Religione

Ebrei a corte, un’esistenza sul filo del rasoio

26 Ottobre 2018

Nonostante la condizione degli ebrei all’inizio del settecento in Germania, come in Polonia, avesse registrato un notevole miglioramento al punto da essere esentati dal pagamento della leibzoll (la tradizionale tassa di capitazione) e fossero perfino autorizzati a portare armi  – e tutto questo in ragione della protezione che i sovrani offrivano in cambio dei loro servizi preziosi – la loro esistenza continuò ad essere abbastanza precaria perché sottoposta agli umori, spesso irrazionali, degli stessi sovrani sui quali influivano negativamente le chiese locali, cattoliche o riformate che fossero.

Questi ultimi in occasioni pubbliche si permettevano nei loro confronti scherzi rozzi e volgari. Ne fece le spese Beherend Lehmann, il potente hoffaktor (cioè,  responsabile delle finanze)di Augusto il forte, principe elettore di Sassonia e, successivamente re di Polonia .

Durante un banchetto, al quale partecipavano i personaggi più importanti della corte principesca, per divertire i commensali, il principe fece appunto avvicinare Beherend come se gli volesse comunicare qualcosa di importante e, senza che il poveretto se l’aspettasse, gli afferrò la lunga barba di cui andava orgoglioso e, con un affilatissimo coltello, gliela tranciò di netto suscitando le risa di quanti stavano a tavola.

Ma questo era il meno che poteva accadere.

Destino peggiore toccò a Joseph Oppenheimer , anche lui nominato, nel 1732, hoffaktor dal duca Carlo Alessandro del Wurttemberg.

Per la cronaca, Joseph era riuscito, forzando la mano e inimicandosi, quindi, molti possidenti, a riaggiustare le finanze disastrate del ducato e questo gli aveva consentito di divenire l’uomo più potente a corte con notevole arricchimento personale ma, anche, suscitandogli forti e pericolose invidie della gente di corte.

La morte del sovrano, avvenuta cinque anni dopo, lo privò della protezione di cui fino ad allora aveva goduto. Sulla sua gestione vennero montate numerose menzogne, lo si additò come corrotto e corruttore scatenando l’ira popolare. Proprio in base a queste accuse venne privato di tutti gli incarichi, arrestato per peculato e, conseguentemente, condannato a morte.

Particolarmente originale fu la esecuzione del condannato.

Fu infatti montato, nella piazza principale di Stoccarda, un patibolo alto 12 metri a cui si accedeva a mezzo di lunghe scale, al culmine delle quali si accedeva alla piattaforma del patibolo, e questo per dar modo alla folla immensa che era intervenuta da tutto il ducato e, perfino dalla vicina Prussia, di potere assistere alla esecuzione.

Il poveretto, già malconcio per la tortura – gli erano stati dati molti tratti di corda – alla quale era stato sottoposto, dovette con fatica salire fino in cima e poi mostrarsi alla folla plaudente.

Eseguita la sentenza, per ordine delle autorità, i resti dell’ex potentissimo hoffaktor furono deposti in una gabbia ed esposti a monito per quanti fossero  stati tentati di ripetere tali reati.

Le cronache raccontano che quella gabbia rimase esposta – al sole al vento e alla pioggia – per un periodo di oltre sei anni.

Questa vicenda ebbe naturalmente pesanti riflessi sulla condizione della comunità ebraica locale, vi furono nuove discriminazioni e molti privilegi acquisiti furono di colpo cancellati.

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