Religione
La navicella di Pietro. Note sulla Chiesa nel nostro tempo
Parto da esperienze personali. Funerali in chiesa, rito ambrosiano. Il defunto si chiamava Giampaolo. Al momento della litania dell’invocazione dei santi, l’officiante cantilena stancamente prima “san Giovanni” e poi “san Paolo”, correttamente. Poi, inopinatamente, aggiunge anche un “san Giampaolo” cui i fedeli altrettanto distratti replicano con “Prega per noi”. Ora, san Giampaolo non esiste né nel martirologio né nel calendario romano. Insomma è un santo inesistente. Dentro di me ridacchio e mi meraviglio del basso livello di formazione del prete (una delle cinque piaghe della Chiesa, secondo Rosmini, quella della bassa formazione del clero). Ma lo scadimento della Chiesa deve essere sicuramente agli ultimi gradini oramai. In altro funerale al cimitero di Lambrate – un caldo asfissiante da non dirsi – noto che il prete combatte la calura con un ventilatore puntato solo su di lui. Ha modi spicci e frettolosi. Dalla manica aperta del piviale scorgo un braccio nudo e peloso. Alla fine del rito non credo ai miei occhi nel rilevare che il prete frettoloso di poc’anzi sfila proprio davanti a me in bermuda e casacca policromi, sandaletti, occhiali da sole e una dannata fretta di raggiungere qualche località marina. Forse non da solo. Nel primo funerale pressappochismo, nel secondo edonismo. Nessuno chiede il martirio a nessuno. Ci si chiede solo cosa succederà quando i funerali toccheranno alle Jessica, Samantha, Deborah? Saranno invocate sante hollywoodiane? Constato poi che non c’è futuro per una Chiesa disattenta o in infradito. Unicuique suum.
Le casule Armani. Come vestire il monaco
Nel film “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” il nevrastenico Gian Maria Volontè, allorché si denuda davanti a Florinda Bolkan mostra la scarpa e il calzino nero da questurino, e ha parole ironiche e nevrotiche sulla copertura delle sue estremità che era la stessa di quella dei sacerdoti: il calzino nero. Il mondo cambia. Pare che mons. Mogavero, vescovo di Marsala, vesta “casule” firmate Armani e il papa Ratzinger indossasse scarpe Prada. Dall’altra parte c’è da osservare che tutti i paramenti dei preti risalgono al Concilio di Trento, sono barocchi come piazza Navona. Credo che la Chiesa sia in grande difficoltà quando non sa più come far vestire il monaco.
Papa Francesco
Ci rassicura l’alto clero nelle nostre insicurezze, rispetto agli smarrimenti e alle interrogazioni del nostro tempo? Temo che questo Papa (che in quanto a calzature indossa dei modesti scarponi ortopedici neri) sia salito su una sorta di ottovolante. Sembra che il segno distintivo di questo Papa sia l’assillo sulla interpretazione della Chiesa e del cattolicesimo come movimento piuttosto che come istituzione. L’insistenza sui temi pauperistici poi, l’allergia verso il denaro, giusta quando combatte il sibaritismo di molti cardinali, ma sconcertante quando si rivolge al basso clero (vedi il richiamo ai prezzari relativi alle cerimonie liturgiche e anche il richiamo alle suore di non fare la “tratta delle novizie“), l’appello costante all’autenticità, alla “missione” diremmo piuttosto che alla “professione”, fanno sì che l’indirizzo dato alla navicella di Pietro sia tutto virato sull’autenticità, sulla sincerità, sul candore piuttosto che sulla veridicità o l’istituzionalità del messaggio evangelico (a parte i soliti richiami, meramente di prammatica, all’obiezione di coscienza in tema di aborto). Insiste ossessivamente, questo Papa, più sulla Carità che sulla Fede. Non sta a me dire se è da preferire questo approccio piuttosto che un altro.
