Religione
La teologia narrativa di papa Francesco
Papa mediatico, potrebbe essere una buona definizione per Francesco il pontefice che sembra avere impresso un percorso nuovo per la Chiesa cattolica. Una definizione che, anche se ne coglie un tratto distintivo importante, come tutte le definizioni, appare semplificatrice e, in conseguenza, insufficiente a descrivere un magistero che ha destato, non solo nel mondo religioso, tanta attenzione fatte di speranze ma, anche, di perplessità. Gian Enrico Rusconi, intellettuale raffinato e molto sensibile alle questioni religiose, con il suo “La teologia narrativa di papa Francesco”, edito da Laterza, cerca di darci una bussola interpretativa per capire il magistero di questo straordinario personaggio venuto “dalla fine del mondo”. Smentendo un’opinione corrente, che ci offre l’immagine di un Papa di dottrina debole, Rusconi parla invece di una “nuova ermeneutica religiosa, centrata sull’evocazione onnipresente e onnicomprensiva della misericordia di Dio”.Un tentativo dunque di attualizzare il dato rivelato, “cristiano e biblico” nella continuità storica. Proprio tenendo conto di quest’assunto si riesce a comprendere il significato di una frase del Papa, “La Chiesa non insegna, ma racconta”, che apparentemente suona rottura di una tradizione secolare che vede invece la Chiesa come maestra di vita. In una Chiesa che sembra non essere capace di trovare la dimensione dottrinale che l’avevano proposta come riferimento nel tempo, questo richiamo appare infatti un escamotage per riconquistare i cuori del popolo. Per Rusconi, con Bergoglio dunque la teologia è diventata conversazione, reinvenzione semantica, espressività emotiva e flessibilità culturale. Ecco allora l’utilizzo di un linguaggio accattivante fatto di gesti profetici; ma questo non significa tuttavia , come molti critici di Bergoglio lamentano, un abbandono della rigidezza dogmatica quanto piuttosto un tentativo di aggirare abilmente l’ostacolo offrendo una immagine fatta di straordinarie aperture che tengono ferma la barra dell’impianto dottrinale. Rusconi evidenzia come in realtà le aperture di Francesco siano solo di facciata, il suo percorso è segnato da contraddizioni che, se da un lato soddisfano quel mondo laico – ma anche qui emerge qualche voce critica – con il quale si sforza di dialogare, lascia un’enorme spazio a quell’ambiguità che alimenta i “dubia” nella cattolicità. Ambigua appare ad esempio la quasi cancellazione del peccato, uno dei pilastri della dogmatica cristiana, a favore della “misericordia divina”. Proprio il depotenziamento del valore del peccato, secondo Rusconi, porta allo stesso sminuimento del sacrificio di Cristo senza con ciò risolvere il problema del male nel mondo. Resta una domanda di fondo, che è quella che si pone l’autore, sui risvolti teologici e sui contraccolpi dottrinali, cioè sul dove porterà il cambiamento di cui si fa interprete papa Francesco.
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