di tenerlo prigioniero per sempre, peggio delle prigioni di Erode!

Se non ci lasciamo sorprendere da Dio, ne siamo scandalizzati: come Giona che si scandalizza davanti a una misericordia che non capisce.

Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: è la realtà che ci parla, che ci scuote, che ci istruisce. È guardando la realtà che Giovanni può incontrare Dio, non chiudendosi nelle proprie idee.

Per incontrare Dio occorre scomodarsi e fare la fatica umile di abbandonare i propri pregiudizi. Giovanni Battista è il vero discepolo perché è colui che si lascia mettere in questione, non si arrocca nelle proprie convinzioni.

Tra noi, forse anche nella Chiesa, ci sono tanti maestri e pochi discepoli, tanti che pretendono di insegnare, ma pochi che si lasciano incontrare dalla novità sorprendente di Dio. Per questi maestri non sarà mai Natale!

*

Testo

Mt 11,2-11

Leggersi dentro     

  • Qual è l’immagine di Dio che ti sei fatto? Sei disposto ad abbandonarla?
  • Se ti guardi intorno, cosa dice la realtà a proposito di Dio?
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