Costume

Il Natale 2019 di Banksy

22 Dicembre 2019

Spetta agli artisti aprire feritoie di luce nel buio e nel caos di una cronaca frenetica e inarrestabile. Squarci di senso che annuncino una direzione.

E così nell’orgia dello shopping natalizio greve di luminarie e di sorrisi, è Banksy col suo presepe in questo Natale 2019 ad aprire una feritoia sulla grandezza di questo Mistero.

Ci porta proprio a Betlemme oggi. Davanti al muro che cementifica l’estenuante conflitto tra israeliani e palestinesi che vivono oggi in quella terra.

Ma ci riporta anche davanti ai 65 muri che sono stati costruiti in questi anni nel mondo a cementificare altre paure e altri conflitti.

Ci riporta con lucidità alla malattia di cui viviamo, se ha ragione lo psicanalista Massimo Recalcati a ricordarci che “il muro è la patologia del confine”.

Al centro del muro, sopra la natività, sta il foro di un proiettile che dà vita al disegno di una croce.

Il presepe di Banksy si assume così il compito di raccontare tutti gli sconfinamenti con cui Dio si contamina con l’infermità dell’umano.

“…tuffandosi nella realtà corporea dell’umanità, nascendo da una donna, [Gesù] supera quella distanza incolmabile tra divino e umano, condivide la nostra stessa origine, libera il nostro corpo e tutti coloro che con il corpo sono stati identificati, le donne, per esempio, e le persone di colore. In secondo luogo, oltrepassando il confine tra padrone e servo, destabilizza le distinzioni, volta le spalle ai palazzi dei re, erra qua e là senza avere dove posare il capo, si prende cura dell’altro e dell’altra, e fa della cura reciproca il centro della sua proposta di vita. Infine, viene estromesso dal campo, attraversa le mura della città, sconfina nell’impurità, per morire come tutti i reietti, con tutti gli scarti di una civiltà costruita sulla morte. Il suo sangue versato in terra sconfina in una natura oltraggiata e agonizzante”[1].

[1] Elizabeth Green, Il Dio sconfinato, Claudiana pag. 35

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