Religione
Chiese chiuse o chiese aperte. Cosa pensa Papa Francesco
Per capire davvero cosa pensa Papa Francesco della polemica esplosa tra stato e italiano e Conferenza episcopale italiana circa l’apertura delle chiese in questi giorni, perché non riferirci ad una storia raccontata in una sua udienza il 15 gennaio 2014 e che lui sostiene ha molto da insegnarci?
«A proposito dell’importanza del Battesimo per il Popolo di Dio, è esemplare la storia della comunità cristiana in Giappone. Essa subì una dura persecuzione agli inizi del secolo XVII. Vi furono numerosi martiri, i membri del clero furono espulsi e migliaia di fedeli furono uccisi. Non è rimasto in Giappone nessun prete, tutti sono stati espulsi. Allora la comunità si ritirò nella clandestinità, conservando la fede e la preghiera nel nascondimento. E quando nasceva un bambino, il papà o la mamma lo battezzavano, perché tutti i fedeli possono battezzare in particolari circostanze. Quando, dopo circa due secoli e mezzo, 250 anni dopo, i missionari ritornarono in Giappone, migliaia di cristiani uscirono allo scoperto e la Chiesa poté rifiorire. Erano sopravvissuti con la grazia del loro Battesimo! Questo è grande: il Popolo di Dio trasmette la fede, battezza i suoi figli e va avanti. E avevano mantenuto, pur nel segreto, un forte spirito comunitario, perché il Battesimo li aveva fatti diventare un solo corpo in Cristo: erano isolati e nascosti, ma erano sempre membra del Popolo di Dio, membra della Chiesa. Possiamo tanto imparare da questa storia!».
E’ una storia che oggi può essere conosciuta grazie al romanzo di Endo Shusaku, Silenzio (1996), poi trasferita sugli schermi cinematografici da Martin Scorsese con il suo intenso e problematizzante Silence (2017).
Una storia che pone al cristianesimo di tutti i tempi l’identica domanda: quando c’è una comunità di cristiani? E che cosa la costruisce, l’alimenta, la tiene in vita? Può persino fare a meno dei preti?
La preghiera in un edificio non è proprio al primo posto in tempi difficili.
Almeno quella preghiera che vive le domande che vengono dai tempi che vive e che cerca di interrogare Dio quando il suo silenzio nei confronti del dolore e della morte degli uomini diventa un macigno.
“Perché taci? Quest’uomo è morto e per te. Questa faccenda crudele, questa cosa folle si è verificata e non c’è stato cambiamento. Perché questa calma si protrae? E tu scosti il volto quasi fossi indifferente. Io non lo sopporto. Anche il giorno del mio martirio il mondo continuerà impietosamente per la sua strada, indifferente come adesso? Le cicale canteranno e le mosche agiteranno le ali con il loro fruscio sonnolento?” (Shusaku).
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