Religione

Anche i Santi qualche volta “s’incazzano”

13 Agosto 2018

A rischio di apparire blasfemi potremmo titolare questo breve racconto “anche i santi qualche volta s’incazzano”.

L’episodio, che riportiamo, viene narrato nella sua Chronica Majora da Matteo Paris, un monaco benedettino che visse in quegli anni, e si riferisce al re di Francia Luigi IX, sovrano colto e protettore delle arti, molto caro ai francesi ma, soprattutto principe devoto che, per le sue virtù esemplari, fu promotore delle due ultime sfortunate crociate – nella seconda perdette la vita – e da papa Bonifacio VIII elevato nel 1297 alla gloria degli altari. Ma andiamo ai fatti.

Luigi era solito visitare i luoghi di culto più importanti delle sue contrade e quella volta, siamo nel 1244 ma non ne conosciamo giorno e mese, il re accompagnato da Bianca di Castiglia, sua madre, e da Margherita di Provenza, la consorte,  s’avventurò in Borgogna per conoscere l’imponente Abbazia di Pontigny.

Si trattava infatti della più grande chiesa cistercense del mondo, famosa anche per avere accolto fra le sue mura Thomas Becket, l’arcivescovo di Canterbury esiliato da re Enrico II d’Inghilterra.

Il sovrano, dopo una breve visita, si raccolse in profondo raccoglimento.

Ma quando si sollevò dall’inginocchiatoio, si trovò accanto un paio di frati che reggevano un cofanetto.

Si trattava, dicevano, una miracolosa reliquia portata da bravi pellegrini dalla Terrasanta.

Il sovrano, con devozione, accolse fra le sue mani il cofanetto e con delicatezza ne sollevò, lentamente, il coperchio scoprendo che conteneva un’ampolla colma di un liquido nel quale era affogato qualcosa che sulle prime stentò a riconoscere tanto da indurlo a sollevarla perché la luce lo lo rendesse visibile.

Quale fu la sorpresa nel vedere che, quel qualcosa preziosamente conservato, era un mostruoso membro maschile.

Racconta il cronista Paris che mai come allora il futuro santo era stato visto prima arrossire e subito dopo gridare come un ossesso; in poche parole, “santiare” come il peggiore dei vaccari.

Per placare la rabbia del re fu, allora, immediatamente ordinato ai monaci di liberarsi di quel “coso” e di acconciarsi a far pubblica penitenza per evitare che l’ira del sovrano calasse, come una mannaia, sui corpi di quegli imbecilli fratacchioni che si erano fatti così platealmente turlupinare.

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