Partiti e politici
Partiti politici in parrocchia
Immaginiamo una conferenza di Renzi sulle realizzazioni del governo in una sala parrocchiale, oppure un discorso di Grillo sul reddito di cittadinanza dall’altare di una chiesa, o ancora un convegno di Salvini sulla politica monetaria europea all’interno di una festa parrocchiale. Anche se non si esplicita il logo del partito, relatore e programma sono facilmente identificabili con il partito politico e questo creerebbe qualche imbarazzo nella diocesi. Un evento di partito ospitato in una sala parrocchiale dà l’impressione ai fedeli meno formati e meno informati che le idee politiche trasmesse in quella sede vengano dalla Chiesa. Una kermesse di partito che si tiene addirittura all’interno di una chiesa, con il logo a coprire il tabernacolo, il relatore sull’altare e un programma presentato all’interno degli eventi parrocchiali offre un messaggio molto grave e pericoloso.
Qualcosa di simile sta avvenendo con altri protagonisti in diverse parrocchie qua e là in Italia e, se i vescovi non sono intervenuti, ciò è in gran parte dovuto al fatto che probabilmente non hanno riconosciuto i nomi e il partito, marginali nel dibattito e nei risultati elettorali, ed è verosimile che gli stessi parroci – soprattutto quelli più anziani che non ricorrono a internet per cercare informazioni sugli interlocutori – non abbiano ben capito i termini del problema. Ma la questione apre comunque qualche interrogativo.
Nella chiesa di San Domenico, a Salerno, si è svolto il 1° giugno un evento di un partito politico, il Popolo della Famiglia, presentato come “festa della famiglia”, il cui segretario, Gianfranco Amato, ha tenuto un discorso sull’altare. Le immagini, ricavate dalla pagina Facebook degli stessi organizzatori, sono eloquenti. Ma altre parrocchie in questi mesi in Italia stanno ospitando le conferenze dello stesso segretario del partito che, anche quando non esplicita il logo del suo movimento politico, ne declina il programma e l’impianto ideologico. Nel calendario di incontri disponibile sul suo sito internet, nell’ambito del tour organizzato con il cantante Povia, Amato si presenta come presidente di un’associazione di avvocati, e non in tutte le occasioni anche come segretario del partito. Ma il titolo dell’evento è sempre lo stesso (“Invertiamo la rotta”) e molti di questi incontri si tengono in ambienti parrocchiali.
Qui non si vuole entrare nel merito del diritto di una parte del clero di aderire in forma anche esplicita a certe posizioni politiche. Né si vuole criticare la scelta di alcuni membri del clero di provare nostalgia per una visione tradizionalista del cattolicesimo che prende forma in certe discutibilissime battaglie come quelle che proclamano i cosiddetti “valori non negoziabili”. L’arcipelago tradizionalista dentro e fuori la Chiesa, pur non essendo di infime proporzioni, tende ad autoemarginarsi scegliendo di uscire dal confronto sulle grandi questioni che investono la Chiesa e la società contemporanea, ma anche dividendosi in gruppuscoli che si scomunicano a vicenda, accusandosi reciprocamente di apostasia, nel tentativo di presidiare in forma esclusiva questo spazio.
Tuttavia i sacerdoti dovrebbero prestare bene attenzione a non valicare il limite che separa la loro libertà di privati cittadini dalla funzione di rappresentanti di un’istituzione con un orizzonte ben più ampio della loro visione.
E’ un problema per lo Stato, perché si assiste a un’inedita forma di ingerenza ecclesiale nonostante le norme e le prassi consolidate. E’ un problema per la Chiesa, perché vicende come questa propongono una questione tutta intraecclesiale sulla fedeltà dei sacerdoti e dei vescovi al magistero papale e sull’adesione loro e dei fedeli ai principi della Chiesa postconciliare.
Non è un caso che la maggior parte delle diocesi italiane vieti la concessione di spazi parrocchiali a manifestazioni politiche (gli altari delle chiese in genere non sono menzionati, ma forse perché nessuno immagina che si arrivi a tanto), in linea del resto con gli orientamenti della Chiesa dal Concilio in poi.
Sarebbe ora che le diocesi prestassero maggiore attenzione a queste scelte di alcune parrocchie, nell’interesse e nel rispetto dei fedeli.
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