Movimento e Istituzione
Non faccio l’errore di Ferrara di credersi papa di complemento. Mi chiedo se tale stile pastorale vada in direzione del consolidamento dell’edificio ecclesiastico, se è destinato ossia ad assicurare forza e soprattutto futuro alla Chiesa in quanto istituzione. Osservo inoltre che ogni “missione” ha una componente di “professione”; che una idea missionaria priva di un esercito di rivoluzionari professionali (uso una locuzione che è della sinistra marxista, ma che gode dello stesso ambito semantico-concettuale) è destinata a perire; che lo stesso francescanesimo si è dato una “regola”, e che da puro movimento pauperistico s’è fatto “ordine” sacerdotale e istituzione incardinata nella Chiesa in quanto apparato oltre che in quanto movimento. Nessun movimento che non si faccia istituzione può resistere ai venti e alle intemperie della storia. La stessa Chiesa se si fosse solo appoggiata al mero messaggio evangelico con la sua devastante pulsione pauperistica e non invece, come ha storicamente fatto, alle istituzioni (allo Stato romano per esempio, o facendosi Stato essa stessa fino al 1870) sarebbe svanita nel giro di qualche secolo e non sarebbe certamente giunta alle soglie del XXI a consegnare a questo Papa una grande potenza, non certo tale perché meramente spirituale. Se la Chiesa fosse rimasta Movimento, come nel momento apostolico, se non si fosse strutturata in Istituzione sarebbe rimasto, il cristianesimo, una trascurabile nota a piè di pagina nei libri di storia.
I migranti
Il Santo Padre ci ricorda giustamente che tutte le bocche che si aprono al mondo vanno sfamate. Epperò le risorse non sono illimitate. Oggi 9 miliardi domani 18? Se, come ci ha ricordato fino alla nausea Giovanni Sartori, la Chiesa Cattolica si oppone a ogni contenimento delle nascite, a ogni diffusione e uso degli anticoncezionali nel Terzo Mondo, la vittoria su tutto e su tutti non sarà né di Marx né di Gesù né di altri profeti misericordiosi; sarà la vittoria di Malthus, ossia la sconfitta di tutti. Su una navicella da 100 posti possiamo starci in 150, in 10.000 si affonda tutti.
Teologia pop
“Essere cattolici non significa fare figli come conigli”. Così il Padre Santo nel gennaio scorso. A qualche deputato Pd padre di 9 figli saranno fischiate le orecchie. Non certo a me che quando procreavo pagavo rette di asili-nido stratosferiche (a posto degli evasori fiscali “moderati” che pagavano un terzo rispetto a me) e non potevo perciò, anche volendo, permettermi scelte “conigliesche”. Ma, Santità!, tra un aereo e l’altro prenda carta e penna e riscriva l'”Humanae vita”, altrimenti ai cattolici, non a me, verrà un travaso di bile. Dica ex cathedra con una raffica di encicliche tutto il suo pensiero. Lo facevano i suoi predecessori, sa, non era una cattiva idea.
Laudato si’
E adesso (giugno 2015) viene annunciata l’enciclica. Ci si chiede: verterà sulle vocazioni religiose che latitano e che inducono le congregazioni religiose a praticare la deprecabile “tratta delle novizie” tanto stigmatizzata dal Santo Padre? Sarà forse sul controllo delle nascite auspicato da Giovanni Sartori e sbeffeggiato dallo stesso Papa nell’allocuzione sui “figli come conigli”? Una rivisitazione dunque della “Humanae vitae” di Paolo VI? Sarà sulla simonia delle funzioni religiose? Macché, il Papa ha buttato la palla in tribuna e non ha affrontato nessuna di queste scottanti interrogazioni. Una volta che si decide a parlare ex cathedra e non ex abrupto come ha sempre fatto, dopo tante allocuzioni rilasciate a braccio (celebri quella sacrosanta del “chi sono io per giudicare” rivolta agli omosessuali, o quella della “restituzione del pugno”, fatte in aereo, chiacchierando del più e del meno), ebbene di fronte a tante urgenti interrogazioni del nostro tempo, sceglie un tema “francescano”, quello ambientale, quello della salvezza del pianeta, incontestabile, che approviamo senza se e senza ma, anche senza leggerla l’Enciclica, perché è santa e giusta a prescindere. Oltre ai biechi americani petrolieri alla Bush chi potrebbe contestare queste sante verità?
Ma tale facile scelta mi fa ricordare un fatterello che raccontava tanti anni fa su “Repubblica” Beniamino Placido. Questo: quando Placido era al liceo, nei perduti anni ’50, era in discussione lo statuto di Trieste subito dopo la guerra. Forte era il movimento nazionalista degli italiani che reclamavano l’italianità della città alabardata. Ma il programma scolastico non si arrestava per questo, il professore di liceo incalzava gli studenti e procedeva alle sue sante interrogazioni. Come si sottraevano gli studenti un po’ pigri alle interrogazioni? Quando era il loro turno, e si trovavano impreparati, se ne uscivano urlando a squarciagola: “Trieste libera! Trieste italiana!”. Eh già, chi poteva dire il contrario? Chi poteva ancora interrogare davanti a una dichiarazione così patriottica, così santa, così giusta?
Però, Santità, si può sfuggire alle interrogazioni ma gli interrogativi restano.
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