Religione

Non so come prego io

18 Luglio 2015

Gesù era stato in disparte a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (Luca 11:1)

Signore insegnaci a pregare.
Con questa richiesta degli apostoli a Gesù abbiamo poca confidenza.
Lettori del vangelo e predicatori corrono avanti perchè subito dopo arrivano le parole del Padre nostro.
Eppure questa supplica è anch’essa molto importante e trascurarla ci consegna ad una lettura superficiale della stessa preghiera che Gesù ci insegna.
La verità di queste parole degli apostoli è semplice: non siamo capaci, non sappiamo come fare. Ci appartiene una povertà da cui non sappiamo da soli come uscire.
«Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili; e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio» (Romani 8:26-27)
Ogni supplica è bisogno di un cuore che ascolti, di un volto che si chini, di una relazione per condividere.
E questa è già preghiera.
Quella più semplice che tutti, almeno una volta nella vita, hanno fatto.
L’ha fatta, ad esempio, chi per una volta è diventato pellegrino.
Camminare è sempre cercare una parola, desiderare un incontro, un abbraccio.
Questa preghiera l’ha fatta chi almeno, per una volta, ha dovuto mendicare. Non chiedere qualcosa offrendo qualcos’altro. Ma proprio chiedere senza poter accedere ad uno scambio.
Se non passiamo attraverso la consapevolezza del nostro bisogno di capire, di sapere, di imparare, la nostra preghiera rischia subito di essere una pretesa, una sottile violenza, il ricatto di chi non riconosce la libertà e la grandezza incommensurabile di Dio.
«Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non fate dunque come loro, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate» ( Matteo 6:7-8).
Ascoltare, tacere, riposare. Sono altrettante azioni che sono preghiera quanto il parlare e l’invocare.
A volte mi capita di partecipare a riti religiosi chiassosi, tutti giocati sull’unico registro dell’entusiasmo, privi di silenzio.
Non ne ricavo se non fastidio per lo spreco di parole e di musica, un pieno che ignora quanto sia decisivo per incontrare il vero Dio l’esperienza del vuoto.

“Io non so come ti prega mio padre, nè mio fratello, nè mio zio;
non so nemmeno come ti pregava la tua madre, Maria.
Non so come ti pregano le stelle e i rami di corallo in fondo al mare,
nè quei cuscini di muschio che fioriscono in alto, sulle rocce.
Non so come ti prega il gatto e il topo, e la pulce nel pelo del topo.
In fondo, Signore, non so nemmeno come prego io.
So come preghi Tu: come mormori piano, in fondo al cuore; ed io sto appena ad ascoltare”

(Adriana Zarri)

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