Religione
“Dieci parole per curare” un libro per la Pastorale della salute
I risultati di un esame rimandato troppo a lungo, la diagnosi infausta di un’amica, il peso di ormai più di due anni di pandemia e l’ospite che mai vorresti lasciar entrare si ripresenta alla tua porta: la malattia, il dolore, i corridoi degli ospedali e il ritrovarsi rimbalzati tra un ambulatorio e l’altro. Succede a tutte, a tutti, e succede sempre più spesso quando passano gli anni, finchè i periodi nei quali puoi permetterti di non pensarci si accorciano sempre di più fino a sparire. E ti rassegni a che l’ospite sgradito prenda possesso della tua vita e dei tuoi tempi. E il rischio è che l’orizzonte si rabbui definitivamente.
Succede però che a volte una parola arrivi a illuminare scorci e a rivelare tratti sconosciuti di quest’esperienza così umana, con garbo e delicatezza vera.
È il caso di questo libro: “Dieci parole per curare. Il Decalogo biblico riletto in chiave terapeutica” di Gianluigi Peruggia (con prefazione di Mons. Mario Delpini) edizioni Paoline. Don Gigi è un prete della Diocesi di Milano che ha speso molto del suo ministero nelle corsie di ospedali, hospice, ma anche affianco alle equipe delle terapie domiciliari e che ha voluto rileggere i dieci comandamenti alla luce di questa esperienza specifica.
Quel che ne è nato è una raccolta umanissima e priva di retorica di comandamenti che, lungi da qualunque moralismo, ritrovano la loro identità di “parole” offerte per edificare la comunità, una comunità che è attraversata – da sempre e per sempre – dall’esperienza della malattia, del dolore, dell’invalidità.
Tra tanti spunti preziosi, che tengono insieme racconti di vita con riflessioni bibliche e di politiche sanitarie, ne colgo uno in particolare sul dolore: “Il soffrire non è di per sé una condizione buona, desiderabile, addirittura da chiedere come un dono di Dio nella preghiera, perché la sofferenza aumenti e con essa la santificazione personale (anche questo si è detto e predicato!). Certo il dolore è una delle esperienze della vita, ciò che fa la differenza, è come riusciamo ad attraversarla”. Qui don Gigi coglie uno degli elementi più problematici di tanta predicazione cattolica, che ha bisogno di essere smentito decisamente perché la comunità sognata da Gesù Cristo non è certamente costruita sull’idealizzazione del dolore, anzi al contrario, Gesù è venuto “perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.
Questo libro parla dunque di dolore, ma soprattutto di cura (in particolare di cure palliative) e di amore ed è un libro che apprezzeranno molto gli operatori sanitari, ma che è davvero per tutti, perché tutti prima o poi facciamo l’esperienza di essere curati e di aver cura.
O, almeno, dovremmo per dirci umani.
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