Religione

Dove va Comunione e liberazione?

21 Novembre 2021

Le dimissioni di don Julian Carron da presidente della Fraternità di Comunione e liberazione segnano sicuramente una svolta nella storia del movimento.

Avviene non per scelta, ma in obbedienza al Decreto Generale Le associazioni di fedeli, che disciplina l’esercizio del governo nelle associazioni internazionali di fedeli, entrato in vigore l’11 settembre 2021 che stabilisce che «I mandati nell’organo centrale di governo a livello internazionale possono avere la durata massima di cinque anni ciascuno» (art. 1) e che «La stessa persona può ricoprire un incarico nell’organo centrale di governo a livello internazionale per un periodo massimo di dieci anni» (art. 2).

Ricordo almeno due altre svolte decisive.

La prima, alle origini, con l’allontanamento di don Luigi Giussani  dalla Gioventù di Azione Cattolica nel 1965. Ne era l’assistente dal 1954, mentre svolgeva il suo ruolo di insegnante di religione al liceo Berchet di Milano.

Da questo strappo nacque Comunione e liberazione con uno schema libero e fluttuante di movimento senza tessere né quindi necessariamente stabilità.

Era un’autonomia che si sarebbe consolidata negli anni non senza frizioni e conflitti con le autorità ecclesiastiche.

Lungo il decennio degli anni ’70 vi furono alcuni giovani ciellini che entrarono nel seminario diocesano di Milano e ne furono allontanati col sospetto che continuassero a riferirsi all’autorità del movimento piuttosto che alla gerarchia del seminario (tra questi vi fu anche Angelo Scola, poi cardinale di Milano per una curiosa eterogenesi dei fini).

Vi furono richiami da parte del cardinale di Milano, Giovanni Colombo, di papa Paolo VI. Il cardinal Rossi nella lettera di accompagnamento al riconoscimento vaticano della fraternità mise in guardia dalle «tentazioni di autosufficienza aggressiva».

La seconda svolta fu opera proprio di Carron e seguì allo scandalo di numerosi  politici appartenenti a Cl travolti da denunce e accuse di corruzione e malversazioni finanziarie.

Il caso più clamoroso, quello di Roberto Formigoni, costrinse Carron a prendere posizione prima con un’intervista e poi con una lettera. Al Corriere della Sera il 16 gennaio 2012 scandì queste parole: «Possono esserci state persone che hanno usato Cl in un certo modo… noi non interveniamo in nessun documento o azione di coloro che hanno responsabilità politica. Non esistono candidati di Cl, non esistono politici di Cl. Questa cosa prima si chiarisce, meglio è».

Nel 1976 quando nacque il Movimento popolare, formalmente distinto da Cl ma rigorosamente connesso ad esso, venne istituito come strumento per tutti ciellini che volessero far politica e via diretta di allargamento dell’influsso del movimento nella società.

Per altro poi cominciarono un paio di decenni di polemiche e di attacchi all’Azione Cattolica accusata di timidezza e di ignavia per il suo non “scendere in campo” in maniera diretta, ma lasciare ad ogni aderente la responsabilità di vivere da credente il proprio impegno in politica.

L’unità in Cl ha fatto sempre premio sulle differenze.

Ma oggi che il Vaticano ha messo in discussione la modalità leaderistica con cui fin ora il movimento è stato gestito, viene spontaneo chiedersi dove Cl potrebbe andare.

A partire da quella tensione interna tra i più rigorosi “spirituali” contro i più disinvolti “attivisti” che fin ora, nei momenti critici, si è sempre risolta in una completa solidarietà pubblica.

Fino a quando?

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