Relazioni

Ritrovata morta in casa dopo nove mesi. La fine dei rapporti sociali?

Una donna è morta sola nella sua abitazione, probabilmente per inedia. La triste vicenda solleva importanti interrogativi sulle relazioni nella società di oggi.

12 Dicembre 2024

Negli ultimi giorni diverse testate giornalistiche hanno riportato la sconcertante notizia da Como ma, tutto sommato, la vicenda non ha avuto una grande eco. Il rinvenimento del cadavere risale a settimana scorsa. Nirvana Brkic, 57 anni, è stata ritrovata morta nel suo appartamento in uno stabile di proprietà del Comune. Ad accorgersene i vicini di casa che lamentavano un forte odore e hanno chiamato le autorità. Secondo i rilievi tecnici dell’autopsia la morte della donna risalirebbe a circa nove mesi fa. E in tutto questo tempo nessuno si era premurato di visitare Nirvana né si era stupito o quantomeno interrogato sulla sua assenza. Anche al funerale nessun parente né amici o conoscenti, gli unici presenti erano coloro che si erano recati in chiesa per la Messa della mattina.

Si può morire di solitudine, perché purtroppo la storia di Nirvana non è l’unica del suo genere. La società di oggi accoglie in sé le esistenze liminari di persone che per le più varie ragioni si ritrovano senza parenti, amici o qualcuno su cui poter contare. E pensare che quella moderna viene decantata come la civiltà iper – e sempre – connessa; il problema semmai è quello di garantire la privacy o porre un limite all’interazione continua. Allo stesso tempo però molti individui sono del tutto soli, quelli che potremmo definire in modo verghiano, per richiamare un autore attento ai problemi sociali, i “vinti dal progresso”.

E di questione sociale si tratta, pur senza voler rimuovere i fattori persoanli dei singoli casi. Dopo tutto già Aristotele definì l’uomo come zoòn politikòn, animale sociale. E non politico, a meno che non si intenda questo aggettivo in senso lato: cioè tutto ciò che riguarda la polis, la città e dunque i cittadini. La nostra esistenza si colloca all’interno di comunità nelle quali si sviluppano i legami tra individui. Ed è proprio il venir meno di queste comunità che mina la società moderna.

Spesso mia nonna è solita raccontare di quando era piccola, di quando non c’era la televisione e l’intrattenimento serale era ritrovarsi tutti insieme a casa di qualcuno e raccontarsi storie. Ora una società così non è nemmeno immaginabile né probabilmente auspicabile: il progresso continua a portare innovazioni e miglioramenti per la nostra vita ma, come sempre, deve fare i conti con coloro che rimangono indietro e con le ingiustizie che ne seguono.

Senza arrivare a casi estremi come il tragico episodio della signora Nirvana si può comunque notare come questa tendenza si stia lentamente insinuando nelle nostre vite: possiamo chattare e telefonare (o videochiamare, grande conquista dell’era post-covid) con persone all’altro capo del mondo e allo stesso tempo non sapere nulla del nostro vicino di casa. La cultura del mordi-e-fuggi tipica degli street food si sta facendo strada anche nelle relazioni interpersonali. Ed è qui che dovremmo cercare di invertire la rotta e riprendere a coltivare legami più profondi e conoscenze che vadano al di là della facciata o del tornaconto. A tal proposito mi piace ricordare una delle formulazioni dell’imperativo categorico di Kant: “Tratta le altre persone come fini in sé, e mai come mezzi per un fine”. Forse così potremmo ritrovare la nostra umanità.

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