Costume
Io, Vatileaks, i corvi, la stampa e la Chiesa che Francesco vorrebbe
“A me fa sorridere e imbestialire tutto questo. Perché lo sapranno solo strumentalizzare a vantaggio di coloro che ti guardano come a dire «cosa ti avevo detto io?»”. Mi sembra già di sentirli con quelle voci rissose che cercano solo il pretesto per tirarti giù da quelle certezze che in realtà tanto ti invidiano. E sorrido perché le certezze, quelle, comunque non riusciranno a togliermele. Ma mi imbestialisco per quel loro atteggiamento che non riesce a guardare oltre la superficie delle cose. Perché alla fine in questa cosa di ‘Vatileaks 2’ ci possono essere anche dei fatti. Ma ci può essere anche la ricerca spasmodica e maniacale di essi, quella fatta per incastrare volutamente non tanto qualcuno piuttosto che un’entità, quanto l’idea che si può avere di essa. Tanto più se l’entità in oggetto afferisce alla sfera sul sovrannaturale, elevandosi ad un livello che non potremmo comprendere mai fino in fondo. E ciò mi fa infuriare perché ci ho scommesso tutto! Tutto, nel senso che ho già deciso dove sta il mio centro di gravità, quello della mia famiglia e del percorso che ci siamo voluti dare. Ma soprattutto mi fa imbestialire perché mi parla di una delle nostre più grandi povertà, intesa come fragilità umana che io personalmente riconduco ad un atteggiamento sostanzialmente ipocrita nei confronti della vita e che io non voglio assolutamente sposare. Detto fuori dai denti, penso che quella che sta dall’altra parte sia gente priva di sorpresa. E di capacità di stupore!!!
Perché i fatti di questa vicenda sono di un cinismo unico. C’è stato un primo Vatileaks su cui preferisco sorvolare. E poi ce n’è un secondo appena accennato. Qui i libri dello scandalo vengono addirittura anticipati dal fermo emanato da parte della Gendarmeria vaticana nei confronti di un monsignore e di una sua consulente, poi rilasciata, entrambi membri della Commissione di studio sulle attività economiche e amministrative (COSEA), entrambi sospettati di avere violato l’art. 116 bis del codice penale in vigore in Vaticano, così come introdotto dall’art. 10 della legge vaticana IX del 13 luglio 2013. Articolo che recita: “Chiunque si procura illegittimamente o rivela notizie o documenti di cui è vietata la divulgazione, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni o con la multa da euro mille ad euro cinquemila. Se la condotta ha avuto ad oggetto notizie o documenti concernenti gli interessi fondamentali o i rapporti diplomatici della Santa Sede o dello Stato, si applica la pena della reclusione da quattro a otto anni. Se il fatto di cui al comma precedente è commesso per colpa, si applica la pena della reclusione da sei mesi a due anni”. I nomi dei due non importano, non sono rilevanti ai fini di quello che voglio dire. Su queste cose e su altri vari particolari avranno modo di dilungarsi due libri di prossima pubblicazione. Ma anche i titoli di questi due libri ed i nomi dei loro autori non importano, hanno già ricevuto abbastanza pubblicità da questa vicenda del fermo.
Semmai potrebbe interessarmi la mente del corvo. Di colui che spiffera, commettendo un illecito. Per cosa lo fa? Soldi, fama, voglia di giustizia? Amore per la Chiesa, richiamo morale, voglia di trasparenza? Una cosa è se oggetto delle rivelazioni sono fatti penalmente rilevanti, ma altra cosa è se quanto riferito serve solo a gettare il discredito su persone e istituzioni. E la cosa vale secondo me sia che si parli di Chiesa, sia che si parli di qualsiasi altra istituzione. Allora per cosa lo fa? Scrupolo per la pulizia, voglia di rinascita, lotta contro il falso perbenismo? Per carità non è che si possa parlare di complotto, ma ne viene il sospetto. Ed il sospetto di complotto è quanto di più complottistico ci possa essere. Se ne potrebbe fare anche un film e non dubito che qualcuno arrivi a farlo per pura spettacolarizzazione della vicenda però. Perché la ricerca della verità è un’altra cosa. E non si sposa mai con il vantaggio. Forse allora lo fa per riceverne un vantaggio, perché altrimenti non capisco tutto questo accanimento per la ‘verità’. Poi è vero che la ‘gggente’ vuole questo e allora gli si dà, come se nella raccolta dei fatti e nel giornalismo non esistesse alcuno pedagogismo da seguire. Colpisce anche che il vatican-spy sia diventato un genere letterario. E anche di successo. Ma quale vantaggio persegue il corvo? Mediatico, monetario, personale? Voglia di rivincita, vendetta personale, per puro narcisismo? Le parole più chiare a caldo sembra averle pronunciate Padre Federico Lombardi, responsabile della Sala Stampa vaticana.
