Religione
E ora? Il nuovo Papa davanti al Grande Inquisitore
La scelta sarà tra anestesia e profezia. Il nome divino, che le Dieci Parole comandano di non nominare invano, è tornato sulle labbra dei grandi corrotti. Lo si riteneva scomparso e rieccolo ad alimentare deliranti politiche che si interpretano come messianiche. La Bibbia ha chiaro, prima dei filosofi, che il potere ha nella religione la via di penetrazione nelle coscienze che vuol sottomettere. I profeti di Israele diedero voce alla più antica e radicale sovversione di quest’ordine mondano, rivestito di paramenti sacri e assetato di denaro e di sangue. «Questa economia uccide» (Evangelii gaudium, 53) ha profetizzato Francesco, il Papa venuto dalla fine del mondo a dirci anche, però, che un mondo nuovo è iniziato. «L’autentica umanità, che invita a una nuova sintesi, sembra abitare in mezzo alla civiltà tecnologica, quasi impercettibilmente, come la nebbia che filtra sotto una porta chiusa. Sarà una promessa permanente, nonostante tutto, che sboccia come un’ostinata resistenza di ciò che è autentico?» (Laudato si’, 112).
Le periferie esistenziali, i margini, non meritano solo compassione, ma attenzione. Lì tutto già si riconfigura: questo fa impazzire chi è teso a dominare, invece che ad accogliere. Piace a una fetta potente di umanità e a una parte consistente del clero il cosiddetto ritorno di Dio. È tempo di chiedersi: di quale Dio? Certo, la regia quasi divina che ha reso la morte di Francesco un annuncio pasquale ha la delicata forza di interpellare ogni coscienza. Sin dal mattino della Pasqua evangelica, tuttavia, nei palazzi iniziarono a circolare denaro e promesse per liberarsi della verità. Anche oggi, una Chiesa ritornata significativa, capace di annunciare la salvezza come un controcanto rispetto al discorso del potere, andrebbe per molti rimessa al suo posto. In chi è spremuto, schiacciato, scartato dal grande sistema di competizione e consumo cui le oligarchie planetarie hanno impresso un’accelerazione impazzita è forte una sete di senso e di pace cui possono ottimamente rispondere chierici di stato, santuari nazionali, spiritualità anestetiche. Allora il Regno di Dio torna lontano, fuori dal mondo, così che questo mondo resti saldamente nelle mani che lo rapinano. E nessuno si ribelli. Preghi piuttosto.
Profezia è lasciare entrare la rivoluzione di Dio, l’unica non violenta, che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, per la bellezza e la forza contagiosa che hanno in sé stesse una vita libera e una coscienza vigile. Il nuovo Papa si troverà, come ogni cristiano oggi, davanti al dilemma del Grande Inquisitore. Gli esseri umani sono forse all’altezza della libertà? Adorare il crocifisso significherà ancora scegliere ciò che «è troppo» agli occhi del mondo. Tra resistenze e contrasti, preferire ancora la verità che libera alla tranquillità che soggioga. È una via tracciata, ma mai scelta una volta per tutte. Il sacro ha in sé questa fondamentale ambiguità, da cui «uscire» rappresenta per ogni generazione e comunità il grande esodo. «Uscire»: il verbo di papa Francesco. Eredità che ora impegna.
In copertina: il popolo in attesa del Nuovo Papa, all’ultimo Conclave. Foto di Andreas Solaro, grazie ad Afp, Creative Commons
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