Religione
Miriano, pregare per i morti è un’altra cosa
I terribili fatti di questi giorni, le scosse di terremoto che hanno raso al suolo interi paesi del centro Italia trascinando con sé centinaia di vite e distruggendo salute, sogni e speranze di altre migliaia di persone, le loro memorie e sicurezze costruite negli anni e nella fatica, sembrano in grado di far emergere sui social il meglio e il peggio del nostro sentire, come hanno scritto altri anche qui su Gli Stati Generali.
Ma c’è un piccolo caso mediatico che mi ha particolarmente colpito e che riguarda la pagina facebook e il blog di Costanza Miriano, giornalista cattolica da anni in prima linea contro la cosiddetta “ideologia gender” e al fianco di Mario Adinolfi nelle organizzazioni dei family day. Ebbene la Miriano ha lanciato la proposta ai propri followers (la pagina è seguita da più di 33.000 persone) di rilanciare l’elenco delle vittime in modo che ciascuno potesse scegliere un nome tra queste e lucrare l’indulgenza plenaria per quest’anima, per quanto la riguardava informava che “Io per la mia, una signora anziana che forse, almeno apparentemente, era lontana dalla fede, vado domani a passare una Porta Santa”. Dal momento che bisogna credere alle buone intenzioni delle persone fino a prova contraria, partiamo dal presupposto che la signora Miriano avesse ottime intenzioni nell’invitare i suoi followers a leggere un elenco di persone defunte e autoassegnarsi un nome per cui pregare sulla base di criteri che lasciano quantomeno sconcertati (è nato lo stesso giorno di mio nonno, si chiama come mia mamma, è giovane e potrebbe essere un peccatore), ma occorre valutare le azioni per quello che sono e ritengo che questo evento metta in evidenza almeno due problemi seri: l’ignoranza relativa alla teologia del purgatorio con una visione magica della indulgenza plenaria e un uso spregiudicato dei social.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica si dice al punto 1030-1031: «Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo… La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, (Cf ad esempio 1Cor 3,15; 1Pt 1,7) parla di un fuoco purificatore». Un fuoco purificatore a cui non si possono applicare le categorie spazio temporali proprie della nostra esperienza del mondo come spiega Joseph Ratzinger nel suo “Escatologia, morte e vita eterna” e tutta la teologia contemporanea concorda nell’affermare che il purgatorio non è un luogo, ma l’incontro purificatore con l’amore di Cristo e guai a intenderlo “come una sorta di campo di concentramento dell’al di là (…) dove l’uomo debba espiare pene che gli vengono assegnate in modo più o meno positivistico” (Ratzinger, Escatologia, 239). Per queste ragioni risulta piuttosto impressionante che una divulgatrice della dottrina cattolica con tale seguito non si premuri mai di correggere la visione di tanti followers che commentano sul fatto che la pratica dell’indulgenza “accorcerebbe il tempo in Purgatorio”, ma ancor più grave (sempre in termini di esito) è il fatto che a questa idea medievale del Purgatorio che – se non la corregge si può forse pensare che la condivida – si associ una presentazione in chiave magica delle indulgenze.
Nella Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia Papa Francesco scrive: ” La Chiesa vive la comunione dei Santi. Nell’Eucaristia questa comunione, che è dono di Dio, si attua come unione spirituale che lega noi credenti con i Santi e i Beati il cui numero è incalcolabile (cfr Ap 7,4). La loro santità viene in aiuto alla nostra fragilità, e così la Madre Chiesa è capace con la sua preghiera e la sua vita di venire incontro alla debolezza di alcuni con la santità di altri”. Una misteriosa comunione, dunque, tra vivi e defunti nella quale – come fratelli – ci si aiuta nel cammino e in particolare noi ancora in pellegrinaggio su questa terra ci appoggiamo alla santità di quanti già vivono nella pienezza dell’amore di Dio. Contemporaneamente anche noi possiamo accompagnare i nostri fratelli defunti nel loro incontro con Dio attraverso la preghiera, ovvero un atto d’amore che ci avvicina al modo di amare di Dio perché non è costrittivo o in alcuna misura lesivo della libertà dell’altro, ma al contrario è gratuito e liberante. Risulterà ora più chiaro, mi auguro, comprendere il senso di disagio che la proposta di cui si parlava ha provocato in tanti di noi credenti. Innanzitutto c’è il problema della visione distorta del Purgatorio, in secondo luogo un continuo rimando alle pratiche dell’indulgenza che non rende giustizia a ciò che l’indulgenza è per la Chiesa, una visione meccanica della preghiera per cui facendo questo e quello si ottiene il risultato sperato (anche “nonostante” la volontà della persona per cui si prega), come se la preghiera non fosse invece un lasciarsi trasformare dall’incontro con la persona reale di Cristo. Ultimo, ma non ultimo c’è l’invito sui social a spartirsi un elenco di nomi che non sono nomi, sono persone reali e concrete, con una storia, degli affetti (molti dei quali ancora viventi) e che se senz’altro meritano la nostra preghiera, non meritano però di essere messi su un bancone e “scelti” sulla base dei criteri che dicevo, quasi fossero una merce e contemporaneamente riducendo Dio a un ragioniere puntiglioso per cui occorre segnarsi chi prega per chi altrimenti qualcuno rischia di rimanere fuori e qualcun altro invece ha due indulgenze!
In conclusione vorrei dire che se si può e si deve riconoscere la buona fede e anche l’intento generoso di questa iniziativa, ciononostante sarebbe importante che venisse corretta cogliendo l’opportunità di affrontare temi escatologici così spesso trascurati, ma ben più in profondità, perché quando si ha un ampio seguito questo comporta una responsabilità nell’offrire messaggi chiari e che non vadano in contraddizione con ciò che la teologia contemporanea dice, né tantomeno tolleranti o peggio incoraggianti verso un’immagine di Dio così lontana da quella che ci ha fatto conoscere il Figlio.
E poi c’è la pietà umana, se non vogliamo dire cristiana, che invita alla discrezione riguardo a fare uso (qualsivoglia uso) di un elenco di vittime sui social. Su questo non c’è molto da aggiungere.
Preghiamo, in silenzio.
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