Dio senza scenografie

Religione

Dio senza scenografie

Quando la fede si spoglia degli eventi e delle parole inutili, resta solo il coraggio di ascoltare il mistero. Anche senza credere.

29 Aprile 2025

Non basta sventolare la parola “misericordia” per nascondere la paura di essere irrilevanti. Dopo ogni grande funerale, dopo ogni parola altisonante, la religione vera resta nuda: è un Dio senza scenografie. Spogliata di scenografie, privata di effetti speciali, privata delle mani che applaudono per costume e dei cuori che tacciono per pudore.

È qui che comincia il tempo dei credenti. Non sui balconi, non nelle liturgie mediatiche, ma nella polvere della vita ordinaria. È qui che si decide se Dio è ancora qualcosa di vivo o solo il ricordo dolcificato di una stagione che non tornerà più.

In un’epoca che cerca la fede-spettacolo, la fede-brand, la fede-emozione a consumo rapido, chi crede davvero cammina scalzo. Attraversa deserti che nessuno guarda. Tocca piaghe chi nessuno vuole vedere. Ama senza ricevere in cambio nemmeno l’orgoglio di essere amato.

Il grande equivoco di questi anni è aver confuso la visibilità con la verità. Aver pensato che, se un messaggio raggiunge il trend topic allora è vero. Ma Dio non ha mai parlato dai pulpiti dei potenti. Ha scelto muretti sgretolati, pozzi senz’acqua, strade battute dal vento. Ha scelto la carne malata e l’anima sconfitta. Ha scelto tutto ciò che non brilla e non vende.

E oggi, quando la Chiesa deve ripensare sé stessa, non saranno i progetti pastorali a salvarla. Non sarà il marketing della speranza. Non sarà l’ennesimo logo stampato su una t-shirt. Saranno i poveri, i dimenticati, i condannati. Saranno loro, senza nemmeno saperlo, a custodire il nome di Dio dentro la polvere.

Chi cerca Dio deve uscire dalle navate dorate e dalle dirette streaming. Deve guardare in basso. Dove nessuno sta più guardando. Tra le pieghe del dolore non narrato. Tra i corpi che nessuno vuole toccare. Tra i gesti piccoli che nessuna telecamera insegue.

La spiritualità vera non ha bisogno di effetti speciali. È l’umiltà di lavare i piedi a chi non potrà mai ricambiare. È la fermezza di stare sotto la croce quando tutti scappano. È il coraggio di pregare in silenzio quando tutto intorno chiede rumore.

Non basta costruire nuove cattedrali di parole. Serve demolire i muri che abbiamo alzato per paura di perderci. Serve rischiare la sconfitta. Serve credere ancora che un seme, anche se invisibile, può cambiare il deserto.

La fede non si misura con il numero di followers. Né con il numero di eventi organizzati. La fede si misura con il numero di notti attraversate senza vedere nulla, senza sentire nulla, ma continuando a camminare.

Non è una questione di strategie. È una questione di fedeltà. A un amore che non garantisce successo. A una verità che non promette applausi. A una promessa che può essere mantenuta solo a caro prezzo.

Dio non ha bisogno di scenografie. Ha bisogno di uomini e donne che ancora sappiano inginocchiarsi davanti al mistero della vita. Senza domande da fare. Senza risposte da pretendere. Solo con il coraggio di rimanere in ascolto anche se sono non credenti.

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