Religione
Non sempre la storia rende giustizia
Il 17 aprile del 1848, nella notte in cui nelle case degli ebrei si celebra il “passaggio salvifico”, una squadra di operai iniziò l’abbattimento delle mura del Ghetto di Roma che separava il quartiere dei giudei dal resto della città.
Quel simbolo di segregazione, che certificava la condizione di minorità della comunità ebraica, veniva spazzato via per decisione di uno dei pontefici più disprezzati della storia della Chiesa.
La decisione era stata, infatti, assunta da Giovanni Maria Mastai Ferretti, assurto alla cattedra di Pietro due anni prima, cl nome di Pio IX.
Nella memoria storica proprio questo Papa era stata cucita addosso la nomea di antisemita, operazione a cui si erano prestati anticlericali e massoni che non gli avevano mai perdonato il voltafaccia di colui che nei primi passi del suo magistero era apparso incarnare l’ideale neoguelfo, cioè un’unità della penisola come federazione dei diversi stati ivi esistenti sotto la presidenza, appunto, del pontefice romano.
Non che il neoguelfismo piacesse a quelli che definiamo democratici e radicali, i quali coltivavano l’ideale repubblicano e sostenevano l’emarginazione della Chiesa, ma perché proprio nel “voltafaccia” potevano trovare alimento a sostegno della polemica antireligiosa.
A papa Mastai, ultimo papa re, che pure qualche colpa l’ha avuta, questi antagonisti rimproveravano danche di avere adottato o confermato provvedimenti discriminatori nei confronti della comunità ebraica.
Un’accusa di cui però, leggendo la storia di questo pontefice vissuto in anni difficili, non si trovano tracce evidenti mentre, al contrario, di tracce significative se ne trovano, in abbondanza, per dimostrare proprio il contrario visto che nei confronti degli ebrei, Pio IX manifestò un atteggiamento benevolo che non trova nelle storie dei suoi predecessori.
L’abbattimento delle mura del Ghetto, che consentiva la libera circolazione dei figli di Israele nella città di Roma, costituiva un fatto rivoluzionario che palesava la sua attenzione verso i sudditi ebrei, ma a ben guardare la storia di questo pontefice, si po’ ben dire che non costituì un atto isolato.
Basta, infatti, ricordare il provvedimento di amnistia che, il nuovo Papa, appena eletto, concesse “anche agli innocenti del Ghetto, agli ebrei che vivevano là come in una prigione e dispose, inoltre, che quelli tra loro che erano in ristrettezze avessero parte agli aiuti coi quali aveva dato un po’ di gioia ai poveri di Roma”.
A questo si deve aggiungere un provvedimento apparentemente di poco conto ma in realtà molto significativo sul piano del riconoscimento della dignità degli ebrei, quale fu la soppressione della vergognosa cerimonia con la quale si inaugurava il carnevale capitolino, una cerimonia che imponeva l’obbligo per i rappresentanti della comunità ebraica di recarsi a rendere omaggio agli amministratori della giunta capitolina.
La cerimonia era, infatti, occasione per una tradizionale e plateale umiliazione dei giudei, in quanto si autorizzava il popolino romano ad accompagnare quell’atto, di per sé ingiusto, con scherzi, schignazzi e derisioni di ogni genere che marcavano ancor di più la condizione degradante in cui gli ebrei erano costretti a vivere.
La particolare attenzione di Pio IX fu ulteriormente segnata dalla preoccupazione per le condizioni economiche delle famiglie povere della comunità ebraiche romane. Alle famiglie povere il Papa dispose, infatti, che venisse erogata ogni anno la somma di 300 scudi che coprivano, in parte, i fabbisogni dei singoli nuclei familiari.
E per finire, l’estensione alle famiglie ebraiche, che fino ad allora ne erano escluse, di un beneficio singolare, si trattava dell’elargizione della somma di 60 scudi destinati alle famiglie numerose, ove per numerose si intendeva che avessero almeno dodici figli.
L’abbattimento delle mura del Ghetto fu dunque il coronamento di un impegno per superare l’odiosa discriminazione nei confronti dei figli di Israele, un impegno che la memoria storica ha dimenticato regalando a questo sfortunato Papa un’accusa ignominiosa di antisemitismo che, ad un sereno giudizio, appare assolutamente infondata.
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