Relazioni
Noi e il coronavirus
In Italia dobbiamo dividerci in due fazioni su tutto e, come ha acutamente osservato il giornalista Antonio Polito, nell’emergenza coronavirus ci stiamo dividendo come nella politica: da una parte quelli che hanno paura, dall’altra quelli che irridono chi ha paura.
Eppure dovremmo essere tutti uniti e consapevoli della verità che gli scienziati ci hanno consegnato fin da subito: la CoViD19 è una nuova forma influenzale, molto virulenta perché del tutto sconosciuta al nostro sistema immunitario; è destinata a diffondersi rapidamente e a contagiare moltissime persone, la gran parte delle quali avranno però sintomi “normali” – febbre, tosse, dolori articolari – e guariranno spontaneamente. Solo il 20% circa dei contagiati avrà conseguenze più gravi: sono i soggetti vulnerabili, come anziani, malati cronici e pazienti immunodepressi, che rischiano polmoniti in rari casi anche fatali.
Dovremmo quindi unirci nello sforzo di individuare e isolare i soggetti contagiati e di diminuire il più possibile i contatti ravvicinati anche tra chi non lo è (o meglio: crede di non esserlo), per rallentare la diffusione del virus; in particolare, dovremmo tutelare i soggetti più a rischio assistendoli nelle loro necessità quotidiane, in modo che non debbano frequentare negozi e luoghi affollati.
Sembra tutto chiaro e lineare, vero? In effetti lo è; potremmo attenerci con serenità a queste indicazioni, sapendo che la gran parte di noi si ammaleranno e guariranno senza grandi problemi e che siamo in grado di evitare che si ammalino le persone più fragili…
E invece no: siccome siamo dei maledetti egocentrici corriamo a saccheggiare i supermercati, anche se abitiamo lì accanto; facciamo incetta di disinfettanti e mascherine, anche se siamo giovani in perfetta salute; mandiamo in tilt i numeri di emergenza per chiedere informazioni che potremmo trovare su qualunque sito on line e ai primi sintomi ci fiondiamo al pronto soccorso, anche se da settimane viene detto ovunque di chiamare il 112 e attendere istruzioni.
E, sempre perché siamo dei perfetti egoisti, se per qualche motivo non abbiamo voglia di porci il problema assumiamo un atteggiamento di commiserazione e di irrisione verso gli altri che hanno paura; ci lamentiamo perché ci hanno chiuso la palestra; ignoriamo le cautele consigliate, trascuriamo i nostri sintomi e magari facciamo bisboccia con gli amici dopo aver preso una tachipirina, oppure ci mettiamo in viaggio partendo da una “zona rossa”.
Entrambe le reazioni sono del tutto emotive: sia il terrore che la “rimozione” vengono dalle nostre viscere, per quanto tentiamo di giustificarle razionalmente a posteriori. Entrambe sono del tutto comprensibili; ma dovremmo fare lo sforzo di analizzarle criticamente e di correggerne gli eccessi, per “convergere” verso un atteggiamento razionale e equilibrato. Se invece ci lasciamo andare pigramente ai nostri impulsi, è perché in fondo per noi contano solo le nostre sensazioni, le nostre esigenze, il nostro vissuto: non abbiamo nessun rispetto per chi ci sta accanto e vive la nostra stessa situazione; non ci importa un accidente della possibile pandemia globale, ma solo di ciò che accade nel nostro orticello di casa.
Siamo malati di egoismo e, purtroppo, questa non è un’infezione che passa da sola, né esistono farmaci per curarla. Speriamo che questa emergenza ci faccia aprire un po’ gli occhi e iniziare un percorso di guarigione faticoso, ma quanto mai necessario.
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