Religione
Dialogare davvero: cioè gettarsi nelle braccia gli uni degli altri
Una buona notizia: l’interesse per una tematica tipicamente “religiosa” esce dai recinti confessionali e viene illustrata con passione da un non credente.
E’ quanto accade nell’agile libro di Giancarlo Bosetti, Fedi in dialogo. Il mondo ne ha bisogno, EMI.
L’autore è un giornalista, direttore di RESET, rivista di cultura e di politica.
Ribadisce nel libro di non avere nessuna fede religiosa. Dimostra però di avere ottima conoscenza del dibattito, che qua e là, per opera di qualche profeta illuminato, emerge all’interno del panorama religioso mondiale, a proposito di un dialogo che possa superare steccati e pregiudizi degli uni nei confronti degli altri e portare ad un incontro e ad una collaborazione per la causa della pace.
In nessuna religione attualmente vi è una maggioranza appassionata per questa causa.
Sono delle minoranze quelle a cui è affidata la speranza che le consonanze e le intese possano crescere.
Bosetti racconta con precisione anche quanto accaduto nella chiesa cattolica negli ultimi decenni. Dove la riflessione più avanzata è stata quella di Jacques Dupuis, teologo belga, per anni insegnante in India, che ha però incrociato l’ostilità e la censura della Congregazione per la dottrina della fede, presieduta dal card. Ratzinger, che lo ha sospeso dal suo insegnamento alla Pontificia università Gregoriana.
Per altro Bosetti riferisce dell’impulso offerto all’inizio del suo pontificato da Giovanni Paolo II con la preghiera di Assisi del 1986 e i seminari estivi promossi dal pontefice dal 1983 fino ai primi anni novanta, con filosofi e scienziati, con un momento alto e significativo di dialogo della chiesa con la cultura laica e la scienza, le altre culture e le religioni.
Racconta del contributo generoso e illuminato di Hans Kung, teologo tedesco, che è riuscito a far approvare un documento, nel 1993 a Chicago, dal Parlamento mondiale delle religioni, un organismo cui partecipano esponenti di tutte le religioni del mondo a sostegno della pace, dei diritti umani, della sostenibilità ambientale e della solidarietà contro la fame. Per altro Hans Kung ha subito, nei primi anni 80, una condanna della Congregazione per la dottrina della fede e da allora non ha più la cosidetta “missio canonica” per insegnare teologia cattolica.
Ma non è solo all’interno della chiesa cattolica che coloro che sostengono il dialogo sanno di esporsi alle critiche dei custodi del dogma.
Bosetti racconta di aver conosciuto e frequentato Nasr Abu Zayd, teologo islamico egiziano costretto a lasciare il suo paese per aver sostenuto una lettura del Corano affidata all’interpretazione e non al semplice commento. Abu Zayd ha studiato negli Stati Uniti e in Giappone, ha conosciuto la filosofia occidentale e orientale circa la pratica e la lettura dei testi, ne ha tratto una sintesi personale in grado di superare il letteralismo dell’ortodossia islamica.
Bosetti lo annovera giustamente tra i grandi illuminati del dialogo interreligioso e sollecita una diffusione della biografia di questi profeti.
Il libro giunge fino ai nostri giorni: la visita alla Moschea Blu di Istanbul di Benedetto XVI nel 2006 e la preghiera di papa Francesco, nello stesso luogo nel novembre 2014, dove per due volte ha invitato il gran muftì alla preghiera comune: “Dobbiamo adorare Dio. Non solo bisogna lodarlo e glorificarlo, ma dobbiamo adorarlo”.
“Quel che accade oggi è che la convivenza di tante confessioni sullo stesso territorio, nelle stesse città o nella sfera dei media, di Internet, delle televisioni satellitari, in una parola la globalizzazione, ci costringe non solo a tollerarci come vicini, ma a toccarci e urtarci continuamente, nella vistosissima presenza degli uni davanti agli altri, perchè è proprio di tutte le religioni l’uso di “segnare” il territorio con gli edifici e i simboli religiosi, con l’abbigliamento, con le ricorrenze festive e i riti che coinvolgono la vita comune, con i cibi e i suoni che differenziano una fede dall’altra. Ha ragione Raimond Panikkar quando dice efficacemente: “siamo gettati gli uni nelle braccia degli altri”.
Il dialogo è dunque già nel fatto del vicinato e della convivenza e, nonostante il “costo” teologico che inevitabilmente impone e la sfida che presenta alle versioni esclusiviste di ciascuna fede, esso è indispensabile per combattere la violenza, creare società aperte alla libertà religiosa e anche per favorire la collaborazione intorno a problemi comuni”.
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