Religione
Papa Francesco, Nancy Brilli e i diritti delle donne: dov’è l’errore?
Sono alla disperata ricerca di una mezza scusa, un pretesto qualsiasi, anche magari una debolezza della carne a cui comunque mai crederò, insomma sto ravanando come un sorcio nella rumenta delle ipotesi per immaginare un motivo, uno solo (anche mezzo, appunto) perché Francesco, il nostro Francesco, quello che ci fa sognare, che parla serenamente di culattoni e lesbiche, sposalizi tra maschi femmine e cantanti, quello che ti esalta con la storia che se tocchi la sua mamma lui ti dà un calcio nelle palle e ti lascia lì, a urlare di dolore, quello che ha messo il pepe nel sedere a questi mammasantissima vaticani, quello che ha fatto sloggiare dalla poltrona l’”umile” Bertone, costringendolo a “rifugiarsi” in una modesta magione di 400 e passa metri dove monsignore si dà allo sgavazzo spinto tra tartine al caviale e champagne di marca, ecco, cerco di trovare uno solo di questi motivi, piccolo, infinitesimale, indistinguibile anche microscopio, per cui al nostro Papa Francesco, autentico mito dei tempi moderni, sia venuto in mente (in che modo, in quale parte del cervelletto e soprattutto perché) di invitare a casa sua, a Santa Marta, Nancy Brilli per farci quattro chiacchiere. Avete capito? NANCY BRILLY!! E non una sola volta, più d’una, come la medesima rivela a Repubblica: «Ha influito molto nella mia vita, perché l’ho conosciuto personalmente. Ci ho parlato a lungo e ha conosciuto anche mio figlio. L’apertura del Papa è vera: non mi sono sposata in chiesa – dice ancora la Brilli – sono divorziata due volte. In altri tempi, non sarei neanche potuto entrare a Santa Marta».
Noi ci ostiniamo a pensare che anche in questi tempi grami per Nancy Brilli i cancelli di Santa Marta dovrebbero essere sbarrati, se non per motivi eccezionali che ancora non scorgiamo. Una delle ipotesi, ma qui è solo Francesco che può confermarlo, è che la sua visita sia immediatamente successiva a quella di Eugenio Scalfari, visitatore periodico di Santa Marta, che il Papa insomma sia così depresso dopo aver colloquiato per tre-quattro ore con il fondatore di Repubblica che alla ricerca di un contraccolpo erotico-emozionale abbia chiesto a Monsignor Ravasi di convocargli una delle attrici più sensibili del cinema italiano. Nancy Brilli, appunto.
La quale è al centro di uno scandaletto vaticano che di per sè avrebbe nessun peso specifico, ma che identifica in maniera plastica l’assoluta incapacità della Chiesa Cattolica a rapportarsi con il mondo femminile nel momento in cui decide (ahiloro, le donne) di occuparsene. Il Pontificio Consiglio della Cultura ha imbastito una due-giorni di convegno (5-6 febbraio) che ha già un titolo babbeo: «Le culture femminili: uguaglianza e differenza». Una frase così indistinta, senza indirizzo, senza la minima profondità, che non riesce a fare neppure un passo più in là per paura di precipitare in un punto di vista. I temi vanno da “Uguaglianza e differenza: alla ricerca di un equilibrio” al “Corpo femminile tra cultura e biologia” a “Le donne e la religione: fuga o ricerca di nuovi modelli partecipativi?” Ne discutono professoresse delle università pontificie più spruzzatine laiche, del tipo Fiona May (?) o Lucetta Scaraffia.
Il presidente del Pontificio Consiglio è monsignor Ravasi, persona sensibile, di buonissimi studi e di profondità accertata. Anche a un mangiapreti di professione non sfuggirà la bellezza di certi suoi minuscoli accenni sul Domenicale del Sole 24 Ore. Dobbiamo pensare che monsignor Ravasi ha avuto un impazzimento temporaneo, capita anche alle persone profonde e non c’è da preoccuparsi, basta sapersene rendere conto per tempo e porre rimedio. Per pompare questo convegno, sin da Natale monsignore immagina che ci sia un modo intelligente e il “suo” modo intelligente sarebbe quello di coinvolgere in prima persona una donna di una certa notorietà perché possa coinvolgere e trasferire ad altre donne il senso alto di una missione. Il senso sarebbe quello di dire attraverso degli spot raccontati: crediamo in noi stesse, noi ci siamo, alle domande che quotidianamente noi donne ci poniamo la Chiesa può dare delle risposte concrete.
E che ti inventa Monsignore? Invece di cercare ispirazione da Madre Teresa o anche da Tina Modotti e poi giudiziosamente trovare la giusta mediazione tra due così significative, ti chiama insospettabilmente Nancy Brilli (di cui vi alleghiamo filmografia), la quale illustra il mondo e le problematiche femminili sia in lingua inglese sia in lingua italiana. L’aria da professoressa americana, un filo gattona, l’occhiale intrigante sulla punta del naso, la Brilli racconta un mondo così edulcorato e fiabesco che una certa parte del mondo anglossassone prende per le orecchie il povero Ravasi: uè monsignore sveglia, il mondo delle donne è ben altro, è fatto di costrizioni, violenze, nulla di zuccheroso come vorreste farci credere. L’altra parte americana, la più retriva, si lamenta invece perché la Brilli ammiccherebbe troppo al punto da far uscire il suo aspetto «sexy». Fatto sta Ravasi va in confusione e toglie il filmato in inglese dal sito.
Ma questo è ancora nulla. Nel tentativo di risalire la china, il “duo-maraviglia” Ravasi-Brilli la butta sulla chirurgia estetica nelle sue forme più esasperate definendola «burqa di carne», espressione coniata anni fa da Barbara Alberti. Per cui ci sarebbe una chirurgia buona e una cattiva, la cristianamente buona quella – ci dice la Brilli – che restituisce la pace a una donna (o un uomo) che non sono in sintonia con il proprio corpo, per cui ben venga il ritocchino: «Se tra me e il mondo c’è un naso gigante. E decido di farmelo ridurre, ho il diritto di farlo». La cattiva, ovviamente, quella che è «sotto il giogo del modello femminile unico», così ci dice Ravasi, che poi illustra il concetto: «Impressionante è la crescita della chirurgia estetica per aderire a un modello estrinseco: oggi le diciottenni chiedono per il compleanno un seno nuovo».
Dice bene il cardinal Ravasi: aderire a un modello. Ciò che esattamente chiede la Chiesa, da sempre e soprattutto con un atto di fede, non con un processo razionale: questo processo non dovrebbe appartenere alla chirurgia estetica nelle sue forme più disparate?
Monsignore, facciamo così. Io domenica riprendo la lettura del Sole 24 Ore come se nulla fosse accaduto. Il mio è un autentico atto di fede, che spero Lei apprezzerà.
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