Relazioni
Il paesone dei mediocri: questo è il Potere in Italia, questo siamo noi
«Monsignor Balda, per come è fatto, non ha alcun piacere a venire a letto con me e io, conoscendo miliardari ed emiri, se volessi tradire mio marito non mi metterei con un vecchio prete a cui non piacciono le donne».
Alla disperata ricerca di un epitaffio degno di un paesone mediocre come l’Italia, che potesse degnamente rappresentare la sproporzione cosmica tra livello intellettuale degli “occupanti” (il Potere) e la loro incidenza/invadenza socio-economica, mettiamo finalmente pace a una lunghissima inquietudine con questa splendida risposta dell’Immacolata/Addolorata al memoriale fresco fresco del suo amichetto monsignore, il quale, appunto, ha spiegato all’esimia e mesozoica Corte vaticana dell’effrazione sex ai suoi precetti cristiani subita a opera di Francesca Chaouqui. A questi due qui, lo sprovvedutissimo Francesco, gabbato come un qualunque passante inghiottito dalla ghenga delle «Tre carte» fuori dalla stazione Centrale di Milano, aveva affidato l’esame dello sprofondo finanziario vaticano. Gli esiti non dovete neppure immaginarli, sono già compresi e illustrati massimamente nell’aula sorda e grigia che sta processando Nuzzi, Fittipaldi più Il Gatto e il Gatto (la volpe è evidentemente scappata).
Non vi stupisca se per raccontare della mediocrità del potere italico ci siamo spostati oltre Tevere, in un apparente “altro” stato, dove personaggi intramontabili stanno sempre con un piede di qua dal ponte e l’altro completamente immerso in un’acquasantiera. Nel memorialone di Lucio Vallejo Balda, che l’Addolorata definisce un “vecchio” chiudendo così la vita sessuale dei pretini allegri alla verde età di 54 anni, viene citato Luigino Bisignani e come poteva essere diversamente. Ora, in Italia sono diverse le opinioni sul medesimo ma un fatto è certo: Bisi viene ancora costatemente consutalto da spretati, devoti, faccendieri che chiedono al maestro, politici, attorucoli, divette, ministri e ministresse e molte altre categorie che non sapremmo rinchiudere in un unico sostantivo. Sono diverse anche le interpretazioni sul lavoro che Bisignani ha sempre svolto “per le istituzioni” e per molti quel lavoro, che sarebbe forse più opportuno definire lavorìo, è assimilabile a una onlus sociopolitica che dispensava del bene semplicemente a fronte di buone e generose relazioni. A noi poco importa delle condanne penali di Luigi Bisignani, che secondo qualche anima bella definirebbero – esse sole – la reale portata etica degli umani. Noi, per quel poco o nulla che conta, abbiamo sempre pensato che Bisignani non fosse una persona per bene. Per un motivo scientifico, difficilmente contestabile: Bisignani ha costantemente avvelenato il pozzo delle pari opportunità, le sue relazioni erano tese ad alterare il risultato finale, che in una società più civilizzata, avrebbe risposto a criteri esclusivamente meritocratici e che invece, grazie al suo “disinteressato” e pronto intervento, trovava diversa definizione. E in mondi che erano i più vari, dal militare, all’industriale, ovviamente quello politico, lo spettacolo, ci sfugge forse lo sport ma solo perchè non sappiamo. Bisignani dunque è “colpevole” di aver impoverito il Paese con persone che non lo meritavano.
Ecco perchè l’Italia, comprendendoci anche il Vaticano che a questo punto in un Concordato rovesciato diventa vassallo delle nostre nefandezze, è il paesone dei mediocri. Il paesone dove il compromesso, che è un pilastro della vita politica, non è mai una sintesi alta di interessi diversi ma sempre il punto finale di modestissimi, quando non criminali, interessi di bottega. Questi due imbarazzanti soggettoni che da giorni animano le gazzette nostrane e su cui il pregiatissimo Osservatore Romano potrebbe magari dire qualcosa di sensato, sono un perfetto prodotto italiano dop, sono sottosegretari con delega alle nostre debolezze, al mancato riscatto della nostra coscienza. Perché questa mediocrità riguarda noi, noi cittadini, a cui non può più bastare l’unico colpo in canna che ci resta e cioè il giorno delle elezioni nazionali, universalmente contrabbandato come il giorno in cui il popolo decide del suo destino. Quel giorno abbiamo già perso. No, il nostro destino si decide prima, molto prima. Si decide con la conoscenza, scrutando i comportamenti, valutando gli stili, esaminando i curricula, prendendeci tempo per noi, chiedendo ai giornali che siano più chiari e meno piegati, consapevoli ancora che qualche diritto l’abbiamo e andrà fatto valere. Non sarà un “noi” contro “loro”, pensando che la primazia morale del popolo sui propri governanti è una contraddizione in termini, ma soprattutto il modo migliore per essere considerati demagoghi da quattro lire. Loro sono noi, meglio non dimenticarlo.
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