Religione
Il meglio della religione
“Il meglio della religione consiste nel generare eretici” (E. Bloch)
Famiglia cristiana, settimanale popolare cattolico, è da tempo invisa al cattolicesimo tradizionalista, per il suo appoggio a Papa Francesco e per le sue posizioni umanitarie sul tema dell’immigrazione. In queste settimane ha deciso di fornire altri argomenti ai suoi detrattori della destra cattolica conservatrice, pubblicando una collana di libri dal titolo ERETICI O PROFETI. E’ così possibile ad un vasto pubblico recuperare la memoria di cristiani la cui vicenda è stata silenziata o denigrata nei secoli dalla storiografia propagandistica cattolica.
Ho letto il volume dedicato a Fra Dolcino scritto da Angelo Clemente, storico e teologo. Mi sento di poter fare alcuni rilievi. Anzitutto una premessa che sta alla base di ogni possibile considerazione.
All’origine sta l’eresia. Il primato storico e teoretico è quello dell’eresia: è sempre il sistema più forte che autodefinisce se stesso come ortodossia (la retta opinione) e impone i comportamenti come giusti, relegando nell’errore, cioè nell’eresia, le posizioni e le scelte giudicate non conformi, per poterle meglio isolare, reprimere, cancellare. Persino Gesù sul piano storico fu eretico per i suoi contemporanei.
All’origine sta sempre il molteplice che viene ricondotto con la forza all’unità.
«Gli “eretici” sono dunque in realtà gli “ereticati”, e la molteplicità delle posizioni viene abbattuta dal pensiero che si pretende criterio assoluto di verità e comportamento. Uno degli esiti più impressionanti dei trattati bassomedievali ad uso degli inquisitori dell’eretica pravità, consiste non a caso nella deduzione che si può trarne che tutti sono ereticabili, e quasi nessuno si salva a priori da una rete disciplinativa così estensivamente lanciata a priori» (Corrado Mornese).
Stabilita questa premessa credo divengano più chiari due problemi del racconto di Dolcino che il libro svolge.
1. La violenza. Dolcino viene raccontato da Clemente come un eroe della guerriglia che lancia i suoi fratelli all’assalto delle truppe vescovili.
Come afferma da tempo una storiografia che ha mutato l’orientamento del racconto delle vicende imperante fino agli anni 50 in Italia (Ordano, Rotelli, Mornese, Buratti), quando Dolcino giunse in Valsesia trovò una storia secolare di ribellione armata. I dolciniani confluirono in una massa che era costituita essenzialmente da locali, conoscitori dei luoghi e dediti alle armi. Montanari da tempo resistenti alle pretese del potere feudale cittadino. Quella di Dolcino e dei montanari fu essenzialmente una violenza inevitabile e di difesa. Non si capisce come dunque Dolcino possa essere descritto da Clemente come un radicale che svolta nell’estremismo, addirittura preda di «quella affascinante belva cieca che è l’integralismo» (pag. 7).
Agire la violenza o difendersi per non subirla non può essere la stessa cosa.
2. Nella conclusioni del libro Clemente afferma: «Dolcino non fu né eretico né profeta…C’è talmente poco “Dio” nella sua predicazione, riassunta nel grido Poenitentiagite, “fate penitenza”, talmente poco “pensiero”, da non poterlo nemmeno catalogare tra gli eretici…c’è poco Dio in Dolcino e quel poco che in lui si rintraccia è un Dio contro tutto e contro tutti, destinato a bruciare tutto e tutti» (p. 105-6).
Vale qui la pensa ricordare che in realtà il pensiero di Dolcino ci è quasi del tutto sconosciuto. Le uniche fonti che possediamo per ricostruirlo sono i verbali dei processi dell’Inquisizione. Converrebbe utilmente essere più cauti nei giudizi e invece capire chi ha cercato in ogni modo di silenziare diversi, ribelli, dissidenti e contestatori.
E’ un caso che in una collana di dieci volumi ci sia una sola donna eretica (Giovanna d’Arco)? O non è forse proprio qualcosa su cui riflettere, perché le eretiche non sono mancate nella storia del cristianesimo, ma la congiura del silenzio dura per le donne ancora oggi e ha visto proprio le donne come vittime di una doppia marginalità, sociale e religiosa. Per altro lo stesso libro di Clemente racconta l’imbarazzo di non poter raccontare con sufficienti elementi la storia di Margherita di Trento, compagna e collaboratrice di Dolcino su cui il silenziamento è totale.
Nel caso di Dolcino la violenza del silenzio sulla sua storia (e questo la rende per paradosso davvero straordinaria per la sua vitalità) è durata fino ai nostri giorni.
Nel 1907 un comitato di socialisti, massoni e anticlericali inaugurò un obelisco alto 11 metri di altezza sul monte Massaro (uno dei luoghi della crociata che portò allo stermino dei dolciniani) in onore di Dolcino per il sesto centenario della sua morte. Il Corriere Biellese (giornale clericale, una sorta di Famiglia cristiana del tempo) diede fuoco alle polveri della minaccia scrivendo: “un giorno o l’altro si troverà l’obelisco giù per i burroni”. Cosa che fu compiuta con la dinamite nel luglio del 1927.
Il fascino dell’eresia dolciniana io credo stia tutta nella sua sconfitta. Definitiva perché frutto di uno sterminio. Simile a quella dei catari, degli hussiti, degli anabattisti. Storie che sono inesauste domande di giustizia. L’alleanza tra il potere religioso e quello civile dell’Inquisizione ha dato torto a tutti questi cercatori dello Spirito.
Quando l’eresia ha vinto si è fatta ortodossia, sistema, persecuzione e crociata. Ha negato se stessa e la propria aspirazione alla libertà.
«Quest’anima è libera, ma più libera, ma liberissima, ma sovrabbondantemente libera, sia nelle sue radici sia nel tronco sia in tutti i suoi rami, e in tutti i frutti dei suoi rami» (Margherita Porete salita al rogo a Parigi nel 1310).
Angelo Clemente, Fra Dolcino. L’eresia del far penitenza, San Paolo
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