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Un paese piacione che fa ciaone a se stesso

17 Aprile 2016

Brutta questa atmosfera da ‪#‎ciaone‬ che si respira in Italia. L’ultima cosa che serve è un dibattito sulle persone anziché sui contenuti.

In Italia avete ultimamente il #ciaone facile. Ed è sintomo di una conversazione pubblica infantile. Sembrate italiani al volante…

Evidente il cortocircuito semantico e mediatico che impregna il dibattuto pubblico italiano. Si parla sempre e solo di puttanate e si lasciano temi essenziali e strategici come quello energetico e ambientale alla polarizzazione fine a stessa propria dei referendum. C’é un problema, Italia.

E in queste condizioni, non ce la si fa, come paese, come comunità, come europei. Non ce la si fa. Analfabetismo funzionale 10-Leadership 0

Se non miglioriamo le conversazioni pubbliche e private, se non arginiamo l’analfabetismo funzionale, se non esercitiamo leadership diffusa…

Se non ci prendiamo cura di questi problemi non ci prendiamo realmente cura del paese. Sono solo narrazioni mistificanti.

Il problema é davvero serio perché la leadership deve essere diffusa. E se ciascun italiano non la esercita ogni giorno, non può pensare di cavarsela con lo sfogatoio polarizzante rappresentato, in questo caso, dall’istituto del referendum.

Istituto nato in un’epoca in cui l’informazione era centralizzata, la società statica e le possibilità degli elettori di dire la propria, durante il mandato degli eletti, pressoché nulle. L’istituto del referendum ha dato segni di vitalità della base in battaglie progressiste sui diritti civili, ma é anche stato abusato nel tempo e oggi, dato l’aumento vertiginoso del grado di complessità delle vicende politiche, sociali ed economiche, rischia di esser un palliativo rispetto ad un esercizio costante del controllo da parte degli elettori e specularmente dell’esercizio dell’accountability da parte degli eletti.

Una cosa è sicura: nell’attuale società iper-connessa, dell’informazione ipertrofica, il rapporto cittadino – stato non si può più limitare ad un assegno in bianco firmato in cabina elettorale e valido per tutto il periodo del mandato e senza possibilità alcuna di scrutinio da parte dell’elettore. Oggi il cambiamento corre a velocità siderali rispetto al passato: una mattina ti può svegliare dell’UDC e la mattina dopo esser renziano. Peggio, una mattina ti puoi svegliare civatiano e la mattina dopo renzista. (Ma questa é un’altra storia…).

Le migrazioni di scranno parlamentare hanno, per esempio, una periodicità più ravvicinata rispetto a quella stagionale delle cicogne.

Ci sono altre forme di democrazia diretta che stanno nascendo e si stanno implementando con la pratica, anche grazie alla tecnologia e il mese prossimo ne parleremo, tra le altre cose, a Parigi, al Ouishare Fest di cui curo la parte dedicata al ripensamento delle relazioni tra le istituzioni tradizionali e i cittadini. Tra queste nuove forme d’ingaggio, vi è tutta la scena del c.d. Civic tech, delle piattaforme, digitali e non, che permettono ai cittadini di segnalare le istanze più sentite e che obbligano le città a deliberare su quest’ultime. Ma anche la blockchain come elemento che crea disintermediazione nelle relazioni tra cittadino e autorità e la residenza online (e-residency) di cui il governo estone è pioniere. Sono tutti strumenti in progress, di una cassetta degli attrezzi che va sicuramente rivista. Sono strumenti che perseguono un fine ultimo: quello di migliorare le relazioni tra cittadini e stato nonché la qualità della vita di tutti.

Tornando all’Italia. Ci sono quindi altre vie. Bisogna avere il coraggio, la leadership individuale ed un imprenscindibile, marcato cambiamento di attitudine per affrontarle seriamente al netto del piacionismo tutto italico.

 

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