Religione

Il “giallo” della lettera di Ratzinger e l’ossessione Viganò

18 Marzo 2018

“I ragionamenti distorti separano da Dio; ma la potenza, messa alla prova, spiazza gli stolti” (Sap 1,3))

Da quando cinque anni fa ha scelto di lasciare il ministero Petrino, con una decisione clamorosa e senza precedenti nella storia, Joseph Ratzinger ha dovuto navigare a vista entro un ruolo inedito e complicato, benché consapevolmente scelto, con sulle spalle un’età considerevole e i connessi problemi di salute. Non stupisce, quindi, che in questo suo inventare il ruolo – di per sé quasi inimmaginabile – di Papa Emerito abbia talvolta inconsapevolmente prestato il fianco a fraintendimenti, alimentando spaccature nel mondo cattolico che il Papato profetico di Francesco ha messo in luce con la forza di uno specchio illuminato. Nonostante al momento delle dimissioni avesse detto di voler servire la Chiesa “con una vita dedicata alla preghiera” il Papa emerito negli ultimi anni, infatti, non ha disdegnato di impegnare le sue giornate nella lettura e nella stesura ad esempio della prefazione dal libro “L’elogio del silenzio” del Card. Sarah, quello stesso cardinale prefetto della Congregazione del culto divino pubblicamente corretto da Sua Santità Papa Francesco; ma anche per il libro del Card Müller, ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede al quale il Papa non ha rinnovato l’incarico alla scadenza dei 5 anni, Ratzinger ha trovato il tempo per scrivere un’apertura. Insomma, tra le poche attività per le quali il novantenne Papa emerito riesce a trovare tempo ed energia paiono figurare sostanzialmente solo la lettura di testi teologici e la scrittura di brevi, ma dense prefazioni. Non appare dunque strano che, data l’uscita a fine dicembre della collana “Teologia di Papa Francesco” nella quale undici teologi raccontano quale teologia sottenda alle parole e ai gesti del Papa, uno dei suoi più stretti collaboratori, Monsignor Dario Viganò, senz’altro su indicazione del Pontefice, abbia domandato proprio a Ratzinger di volerne scrivere. In un clima di divisioni e discordie come quello attuale, nel quale il Papa è fatto oggetto di attacchi e critiche come mai era accaduto ai suoi predecessori, una scelta del genere si poteva intuire come un’occasione offerta a Benedetto per smarcarsi da chi intende tirarlo per la giacchetta. E Ratzinger ha accettato, a modo suo, scrivendo alcune righe di grande rilevanza: “plaudo a questa iniziativa – scrive Benedetto XVI in riferimento alla collana – che vuole opporsi e reagire allo stolto pregiudizio per cui Papa Francesco sarebbe solo un uomo pratico privo di particolare formazione teologica o filosofica, mentre io sarei stato unicamente un teorico della teologia che poco avrebbe capito della vita concreta di un cristiano oggi” per poi aggiungere che però non può scrivere quanto gli è richiesto perché non ha letto i volumi né può farlo in quanto ha preso impegni precedenti (e il tempo che gli resta è poco, lascia intendere).

La lettera è stata letta in sala stampa da Monsignor Viganò nel giorno in cui si celebravano i 5 anni del pontificato di Francesco e immediatamente le agenzie si sono concentrate sulla prima significativa parte, ma dietrologi e complottisti, scontenti di questo endorsement così chiaro, si sono immediatamente scatenati: “questo non è lo stile di Ratzinger, è un falso” e poi hanno voluto vedere nella “sparizione” da una foto un tentativo di censura che avrebbe inteso coprire la scarsa considerazione di Ratzinger verso i volumi in questione e  via via in un crescendo kafkiano di ipotesi paradossali. Da questo momento in avanti i due Papi, il contenuto dei libri, la dinamica complessa tra la figura del Papa emerito e il Papa regnante, tutto è diventato sfondo per lasciare sulla scena il capro espiatorio, il grande colpevole in grado di mettere d’accordo tutti, sia i critici di Bergoglio che chi non vede di buon occhio che Benedetto parli ancora e questo San Sebastiano designato è stato don Dario Viganò, fatto oggetto di violentissimi attacchi personali.

