
Religione
Delpini, il non cardinale che al Giubileo dei giovani varca la Porta Santa col prete denunciato per atti osceni
L’arcivescovo di Milano Mario Delpini ha varcato la Porta Santa in occasione del Giubileo degli adolescenti affiancato da don Marco Galli, accusato nel 2016 di atti osceni in una piscina pubblica, e per questo allora rimosso dall’incarico che ricopriva. È una storia che ci porta a ricostruire la vicenda di alcuni casi di abusi e della loro gestione nella diocesi di Milano, che si prepara ad assistere al prossimo Conclave da spettatrice, visto che Delpini non è mai stato creato cardinale da Papa Francesco, che pure gli aveva affidato la guida della Chiesa Ambrosiana.
C’è una fotografia imbarazzante, l’unica sopravvissuta a una frettolosa e tardiva operazione di ripulitura, che ancora circola sui canali social della diocesi di Milano. Mario Delpini, arcivescovo di Milano che non parteciperà al Conclave poiché mai creato cardinale da Papa Francesco, varca la Porta Santa il 27 Aprile scorso, in occasione del Giubileo degli adolescenti. Lo accompagnano ragazzi e famiglie milanesi, e di profilo si vede un uomo, un prete, che cammina al fianco del suo vescovo e che si accinge con lui a celebrare l’atto ufficiale del Giubileo. In questo caso, del Giubileo degli adolescenti, fissato da tempo per il 25, 26 e 27 aprile, che si è trovato a dividere l’agenda coi giorni delle esequie di Papa Francesco.
Quel prete che sta accanto a Delpini si chiama Don Marco Galli, e la sua storia non è una storia qualsiasi. Nell’estate del 2016, infatti, fu denunciato per atti osceni in luogo pubblico – nello specifico: per essersi masturbato in un’affollata piscina di Concorezzo, in Brianza – e “dopo un periodo di riflessione” ha consegnato le proprie dimissioni da parroco di Pozzo d’Adda nelle mani del cardinal Angelo Scola, che avrebbe terminato il proprio mandato di arcivescovo di Milano di lì a poco. Gli “atti osceni” erano stati recentemente depenalizzati e quindi Don Galli si evita il processo penale, e la vicenda giudiziaria si chiude rapidamente a livello amministrativo. Scola lo parcheggia in una parrocchia di Milano, a Corvetto, “con incarichi pastorali”, formula di rito che di solito si usa per i preti anziani e pensionati che “danno una mano” a unioni di parrocchie sempre più grandi, e con sempre meno preti attivi.
Con l’arrivo di Delpini ad arcivescovo, nominato da Papa Bergoglio nel 2017, don Marco Galli torna progressivamente in auge. L’anno seguente, viene nominato rettore della Villa del Sacro Cuore a Triuggio, sempre in Brianza, edificio cinquecentesco e storico luogo di ritiri spirituali per clero e laici della diocesi ambrosiana, che l’acquisì nel 1984, quando arcivescovo a Milano era il gesuita Carlo Maria Martini, proprio dai Gesuiti che ne detenevano la proprietà dal 1917. Per dire dell’importanza storica e simbolica del luogo, basta ricordare che ha ospitato l’arcivescovo emerito Tettamanzi dal pensionamento, avvenuto nel 2011, fino alla morte.
È stato proprio don Galli, nel 2022, ad assumere – evidentemente in pieno accordo coi vertici della diocesi – il ruolo di “liquidatore” della villa, che è stata allora messa in vendita, non senza polemiche, nello stesso periodo in cui l’ex Seminario di Milano, in Porta Venezia, diventava un hotel di lusso, firmato Ferragamo.
L’altro don Galli
Diverse fonti raccontano di una sempre più stretta vicinanza e collaborazione, lungo gli anni, tra don Galli, accusato di atti osceni, e Delpini, arcivescovo di Milano. Una vicenda – sottolineano diversi preti e fedeli attivi della diocesi – che suscita particolare perplessità in chi ricorda, tra le varie, la vicenda di un abuso denunciato dalla famiglia di un minorenne che frequentava la parrocchia di Rozzano, che aveva portato alla condanna in primo e secondo grado per un altro prete diocesano accusato, don Mauro Galli, prima che la Cassazione annullasse la condanna e rimandasse le carte al giudice di merito, presso il quale infine lo stesso Don Galli accettò di patteggiare una pena di tre anni e il risarcimento della vittima. Su quel caso, il Tribunale ecclesiastico regionale però ha sempre assolto don Mauro, e non è stato possibile sapere perché, essendo le motivazioni della sentenza secretate, ed essendo stata opposta la non-retroattività del provvedimento di Papa Francesco che imponeva la desecretazione di questo tipo di atti. Quando in Curia arriva la denuncia della famiglia del ragazzo, Delpini è già vicario episcopale e vicario generale per la formazione permanente del clero, di fatto il numero due del cardinale Angelo Scola, e – come rivendicherà lui stesso – è proprio il futuro arcivescovo, in piena autonomia, a prendere la decisione di spostarlo ad altro incarico, sempre tra i giovani, e alla chetichella.
Su questa brutta storia, con ogni probabilità, Delpini si è giocato un pezzo importante di fiducia di Bergoglio, e la possibilità di essere nominato a cardinale, e quindi di partecipare al conclave che si aprirà tra pochi giorni.
Un trattamento completamente diverso da quello ricevuto – è storia proprio di questi giorni – da don Samuele Marelli, accusato di abusi sessuali su minori della Parrocchia di Seregno presso la quale era in servizio. La procura della Repubblica di Monza lo ha indagato, mentre la giustizia ecclesiastica l’ha già condannato, pronunciandosi con estrema rapidità e durezza, e la sentenza è stata letta nella Chiesa parrocchiale alla fine della messa domenicale. Ovviamente, valgono sempre i principi costituzionali di innocenza fino a sentenza definitiva, ma non si può non apprezzare il fatto che la Chiesa Ambrosiana abbia scoperto – con certo ritardo – la solerzia nell’indagare di fronte ad accuse aberranti e a una piaga che sicuramente distrugge la reputazione della Chiesa, come ha sottolineato Delpini in un’omelia prepasquale, ma che soprattutto rovina la vita alle vittime. Tuttavia, proprio il caso di don Marelli, messo a confronto con l’archivio del quale abbiamo riletto qualche pagina poco sopra, fa sorgere un dubbio, e cioè che in qualche pezzo della Chiesa, ancora oggi, oltre 150 anni dopo la breccia di Porta Pia, a decenni dal Concilio Vaticano II e dall’ultimo Concordato, alberghi ancora latente, ma potente, la tentazione di credersi sciolta e libera dalle leggi dello Stato. Come se pensasse che, sui chierici, solo il suo giudizio conta, e che ci si può quindi permettere durezza esemplare quando lo stato ancora non ha agito, mentre se sono i tribunali della Repubblica ad arrivare primi allora scatta il riflesso che porta a troncare e sopire.
È solo un sospetto, che sempre troppo tardi sarà spazzato via. Non c’è riuscito Ratzinger. Non c’è riuscito neppure Bergoglio. Speriamo che ci provi e ci riesca il prossimo Pontefice, e che possa contare sulla piena collaborazione di quanti guidano le diocesi nel mondo e in Italia. Che siano cardinali o no, per le vittime e per tutti gli uomini e le donne di buona volontà, è un dettaglio del tutto irrilevante.
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