Religione
Idee confuse sull’indirizzo di Gesù
Di recente, in un colloquio spirituale, una persona si lamentava di non essere riuscita ad arrivare a Natale con un cuore pulito. Si era impegnata – mi diceva – ma alla fine si era ritrovata con un cuore che somigliava più che altro a una stalla. Tra me e me ho pensato: è proprio quello il cuore dove Gesù vuole abitare. Gesù nasce in una stalla non in una camera sterile.
Fin dall’antichità gli uomini furono turbati dal buio che aumentava nelle giornate d’inverno. Temevano che prima o poi il sole non sarebbe più sorto e che tutta la vita sarebbe stata avvolta dalle tenebre. Pian piano, però, proprio nel cuore dell’inverno, il sole cominciava a vincere la sua battaglia, diradando sempre più l’oscurità della notte.
A volte, forse, abbiamo l’impressione che anche la nostra vita somigli ad un lungo inverno. Siamo anche noi presi dallo scoraggiamento. E la vita ci sembra un lento procedere verso un inesorabile declino. E le vicende della storia, la debolezza delle istituzioni, gli inganni della finanza, non fanno altro che consolidare l’impressione di vivere in una lunga notte dell’umanità.
È dentro questa notte dell’umanità che risuona l’annuncio di una parola che squarcia le tenebre: la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
La parola è lo strumento privilegiato della comunicazione. Il modo in cui parliamo dice il modo in cui amiamo: le parole possono essere vere o false, ambigue o chiare, distorte o autentiche, proprio come le nostre relazioni.
Dio ricomincia proprio dalla Parola. Come all’inizio della Genesi (Dio disse…), Dio esprime ancora una volta il suo desiderio di parlarci, di venirci incontro, di creare una relazione. Se all’inizio della Genesi, la Parola donava vita, adesso la Parola si fa vita, prende un volto. La Parola si fa più vicina, persino intima, quasi a voler assicurarsi di raggiungerci nella concretezza della nostra esistenza. La parola diventa Qualcuno. La relazione diventa personale.
Come l’inizio della Genesi, così anche il Prologo di Giovanni inizia con l’espressione in principio. Un’espressione che non indica solo un inizio, ma anche la causa, o meglio il principio che mette ordine, la ragione della vita, il motivo, il perché dell’esistenza. A volte infatti ci sembra proprio di aver perso questa ragione della vita, questo senso, questo motivo più profondo delle cose. Giovanni ci ricorda che un nuovo inizio è possibile: in Cristo ciascuno ha la possibilità di ricominciare, di ritrovare il senso, ovunque tu sia oggi nel cammino della tua vita.
Le tenebre ritornano di tanto in tanto nella vita. Ma le tenebre non sono mai l’ultima parola. La notte dell’inverno non è senza fine. Ancora una volta, come nella Genesi, così all’inizio del suo Vangelo, Giovanni ci ricorda che la Parola mette ordine nel caos della vita. Nella nostra vita frammentata, caotica, dispersa, la Parola viene a rimettere ordine, viene a fare luce. Vedere come stanno veramente le cose è infatti il primo passo necessario per poter rimettere le cose in ordine. Solo la Parola di Cristo, quella parola che è fin dall’inizio, può trasformare il caos della vita in un cosmos, in una vita che non è solo ordinata, ma bella (non a caso, cosmos ha la stessa radice di cosmetica).
Il Prologo di Giovanni è allora chiaramente un annuncio di misericordia. Possa questo Natale del Signore Gesù essere il Natale della misericordia! Un Natale in cui le parole tornino ad essere parole di misericordia, cioè parole autentiche, parole di incoraggiamento, parole chiare. Se le nostre parole sono parole ingannatrici, ambigue, svalutanti, non saranno parole di misericordia.
Sarà un Natale di misericordia se lasciamo che Cristo ci aiuti a fare luce nel disordine della nostra vita, nelle tenebre del peccato, nell’oscurità di un’anima che fa fatica a sperare. Cristo è luce di misericordia, luce che non giudica, ma che mette in moto cammini di conversione. Sarà un Natale di misericordia se i nostri desideri di bene non restano solo idee, ma si incarnano nella concretezza della vita e si traducono in gesti concreti: la Parola si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo in noi. Ignazio di Loyola ricordava, nei suoi Esercizi spirituali, che l’amore è da porre più nei fatti che nelle parole. L’amore è concretezza. Il Padre misericordioso traduce in gesti concreti il suo amore per il figlio ritornato.
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Testo
Leggersi dentro
Sono disposto a lasciare che il Signore faccia luce e metta ordine nella mia vita?
Cosa vuol dire per me concretamente Natale di Misericordia?
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