Religione

“La libertà sessuale è consapevolezza di sè, non trasgressione”

14 Febbraio 2017

La scorsa settimana abbiamo chiesto a una giornalista laureata in scienze religiose se la morale sessuale cattolica è attuale. Ora sentiamo l’opinione di due esperti che conducono insieme gruppi di Sessualità della conoscenza a Sutri (Viterbo): Flavia Chiricozzi, psicologa, psicosessuologa e ricercatrice psicosomatica, e Nello Mangiameli, ricercatore psicosomatico, scrittore fondatore della Sigmasofia Io-somatica, che è “un metodo pratico e teorico di conoscenza di sé, di scoperta, sperimentazione e trasformazione degli elementi formanti il proprio essere in tutte le sue varie manifestazioni sui piani istintivo, emozionale, psichico, relazionale, somatico ed olistico-autopoietico, non locale”.

Una vita sessuale regolata secondo i principi religiosi dà più felicità di una totalmente libera?

La vita sessuale non è, di fatto ed inequivocabilmente, regolata da principi religiosi, infatti essa è diretta emanazione di funzionalità innate presenti nell’essere umano e in altri esseri viventi. Se non fosse presente tale componente innata, nessuno potrebbe abbinarvi le proprie regole culturali, religiose, scientifiche, diverse per ognuno.

La pratica della sessualità ci dimostra, inequivocabilmente, che chi la vive, a seconda delle proprie capacità, può produrre piacere, beatitudine, estasi (e altro ancora), se ne è capace e se conosce le modalità attraverso cui raggiungere tali stati di intensità. Se chi la pratica, per auto-determinazione decide, assume, di procreare può farlo, sempre per funzionalità innate già presenti in lui.

Non si tratta di quantità di felicità! Ammesso che quest’ultima sia l’obiettivo da conseguire (ne esistono molti altri…), infatti ogni praticante potrà raggiungere la quantità che le sue facoltà e capacità psicosomatiche ed esistenziali gli consentiranno di produrre.

La connessione tra matrimonio e sessualità non ha nulla a che fare con la sessualità innata; infatti è un processo, un’opinione, in questo caso religiosa, inscritta sopra. I principi religiosi (o altri principi) sono elementi di riduzionismo che vi si applicano sopra, ma non consentono di stabilire se la sessualità che rispetta tali principi dia più o meno felicità, poiché ciò dipende dalle persone e da molti altri fattori (modalità affettive dei legami significativi primari, educazione ricevuta in famiglia, esperienze personali, struttura di personalità, epoca storica e via elencando).

In aggiunta, vi è un’altra riflessione che è possibile fare: che cosa significa vivere la propria sessualità in modo totalmente libero? Libertà non significa licenza o trasgressione, ma essa è innanzitutto consapevolezza di sé, auto-consapevolezza degli ingredienti formanti, e condizionanti, la propria sessualità.

Il senso del peccato quanto condiziona la felicità della vita sessuale?

Se per peccato si intende la trasgressione di una norma alla quale si attribuisce un’origine divina, e a cui si rifà la religione, la risposta è sicuramente sì. Infatti il religioso, veramente praticante, costringe la propria sessualità innata all’interno della regola religiosa, che segue appunto per non creare il peccato. Quindi, si induce una scissione tra regola religiosa e funzionalità innata.

Il senso del peccato potrebbe significare che la psiche del soggetto, sedicente religioso, produce un atto (sessuale) in contrasto con la regola religiosa che sta seguendo, e di conseguenza l’identificazione nella regola religiosa (che prevede addirittura sanzioni) può giocare un ruolo se assumere o no la pratica dell’atto, ma anche durante l’atto e ovviamente dopo l’atto. Il condizionamento è potente, e ne sono vittime milioni di persone. Si tratta di uno (s)conosciuto delirio di onnipotenza e di un patologico tentativo di controllo della sessualità, noto da migliaia di anni.

Ciò non significa che l’auto-determinazione di ognuno ove lo ritenesse opportuno possa assumere di vivere secondo castità o secondo regole dette religiose dagli esseri umani che le inventano.

Le regole religiose danno più protezione fisica ed emotiva alle persone? Ad esempio, sono più efficaci contro le malattie sessualmente trasmissibili o aiutano l’equilibrio della persona nel rapporto con il proprio corpo?

Anche l’emozione è un processo innato dell’essere umano e non ha nulla a che vedere con il concetto di protezione.

È la formazione innata e acquisita dell’essere umano a se stesso ciò che determinerà la profilassi che si può attuare alle malattie sessualmente trasmissibili: in questo le regole religiose non hanno nulla a che fare. Il rapporto con il proprio corpo dipende anch’esso dalla formazione vissuta a se stessi e se la propria consapevolezza è in grado di produrre equilibrio o meno. Questo è proprio dell’essere umano.

Perché una coppia omosessuale regolarmente sposata che ha rapporti sessuali è peccaminosa?

Infatti, quella coppia non è peccaminosa, se non per le proiezioni di chi la vuole definire in quel modo. E anche se non fosse regolarmente sposata, non sarebbe peccaminosa, sempre se non per le proiezioni che in quel modo la vogliono definire.

In ogni caso gli unici titolati a descrivere i propri vissuti sono coloro che li vivono direttamente: gli altri semplicemente non li conoscono e sono, quindi, necessariamente patologicamente proiettivi e invasivi se pretendono di interpretarli, di giudicarli, atto che, se lo ritengono opportuno, potranno applicare a loro stessi i diretti interessati, gli unici di cui possono averne contezza.

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