Religione
Due Papi a confronto in un mondo che cambia
A quindici anni dalla morte, la figura di papa Giovanni Paolo II, che aveva dominato la storia dell’ultimo trentennio del novecento, proprio dalla presenza di un altro papa, parlo di Francesco, sembra essere stata ridimensionata e, perfino, in qualche maniera considerata un pesante fardello per la Chiesa nel mondo attuale.
Una sorta di vendetta postuma, soprattutto ordita da chi si è trovato spiazzato dal papa polacco ha, infatti, tentato di veicolare l’idea di una contrapposizione fra questo pontefice e l’attuale collocando Giovanni Paolo II fra i conservatori e Francesco fra i progressisti.
Un’idea che, però, il recente volume scritto a quattro mani da Luigi Maria Epicoco e dallo stesso papa Francesco, smentisce in modo documentato.
Nel San Giovanni Paolo Magno della Edizione San Paolo – un agile libretto pubblicato in occasione proprio del centenario della nascita per parlare del papa polacco – queste due esperienze vengono poste a confronto e, da questo confronto, viene fuori un inaspettato parallelismo pur calato in situazioni storiche ben diverse: il mondo di Giovanni Paolo II si confrontava col comunismo e la sua crisi, con la travolgente secolarizzazione, ma anche con le grandi novità indotte dal trionfo della tecnologia; quello di Francesco, invece, con la mondializzazione, l’affermarsi del relativismo e le insidie di un’idea di libertà che porta alla desacralizzazione e alla morte di Dio. Da questo confronto, Giovanni Paolo II, a scapito di quel che si dice, risulta avere molto in comune con l’attuale papa, lo riconosce lo stesso Francesco.
“Basta leggere le mie lettere del Giovedì Santo o anche le omelie che da vescovo di Baires ho pronunciato nei diversi anni, afferma papa Francesco, per vedere che ci sia una sintonia totale con il pensiero di san Giovanni Paolo II”.
Tutte e due questi papi hanno infatti affrontato, in modo certamente diverso, le difficoltà della vita conoscendo direttamente la fatica, il lavoro; tutti e due hanno avuto un percorso formativo lontano da Roma e dagli ambienti curiali; tutti e due sono stati chiamati giovanissimi ad incarichi di responsabilità; tutti e due sono stati segnati dalla sofferenza personale e dalla sofferenza nei confronti degli altri; tutti e due hanno affrontato il mondo e le sue sfide, confrontandosi e compromettendosi, nobilmente, con esso alla luce della parola evangelica.
Giovanni Paolo II ha chiuso il secolo breve e ha elaborato le premesse per affrontare il nuovo secolo, scendendo fra la gente, rendendosi personalmente conto delle situazioni tanto da fargli dire che “La mia concezione della persona, unica nella sua identità, e dell’uomo, come tale al centro dell’universo, è nata dall’esperienza e dalla compartecipazione con gli altri, molto più che dalla lettura.”
Questo non significava che le sue letture, la sua cultura profonda frutto di un confronto costante con i sarei del passato e del presente, non contassero nel suo magistero ma che invece non potevano essere le uniche guide del suo vivere e agire nel mondo come invece spesso accadeva. Giovanni Paolo II ha vissuto dentro la storia e ha fatto la storia non è un caso che, alla domanda di Epicoco se poteva considerarsi vera l’idea del papa polacco come “ figura decisiva per il crollo del muro di Berlino”, papa Francesco non ha esitazione a rispondere positivamente aggiungendo che “In quel momento storico, Giovanni Paolo II, si è reso interprete dell’aspirazione di libertà del popolo e ha unito tutte quelle forze buone che hanno portato ad un cambiamento così decisivo.”
Alcune critiche sono state sollevate sull’atteggiamento fermo di Giovanni Paolo II nei confronti della cosiddetta Teologia della liberazione che, nel pensiero di qualcuno, sembrerebbe affascinare lo stesso papa Francesco.
“Molti Paesi, risponde papa Francesco a queste critiche nel libro, avevano difficoltà a comprendere come la Teologia della liberazione, che usava un’analisi marxista, rischiava di prendere la via ideologica che, in un certo senso, poteva tradire il genuino messaggio del Vangelo. Giovanni Paolo II veniva da un Paese che aveva sofferto il marxismo e aveva grande capacità di intuire questo rischio. Si capiva allora come le sue precisazioni non fossero dettate da chiusura nei confronti di alcune iniziative, ma dal tentativo di voler trattenere nella genuinità del Vangelo, intuizioni e desideri leciti, che partivano dal basso, da situazioni di ingiustizia sociale, ma che avevano bisogno di essere rilette più alla luce del Vangelo che alla luce dell’analisi marxista.”
Papa Wojtyla II fu un papa progressista o un papa conservatore? Questa domanda finale aleggia spesso sulle labbra di chi guarda e giudica il magistero del papa polacco con gli occhi dell’ideologia che, in molti casi, danno un’immagine distorta ed inducono a giudizi errati. Ma il papa polacco sfugge a questa schematizzazione egli, testimoniano gli autori, è uomo di fede, un sacerdote consapevolmente compreso nella sua missione il cui magistero, come afferma papa Francesco, va difeso “da ogni forma di ideologizzazione per poterne cogliere le intuizioni profetiche, che non soltanto sono ancora valide, ma hanno bisogno in questo momento di essere ulteriormente approfondite, prese sul serio, declinate secondo quello che è il nostro contesto attuale”.
Ed allora, che dire di quest’uomo che per circa un trentennio ha retto le sorti della Chiesa, che ha suscitato enormi entusiasmi, che ha alzato la voce contro le ingiustizie del mondo, che ha cambiato la storia? Inaspettata giunge la risposta di papa Francesco che in tutta semplicità afferma: “Penso che la grandezza di quest’uomo sia nascosta nella sua normalità. Ci ha mostrato che il cristianesimo abita la normalità di una persona che vive in comunione profonda con Cristo. Per ogni suo gesto, ogni sua parola, ogni sua scelta hanno sempre un valore molto più profondo e lasciano il segno.”
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