Religione
Libertà vo cercando (Maroni permettendo)
Dunque la legge regionale n. 62 del 27 gennaio 2015, cosiddetta “anti moschee”, presenta evidenti profili di incostituzionalità, secondo il parere della Corte costituzionale, ed è stata cancellata con un tratto di penna.
I consiglieri lombardi sono recidivi in termini di leggi nate con evidenti motivazioni xenofobe: già nel 2008 era stata destinata al cestino, dalla Corte, una legge di regolamentazione dei “phone center”.
Viene da chiedersi come tutto questo possa accadere.
Quando parli di libertà religiosa in Italia tutti sono più o meno convinti che tale diritto sia tutelato e tutto sommato riconosciuto.
Tale convinzione ha una sua base di verità.
La Costituzione infatti, nei suoi articoli 2,3,19 e 20, considera la libertà religiosa come diritto umano fondamentale radicato nella personalità di ogni singolo individuo e aperto al suo esercizio comunitario da parte di chiese, associazioni, gruppi liberamente costituiti.
Quasi tutti però ignorano che tale progetto costituzionale ha trovato in Italia solo una parziale attuazione. E il ritardo rispetto a tutti gli altri paesi europei è considerevole.
Manca del tutto infatti in Italia una concretizzazione del modello costituzionale per l’attuazione dei suoi principi e la gestione del fenomeno religioso.
Manca insomma una legge organica generale capace di fissare i principi fondamentali nelle materie per le quali la Costituzione preveda una competenza delle regioni.
In questi anni l’avanzata del pluralismo religioso in Italia è stato un fenomeno di notevoli proporzioni. Vi hanno contribuito in larga parte il fenomeno migratorio, ma anche una rinnovata vitalità presso gli stessi italiani di forme variegate di comportamenti e scelte di spiritualità.
Intellettuali e media sottovalutano del tutto la rilevanza di questo tema nei suoi risvolti sociali, culturali e politici. Salvo poi farne una lettura allarmistica e guerresca in occasione di episodi di esplosione del terrorismo islamico.
La politica procede così con il suo pachidermico avanzare senza sentirsi pressata da un’opinione pubblica decisa a invocare una tutela dei propri diritti certa e regolata.
L’unico testo in materia di libertà religiosa, ancora oggi in vigore (seppur per molti aspetti superato da normative intervenute successivamente), è la legge dei culti ammessi del 1929 con il suo decreto attuativo dell’anno successivo.
Non è chi non veda che il contesto sociale e culturale sia radicalmente cambiato.
D’altra parte tale legge del ’29 non affronta temi centrali come ad esempio, la fondamentale questione dei luoghi di culto e possono trovare così spazio avventure maldestre come quelle di Maroni e soci.
Un primo passo in questa storia risale al governo Andreotti del 1990, ma il disegno di legge votato in Consiglio dei ministri fu presentato al Parlamento solo nel 1997 dal governo Prodi e poi da quello Berlusconi, ma non se ne ebbe alcun esito.
Addirittura nel 2007 l’allora segretario della Conferenza episcopale italiana esplicitò il suo giudizio negativo sulla bozza in discussione e il tema si inabissò.
Nel 2013 è stato costituito un “Gruppo di lavoro sulla libertà religiosa” presieduto dal giurista Roberto Zaccaria e composto da altri giuristi, parlamentari di diversi schieramenti e rappresentanti di diverse confessioni religiose. E’ pronta una proposta in procinto di essere presentata ufficialmente.
Per rianimare il dibattito il 16 e il 17 febbraio 2015 si è svolto un seminario presso il Senato. Il fatto nuovo e sorprendente è stato l’intervento di Mons. Galantino, attuale segretario dell’assemblea dei vescovi italiani, che ha sdoganato il tema e garantito l’approvazione del nuovo corso ecumenico di papa Francesco ad una discussione e definitiva approvazione legislativa.
Galantino ha anche sottolineato la necessità di una collaborazione al fine di «superare talune criticità che ancora rimangono, in particolare sul piano dei diritti delle confessioni più piccole e di più recente radicamento nel Paese». Occorre «mettere da parte la sindrome da accerchiamento e creare uno spazio comune, un ambiente di rispetto e collaborazione che va costruito con la partecipazione di tutti, anche di coloro che non hanno alcuna convinzione religiosa». Infatti, ha notato il segretario generale della Cei, «il tempo è propizio per cercare insieme una risposta adeguata alle esigenze della multireligiosità. Forse non si potrà essere d’accordo su tutto, ma è necessario che su tutto ci si confronti, con attenzione alle diverse identità e nel rispetto di una laicità che è non monista “alla francese”, ma pluralista e inclusiva, secondo le caratteristiche proprie dell’esperienza italiana quali indicate dalla Corte costituzionale già sul finire degli anni ’80».
Proprio Roberto Zaccaria ha dichiarato: «E’ interesse dello stato portare avanti i diritti, i valori e il riconoscimento delle esigenze di tutta la popolazione. Tenere alcuni in condizione di inferiorità o soggezione può riverberarsi anche negativamente sul piano della sicurezza. Perché ci sono alcuni che usano il kalashnikov in nome di Allah dobbiamo mandare tutti gli islamici al confino? Ci sono già un milione mezzo di musulmani nel nostro paese: è un dato di fatto. Vogliamo forse vivere segregati o costruire muri, come sempre più spesso si fa in Europa? E’ proprio in questi momenti di difficoltà e tensione politica che bisogna tenere alta la bandiera della laicità, non con protervia come arma, ma come testimonianza».
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