Due giorni dopo è emerso che un altro paragrafo era in realtà contenuto nella lettera, ma non era stato reso pubblico, un paragrafo nel quale Ratzinger pareva parlare più come ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede che come Papa emerito per manifestare la propria stizza nell’apprendere che anche i teologi tedeschi Hünermann e Werbick, critici verso il Pontificato di Wojtila, erano stati coinvolti nell’opera.

Apriti cielo! Viganò ha cercato di censurare il Papa Emerito! Viganò  ha affrontato  la situazione da dilettante, ha fatto un tremendo pasticcio, ha sbagliato tutto! E via nello sport più praticato d’Italia: fare i CT della nazionale, oppure – nel caso dei vaticanisti – il Prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede. Così tra un “avrebbe dovuto” e un “ma come gli è venuto in mente di..”  chi si nutre di pettegolezzi vaticani ha potuto per alcuni giorni banchettare lautamente, restando nel suo mondo fantastico nel quale queste cose hanno una qualche importanza, mentre il Papa visitava i malati di San Giovanni Rotondo o diceva che occorre “Pensare di meno a sé stessi, agli interessi personali, e saper ‘vedere’ e andare incontro ai bisogni del nostro prossimo, specialmente degli ultimi”.

Quello che pare non interessare a nessuno, però, è il fatto che ciò che confonde e scandalizza il popolo di Dio, se ne facciano una ragione vaticanisti e blogger cattocatto, è la mancanza di semplicità con la quale si guarda alla Santa Sede, la ricerca dello scandalo, il giudizio temerario. Don Viganò ha ricevuto una lettera riservata scritta il 7 febbraio, più di un mese dopo ne ha letto una parte: evidentemente solo quelle righe erano rilevanti, o aveva il permesso di leggere solo quelle o, ancora, sapendo che nelle successive emergeva un tratto rancoroso e un po’ meschino del Papa Emerito che ne poteva in qualche modo ledere l’immagine ha cercato di proteggerlo. In che modo da questo si può dedurre un’intenzione censoria? E a che pro sarebbe poi stata? Dalla lettera, spiace dirlo, a uscirne male è solo Papa Ratzinger che evidentemente nel suo raccoglimento ancora non ha saputo andare oltre i dissapori avuti con altri teologi vent’anni prima, non certo Francesco che umilmente gli ha offerto in anteprima una collana di libri ai quali teneva e che lo rappresentano, accettando anche che questa gli venisse resa senza essere stata letta. Tanto meno ne esce male Viganò che, oltre all’opera quasi titanica di riformare la comunicazione vaticana, si è trovato tra le mani una lettera estremamente ambigua e controversa e ha cercato di gestirla nella maniera più rispettosa possibile verso chi l’ha scritta, facendone evidentemente l’unica cosa che poteva fare: leggendone la parte pubblica.

Pare incredibile che queste cose avvengano nella nostra Chiesa, quella Chiesa che dovrebbe essere impegnata ad annunciare sui tetti il Vangelo di Cristo e a medicare le piaghe dei cuori spezzati, pare incredibile che chi ha professionalmente il dovere di aiutare i fedeli a conoscere, ad avere notizia di ciò che la Santa Sede fa e dice si concentri su questioni così irrilevanti e lo faccia con un’attenzione da entomologo che esclude per principio la buona fede. Sant’Ignazio negli Esercizi afferma che “è da presupporre che un buon cristiano deve essere propenso a difendere piuttosto che a condannare l’affermazione di un altro. Se non può difenderla, cerchi di chiarire in che senso l’altro la intende”… andrebbe studiato nelle scuole di giornalismo o almeno ricordato a chi si dice cattolico, perché di malafede certo la Chiesa non ha bisogno.

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