Ha detto: “Quanto ai libri annunciati per i prossimi giorni va detto chiaramente che anche questa volta, come già in passato, sono frutto di un grave tradimento della fiducia accordata dal Papa e, per quanto riguarda gli autori, di una operazione per trarre vantaggio da un atto gravemente illecito di consegna di documentazione riservata, operazione i cui risvolti giuridici ed eventualmente penali sono oggetto di riflessione da parte dell’ufficio del promotore in vista di eventuali ulteriori provvedimenti, ricorrendo, se del caso, alla cooperazione internazionale. Pubblicazioni di questo genere non concorrono in alcun modo a stabilire chiarezza e verità, ma piuttosto a generare confusione e interpretazioni parziali e tendenziose. Bisogna assolutamente evitare l’equivoco di pensare che ciò sia un modo per aiutare la missione del Papa”. Ben due libri. Il che significa che il genere piace. Più delle spy-story. E arriviamo alla stampa. Perché qui si saldano anche tutte quelle resistenze che nelle scorse settimane, nel corso del sinodo sulla famiglia, si sono manifestate da parte dell’ala più conservatrice del mondo ecclesiale. Resistenze a cui hanno dato voce esclusivamente testate che generalmente vengono valutate come di destra. Anche qui i nomi delle testate non importano, tanto li conoscete. E non vorrei tornare sul già detto. Ma semmai soffermarmi sul dato umano e quindi sul movente o comunque sulle aspirazioni più segrete di chi può avere precostituito queste manovra che sembra voler cancellare tutto quel rinnovamento a cui Papa Francesco si richiama continuamente tanto nel governo della Chiesa, quanto nella sua predicazione al mondo. Ed ovviamente tanto più forte è il messaggio, tanto più forti sono le resistenze.
A tutte queste manovre e a tutti questi manovranti fanno da contraltare due categorie ben delineate in Papa Francesco, quella della parresìa e quella della fermezza. Quindi il parlare con chiarezza e l’agire con lucidità. Già in occasione del primo Vatileaks il pontefice fresco fresco di Conclave dichiarò che la cosa non lo preoccupava più di tanto. Adesso la risposta ai primi rumori di nuovi leaks è stata immediata, con la messa in stato di fermo dei due sospettati, uno dei quali poi immediatamente rilasciato in quanto aveva deciso di collaborare con la giustizia vaticana. Una reazione pronta da parte della polizia vaticana e allo stesso tempo giusta e necessaria per cercare di depotenziare il clamore che inevitabilmente si porteranno dietro questi nuovi libri. Un modo corretto per porre al centro la vera questione che merita attenzione e che è quella del Giubileo che la Chiesa si appresta a celebrare a partire dal prossimo 8 dicembre, quella della misericordia, quella che Francesco predica bene senza razzolare male. Tanto che uno degli autori dei due libri ci tiene a precisare che nel suo testo non si parla del Papa che definisce “amatissimo e straordinario”. Nello stesso tempo questo autore fa notare che all’interno della Chiesa sono in atto “resistenze straordinarie da parte della vecchia guardia che si oppone in tutti i modi” al cambiamento che Papa Francesco sta cercando di portare avanti. Quanto ai leaks è evidente che siano un brutto bubbone da estirpare, perché fanno emergere che la Chiesa può anche perdere se stessa, tradendo il suo popolo e offendendo il suo Dio. E Papa Francesco, portando quella sua valigia nera per evitare che eventuali curiosoni rovistino tra le carte, sembra dire: “A me fa sorridere e imbestialire tutto questo. Perché lo sapranno solo strumentalizzare a vantaggio di coloro che ti guardano come a dire «cosa ti avevo detto io?»”.
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